Omelia (29-01-2012)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)
Commento su Deuteronomio 18,15-20;Salmo 94; Prima Cor 7,32-35; Marco 1,21-28

Al centro di questa domenica è il tema della parola, affrontato nelle letture sotto più aspetti, ma con particolare accento sulla sua efficacia e sulla sua autorevolezza.

Nel nostro mondo che vive della comunicazione personale e di massa, siamo abituati a relazionarci tra di noi utilizzando differenti modalità di linguaggio (verbale, paraverbale e non verbale) e spesso siamo in grado di comprenderne i meccanismi. Poca attenzione poniamo invece ai contenuti ed ai messaggi di cui spesso siamo inconsapevoli destinatari -pensiamo solo alle pubblicità- i quali hanno finalità non sempre ben evidenti e chiare per tutti. E' un modo anche questo di giudicare e dividere la società tra chi ha potere e chi lo subisce.

Le letture ci parlano chiaro: nell'antico testamento Dio ha parlato attraverso i profeti e, poiché le sue parole hanno avuto riscontro nella vita del popolo, questi hanno conquistato una notevole autorevolezza, che discende direttamente da Lui. Gli uomini però non sono passivi in questa relazione con Dio, perché da un lato come popolo sono invitati ad agire secondo la parola di Dio, ma dall'altro come i profeti sono spinti a parlare secondo verità, perché testimoni e voce di Dio. Il richiamo è attuale anche per noi, che a volte siamo cattivi profeti, purtroppo non solo a parole, ma anche e soprattutto con il cattivo esempio. Così come i buoni e i cattivi profeti: i primi si fanno ascoltare perché parlano e agiscono in coerenza, i secondi invece no perché sono attenti solo alle cose del mondo (potere, soldi, etc.)

Fin dai tempi antichi Dio ha dunque parlato attraverso i profeti, ma è attraverso Gesù stesso che entra nella storia e la sconvolge. Attraverso Mosè Dio promette di porre sempre mediatori tra sé e il popolo, i profeti per l'appunto, fino all'arrivo dell'ultimo mediatore, Gesù. Infatti la figura di Dio cambia nella presentazione di Gesù: è questo il messaggio nuovo, il nuovo modo di presentare Dio, rileggendo le scritture e cambiando le regole e le consuetudini. E' questa la differenza tra chi parla per cultura, come gli scribi, e Gesù, che è autorevole perché dimostra con i fatti che la parola può liberare l'uomo dal maligno. La parola è in senso letterale il saper comunicare la novità, ma anche la testimonianza con la vita. Gesù è verbo, parola vivente, che acquista autorevolezza perché coerente nel saper leggere la volontà di Dio e nel saperla vivere. Anche noi possiamo essere, seppure in modo molto limitato, parola vivente con la nostra testimonianza.

La figura centrale del racconto del Vangelo è l'indemoniato, personaggio che ci colpisce per la sua pesante connotazione umana. L'indemoniato è anonimo -può essere chiunque di noi- ed è la figura spirituale di colui che rifiuta la parola. Riconosce che Gesù è autorevole perché con le sue azioni butta per aria tutti gli schemi consueti, in particolar modo quelli sociali (anche in questo brano troviamo come esempio il riferimento allo scriba che era il commentatore "autorizzato" della Bibbia) e che per questo porta la rovina. L'uomo posseduto dallo spirito impuro grida, non vuole ascoltare per imporre la sua posizione, un po' come fanno i bambini, quando non hanno ancora le parole per esprimersi. La testimonianza o l'esempio, invece, parla da sola e sovrasta e fa tacere chi grida. Gesù dimostra autorità; essa gli viene riconosciuta attraverso i fatti anche perché libera l'uomo dal demonio, mentre tutti ne hanno paura. E compie questo nel giorno di sabato, cosa non consentita secondo le regole.

Nella figura dell'indemoniato troviamo la nostra umana difficoltà nel capire, accettare e mettere in pratica gli insegnamenti di Gesù, perché ci costringono ad uscire da una condizione di immobilità che può costare l'incomprensione da parte di altri, perché invitano ad andare oltre le regole, soprattutto se comode. Il Dio di Gesù non ha precetti, non ha consuetudini e comodità, ci chiede di essere simile a lui.

Anche le parole di Paolo, molto concrete nell'indicare buone attitudini, ci invitano a sforzarci di riconoscere i "buoni profeti" dai "cattivi", le cose troppo legate al mondo dalle cose di Dio, non per limitare la nostra libertà, ma per consentirci di essere fedeli al Signore anche nella quotidianità.

Per la riflessione rispetto alla nostra condizione attuale ed in particolare alla nostra vita di sposi:

- Oggi noi siamo disposti a riconoscere a Gesù la stessa autorevolezza quando ci chiede dei sacrifici o abbiamo bisogno dei miracoli per essere convinti?
- L'indemoniato è la tentazione, il dubbio che si insinua in noi dell'autorevolezza di Dio: egli arriva con forza e ci cambia la vita, non ci lascia tranquilli, sconvolge i nostri piani. Ci rendiamo conto di essere anche noi bloccati dalla nostra incapacità, dai nostri interessi, dalle nostre precomprensioni nell'ascoltare la parola di Dio?
- L'indemoniato grida per non dover rispondere e per non voler capire. Nella nostra vita di coppia quante volte chiudiamo il nostro cuore e gridiamo per non sentire le ragioni dell'altro?
- Pensiamo anche alla nostra realtà di cristiani: quante divisioni vi sono tra di noi e quante volte non accettiamo aspetti di una vita cristiana autentica per comodità (sono cristiano ma questo o quello non lo posso accettare)?