Omelia (15-01-2012)
don Luciano Cantini
L'Uomo che cammina

Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse.
L'atteggiamento di Giovanni è quello di colui che sta ritto in piedi in una fase di immobilismo: la sua missione è compiuta perché ha indicato al mondo Colui che doveva venire. Egli fissa lo sguardo su Gesù. è un guardare con attenzione, uno sguardo profondo, lo sguardo di colui che entra nel cuore, nell'intimo dell'altro. Da questo sguardo profondo che nasce la parola: «Ecco l'agnello di Dio!». Parola che rivela la profonda missione di Gesù, il Messia.
Gesù è descritto "che passava" (peripatéin). La dimensione dinamica di Gesù sembra contrastare quella ormai statica del Battista. Il quarto evangelista insiste molto su questo fatto per sottolineare l'umanità di Gesù, un vero uomo che cammina con i piedi. Il camminare di Gesù è invito a seguirlo, a camminare dietro di lui fino al Golgota.

«Venite e vedrete»
Gesù è in cammino e i discepoli di Giovanni spinti dalla sua parola, si incamminano dietro di lui. Sono incuriositi dalla sua persona e questa curiosità è descritta dalla richiesta che fanno al maestro «dove dimori?». La risposta di Gesù è chiara «Venite e vedrete». I Discepoli di Gesù sono coloro che vanno dietro a Gesù e camminano con lui.

Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui
Può sembrare strano che l'evangelista, così preciso nell'indicare la scansione temporale: erano circa le quattro del pomeriggio, non dia importanza al luogo. Dove è avvenuto tutto questo? Quale risposta dare a coloro che nella pagina del vangelo leggono la richiesta dei due uomini: «dove dimori?». Il luogo geografico non ha alcuna rilevanza perché Gesù stesso è il luogo della sua dimora. Quello che conta è: andare - vedere -rimanere con lui.
Una città, una casa, un luogo fisso avrebbe diminuito la dinamica del vangelo che invece è tutto un susseguirsi di cammini, e di incontri. L'unica vera meta è "rimanere con lui".

Migrazioni e nuova evangelizzazione è il tema scelto dal Papa per la 98a giornata mondiale del migrante e del rifugiato
L'esperienza migratoria del genere umano è vecchia come l'uomo stesso, la ricerca di un migliore stato di vita spinge l'uomo verso terre altre rispetto a quelle che conosce. La spinta verso l'altrove nasce da un senso di estraneità della propria terra dovuto ai disagi più diversi, e la ricerca di un luogo dove dimorare.
Il vangelo di oggi ci mostra il contrasto tra un mondo statico e compiuto ed uno dinamico in costante ricerca, ma ci dice anche che non c'è nessun luogo fisico un cui sia possibile stabilire la propria dimora. L'unica vera dimora è Cristo stesso.
I cristiani e le comunità ecclesiali dovrebbero guardare con simpatia all'esperienza della mobilità umana perché ci aiuta a scoprire luoghi altri di incontro, rimette in moto la dinamica della fede.
Il mondo dei nomadi, che vivono per definizione senza fissa dimora, il mondo dei circhi e dello spettacolo viaggiante che vive costantemente in viaggio ci offre la testimonianza della provvisorietà della vita e della stabilità, invece, dei rapporti umani che diventano sostanziali rispetto ad un radicamento in un territorio.
Ma un'altra domanda dobbiamo porci: i migranti e la gente del viaggio "viene e vede"... cosa sappiamo mostrare della nostra Fede? Quale Cristo dimora nelle nostre case e tra le nostre strade?
Forse dovremmo, insieme con loro, uscire dalla nostra staticità e metterci anche noi in cammino per camminare insieme con il Signore.