Omelia (15-01-2012)
Giovani Missioitalia
Umanamente semplici

Il brano del Vangelo della seconda domenica del tempo ordinario (Giovanni 1,35-42) ci racconta di un Giovanni il Battista pronto nell'indicare a quelli che fino a quel momento erano i suoi discepoli, Gesù come l'"Agnello di Dio", il vero ed unico Messia che il popolo di Israele attendeva secondo quanto annunciato dai profeti nelle Sacre Scritture.

È un gesto di grande umiltà da parte di Giovanni che vede in Gesù, ancora sconosciuto agli occhi del popolo, l'incarnazione di Dio nel mondo. Questo riconoscimento di Gesù dà pienezza alla predicazione profetica di Giovanni, ma per lui, dal punto di vista umano, segna probabilmente anche una dolorosa perdita di popolarità, di successo, sebbene duramente avversato dai potenti del tempo.

Certo, Giovanni non cercava né successo, né potere, né tantomeno vantaggi economici data l'essenzialità del suo stile di vita, ma solo la sua fede può avergli dato la forza di indicare ai suoi "proseliti" Gesù come colui da seguire come Maestro. Ed essi non esitano a seguirlo, ma Gesù cerca conferma sul motivo che li spinge a stargli appresso e chiede loro: "Che cercate?". La risposta sembra mettere in luce l'incapacità dei discepoli a dare una spiegazione sensata del loro cercare; e alla domanda di Gesù rispondono con un'ulteriore domanda: "Maestro, dove abiti?". A questo punto la risposta di Gesù sembra fin quasi ovvia: "venite e vedrete". È bello pensare che le radici della Chiesa, del cristianesimo siano costituite da persone umanamente semplici, incapaci quasi di dare ragione della loro "curiosità" nel voler riconoscere il Messia in quel Gesù che dà un nome nuovo a Simone, fratello di Andrea e figlio di Giovanni, chiamandolo Pietro, perché proprio su di lui, persona non certo colta, ricca, famosa e prestigiosa, vorrà edificare la sua Chiesa.

Ma quante volte, vivendo l'esperienza missionaria attraverso l'annuncio del Vangelo là dove ancora non è conosciuto, testimoniandolo anche con azioni concrete di carità e di promozione umana, rischiamo di lasciar passare Gesù davanti a noi senza sentire il dovere di indicarlo a quanti stanno con noi, solo perché siamo troppo presi dall'organizzare una bella cerimonia liturgica, oppure la realizzazione di una scuola, di un pozzo, di una clinica?

Anche a noi è rivolta quella domanda: "Che cercate?". E l'invito che Gesù ci fa dicendo "Venite e vedrete" non lascia scampo a chi volesse rimanere un servito e riverito protagonista della scena, perché a chiunque voglia vedere dove abita davvero il Dio fatto uomo, è imposto di "tenere lo sguardo fisso su Gesù" (motto del missionario San Daniele Comboni) e non di seguire le lusinghe di ipotetiche profezie o visioni mistiche che distraggono lo sguardo da Lui.


Domande o provocazioni

  • La domanda "Che cercate?" potremmo anche tradurla in una spiegazione da dare sul mio desiderio di "fare del bene" secondo l'insegnamento evangelico. Quanto questo desiderio risponde al bisogno di protagonismo e di gratificazione personale e quanto, invece, esso esprime una sincera vocazione al servizio nei confronti dell'altro, del povero in particolare?
  • Nel mio rapporto con Gesù coltivo, nella preghiera e nella contemplazione, la confidenza sufficiente per chiedergli "Maestro, dove abiti?".
  • Gesù ha detto ai discepoli "Venite e vedrete" e loro, senza esitare, lo hanno seguito e si sono fermati presso di lui. Sono anch'io disposto a seguirlo in modo incondizionato quando sento il suo invito, la sua chiamata a camminare insieme a lui? E se l'ho fatto, una volta arrivato, cosa ho visto?


Anita Cervi e Beppe Magri, missionari in una parrocchia della Diocesi di Verona