Omelia (15-01-2012)
mons. Gianfranco Poma
Ecco l'agnello di Dio

Riprendiamo la celebrazione delle domeniche del tempo ordinario nel quale la Liturgia ci conduce a rinnovare la nostra esistenza cristiana: ce ne fa ricomprendere il senso con una adesione di fede che nello scorrere dei nostri anni si fa sempre più matura e consapevole. Riscoprire la bellezza della fede per gustare la gioia di una vita vissuta in pienezza nell'incontro con Colui che è la luce che illumina tutta la nostra esistenza, è il fine a cui mira l'anno liturgico.
Il brano evangelico che la Liturgia di questa domenica ci invita a rivivere, è una splendida pagina di Giovanni (Giov.1,35-42), nella quale ogni parola va sottolineata, ci tocca e accende in noi il dinamismo che conduce all'incontro con Cristo, a quell'evento straordinario da cui nasce la nostra esistenza nuova. Il nostro incontro con Cristo è l'anello di una catena che ha inizio dalla testimonianza di Giovanni, in quel giorno, il terzo, nel quale egli "stava ancora là": nel primo giorno Giovanni ha proclamato di non essere lui il Cristo; nel secondo ha fatto un'esperienza che gli ha cambiato la vita: ha visto Gesù venirgli incontro e ha ascoltato una Parola che gli ha fatto conoscere la sua vera identità. "Io ho visto (lo Spirito discendere e rimanere su di Lui) e ho testimoniato che questi è il figlio di Dio": l'ascolto della Parola di Dio ha fatto in modo che Giovanni percepisse in Colui che gli veniva incontro la radicale novità del Figlio di Dio. Adesso, nel terzo giorno, egli può cominciare a comunicare ai suoi discepoli la sua testimonianza: non si tratta di testimoniare un ideale o un valore morale ma di rendere testimonianza ad una persona che è il Figlio di Dio che dona se stesso per rendere la vita dell'uomo partecipe della vita di Dio. Quella di Giovanni è la testimonianza di uno che ha sperimentato e che con la sua parola invita gli altri ad aprire il cuore all'incontro personale con la novità di Colui che gli viene incontro per offrirgli il dono della vita nuova.
"Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse. Ecco l'agnello di Dio!" Era ancora fermo con il suo gruppo, Giovanni, ma non può stare al chiuso, a godere della sua fragile sicurezza chi ha conosciuto chi è "Colui che cammina" nel mondo: ormai Giovanni, afferrato da Cristo, con lo sguardo fisso su di Lui, non può trattenere il grido: "Ecco l'agnello di Dio", ecco l'agnello "che Dio dona" al mondo perché egli porti il mondo a Dio". Ormai Giovanni "ha visto e ha testimoniato": Dio non aspetta più niente dall'uomo, dona tutto all'uomo e gli chiede soltanto di entrare nel vortice dell'Amore che è Dio.
E comincia la inesauribile catena dei discepoli di Cristo: ma che cosa significa essere discepoli di Gesù? "Sentirono i due discepoli lui che parlava e seguirono Gesù": comincia così l'esperienza del discepolo, con l' "ascolto" dell'annuncio e la decisione di spostare su Gesù l'asse portante propria della vita. Ma adesso entra l'iniziativa libera di Gesù: si tratta di un incontro personale, di una relazione di due libertà che si aprono, si tratta per l'uomo di lasciarsi attrarre dall'infinito Amore di Dio che vuole donarsi ma senza fare violenza. "Gesù dunque, voltandosi e vedendo che essi lo seguivano, disse: Che cosa cercate?" Gesù è sempre "oltre"; vede coloro che lo seguono, ma non strumentalizza niente e nessuno: suscita e accompagna la libertà critica dell'uomo. "Che cosa cercate?": sono le prime parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni, che qualificano l'uomo nella sua più autentica realtà. L'uomo è essenzialmente ricerca, inesauribile ricerca di senso: Gesù, nel vangelo di Giovanni in particolare, è Colui che apre gli occhi all'uomo perché cominci a vedere Lui e in Lui a trovare la luce nella quale vedere la realtà in una dimensione nuova, sempre più profonda, sino a vedere nella fragilità della carne lo splendore della gloria di Dio. Il discepolo di Gesù è l'uomo in continua, appassionata ricerca, proprio perché incontrare Gesù significa incontrare la Verità che si svela all'uomo quanto più l'uomo la cerca. Per questo l'incontro con Gesù inizia con il risveglio della ricerca: "Maestro, dove dimori?" è la domanda con la quale i due discepoli rispondono alla domanda di Gesù, che significa: "Maestro dov'è il centro, il senso radicale della tua esistenza?" che equivale a: "Maestro chi sei?". Essi hanno cominciato a percepire il fascino misterioso dell'ineffabile "io" di Gesù. "Venite e vedrete": solo sperimentando la relazione personale, intima, si può conoscere la verità a cui l'uomo aspira. "Quelli andarono, videro dove dimora e dimorarono con Lui tutto il giorno": anticipando tutto il Vangelo, Giovanni con queste parole, dà la definizione più precisa dell'identità del discepolo di Gesù e dell'esistenza cristiana.. Il discepolo non solo va dietro a Lui, ma va con Lui interiormente sino ad identificarsi con Lui; vede, conosce, sperimenta dove Lui "è" e comincia ad "esistere" con Lui: "andare", "vedere", "dimorare" sono i tre verbi che descrivono l'esistenza cristiana. A questo punto del testo evangelico non sappiamo ancora "dove" Gesù "dimora": più tardi Gesù parlerà della sua relazione con il Padre e della sua "dimora" nei discepoli e della loro in Lui. Colui che è nel seno del Padre (1,18) ha piantato la sua tenda fra di noi (1,14) e ci prepara una dimora nei cieli (14,2). Il discepolo di Gesù è la persona che, incontrando Lui, va con Lui e comincia a vivere con Lui la vita di Dio: il seguito del Vangelo educa il discepolo a "dimorare" e a vivere con Lui la vita di Dio.
Ma non può essere trattenuta solo per sé un'esperienza così grande: subito la catena dei discepoli si allunga. "Era Andrea, fratello di Simon Pietro, uno dei due che avevano ascoltato (le parole dette) da Giovanni e lo avevano seguito. Trova per primo suo fratello Simone e gli dice: Abbiamo trovato il Messia. Lo condusse da Lui". Passa attraverso la catena delle relazioni umane l'annuncio entusiasta dell'incontro con Cristo, poi entra Lui personalmente: "Guardandolo, gli parla". L'incontro personale con Lui comincia con uno "sguardo", quello sguardo di amore che secondo Luca (22,61) raggiunge il vertice nel momento nel quale Pietro lo tradisce. Adesso Pietro non dice niente: solo Gesù gli parla e gli cambia il nome: "Tu sei Simone, figlio di Giovanni: sarai chiamato Pietro". E Pietro continua a tacere: egli è il primo personaggio del Vangelo a ricevere una parola personale da parte di Gesù e sarà pure l'ultimo (21,22): il discepolo di Gesù, quello chiamato a confermare i fratelli nella fede, è quello che impara a lasciarsi amare da Gesù, a sperimentare la gratuità del suo amore proprio per la sua fragilità e per il suo peccato; che impara a rispondere con il suo amore fragile all'amore infinito di Gesù.