Omelia (22-01-2012)
Omelie.org (bambini)


Quando ero piccola e frequentavo le scuole elementari, ero una bambina piuttosto timida. Un giorno la maestra, entrando in classe, mi chiamò e mi chiese di aiutarla per una cosa importante. Io diventai rossa, feci un sorriso e tutta contenta mi alzai per fare quello che mi chiedeva! La sua chiamata mi aveva reso davvero felice, mi aveva fatto sentire importante, utile.
"Ha chiamato proprio me!", ho detto alla mamma quando è venuta a prendermi a scuola. La maestra aveva avuto bisogno proprio di me e non delle mie compagne più brave, più simpatiche più sicure... proprio di me.
Le letture di questa domenica mi hanno fatto venire in mente questo episodio. Infatti, soprattutto il brano del vangelo, mostra che Dio ha bisogno di noi per realizzare il suo regno, cioè il suo progetto di amore.
Avete inteso bene? Lui si trova lungo il litorale del lago di Tiberiade e vede dei pescatori che stanno facendo il loro lavoro: sono appena rientrati dalla pesca, hanno lavato le reti e ora le stanno piegando e mettendo in ordine pronte per la prossima uscita in mare.
La chiamata di Gesù lì raggiunge lì sul posto di lavoro. Questo ci fa capire che il Signore può chiamarci ovunque, da quando lui ha abitato la terra, ogni luogo è "sacro", cioè degno perché si compia e si realizzi la sua chiamata.
Gesù li chiama, li chiama ad essere pescatori di uomini e proprio il loro mestiere di pescatori li aiuterà a capire la nuova missione.
Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni andando dietro a Gesù sono "pescatori di uomini" cioè sono chiamati a conquistare a Dio uomini e donne liberandoli dal male, facendoli uscire dal "mare" della superficialità, della banalità, delle preoccupazioni per farli entrare nel Regno di Dio.
Certo che Gesù è proprio originale... poteva scegliersi persone migliori per questo servizio! Poteva scegliere persone dotte e ricche, invece sceglie quattro pescatori! A quel tempo, il mestiere del pescatore era considerato un mestiere per gente rude, e poi erano della Galilea... gente di poca reputazione. Gesù, chiamandoli, offre loro un progetto di vita straordinario.
Cosa devono fare questi quattro pescatori?
Devono gridare a tutti quelli che incontrano che il "tempo è compiuto", che è arrivato, che si sta realizzando: devono gridare a tutti che la salvezza, in Gesù, ha raggiunto la sua pienezza. Loro diventano come dei testimoni, una specie di "cartelli stradali" che indicano chiariscono la strada. Loro ti indicano sempre il centro che è Gesù.
L'altra cosa che devono proclamare a tutti è: "Il Regno di Dio è vicino".
Dicono a tutti: Non vi scoraggiate perché Dio nella storia ha un progetto magnifico, un progetto di pace, di armonia, di bellezza, di fraternità, di amore, e questo progetto nella Bibbia viene chiamato "Regno di Dio". È un come un bel "sogno", un sogno vicino che chiede l'impegno di tutti, proprio tutti.
E in che cosa consiste l'impegno?
Il Vangelo lo dice attraverso due parole: "CONVERTITEVI" e CREDETE AL VANGELO".
"Convertirsi" vuol dire cambiare direzione, vuol dire impegnarsi a vivere come Lui. Se il cartello-testimone mi indica che il Regno di Dio è regno di pace, di giustizia, di amore, di fraternità, io non posso entrarci se sono sempre in lite, se compio ingiustizie, se non sono amico di tutti.
Gesù insegna l'amore a Dio e ai fratelli.
Dio fa la sua parte. Ma vuole avere bisogno di noi. A Lui piace costruire le cose belle insieme, perché quando una cosa si costruisce insieme diventa più importante.
Quando un gioco, una cosa a cui tieni molto la comperi con i tuoi piccoli risparmi, ci stai più attento, la curi di più perché sai quanto hai dovuto impegnarti per possederla!
La stessa cosa è con il dono del Regno di Dio. È un dono che c'è perché Gesù lo ha realizzato con la sua vita, ma è come un piccolo seme che deve crescere e svilupparsi: per questo ha bisogno del mio, del tuo, del nostro impegno fatto di cambiamento, fatto di amore, di fede, di fiducia nella sua Parola.
Durante la celebrazione pronunciamo tante volte la parolina "Amen". È una parola ebraica, piccola, ma che significa molto. Ogni volta che la pronunciamo è come se dicessimo: "Mi fido di Te, Signore, al punto tale che voglio costruire la mia vita su di te che sei la Parola che salva".
Il Signore chiama continuamente, perché crede davvero in noi, si fida di noi. Ascoltiamolo! La sua chiamata è un grande dono di gioia, e chiede una risposta altrettanto gioiosa.
Diciamogli: Se tu credi in me, Signore, anch'io voglio credere in te, e voglio dire come il giovane Samuele: "Parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta". Aiutami a seguirti senza paura e a darti subito, come i primi discepoli, il mio cuore.

Commento a cura di Sr. Piera Cori