Omelia (22-01-2012)
don Alberto Brignoli
Il tempo è compiuto: prendere o lasciare!

Finalmente, Marco. I brani del Vangelo del tempo di Natale e i successivi testi di Giovanni sull'Agnello di Dio indicato dal Battista ai suoi discepoli come presente nel mondo, cedono ora il passo alla lettura continuata (a parte l'interruzione della Quaresima) del Vangelo di Marco; un vangelo essenziale, scarno, quasi freddo nella sua essenzialità, riflesso di una predicazione ancestrale, degli inizi, probabilmente riconducibile all'apostolo Pietro, che costituisce la base su cui si è costruita la teologia dei Vangeli sinottici prima e della tradizione giovannea molto più tardi. Non a caso, Marco è considerato "la fonte" da cui ogni evangelista ha attinto per dire "qualcosa di suo" su Gesù di Nazareth.
Ma non per la sua evidente essenzialità si può certo affermare che il Vangelo di Marco sia povero, scialbo, senza una grande teologia rispetto a quanto le opere neotestamentarie a lui successive riescono ad elaborare. Marco pare scrivere il suo Vangelo come preso dalla necessità di rispondere a due domande: chi è questo Gesù di Nazareth, figlio di Giuseppe il falegname? E perché ha voluto sin dall'inizio essere un Messia "nascosto" che non si proclama al mondo in maniera evidente? La risposta alla seconda domanda ci aiuta a dare una spiegazione anche alla prima.
In effetti, il Gesù che traspare dal Vangelo di Marco è un Gesù che rifiuta la notorietà: quando, a più riprese, vedendo il suo potere di compiere miracoli, la folla acclama Gesù come Messia e Salvatore, egli rifiuta questi bagni di folla e si ritira in solitudine. E quando i demoni da lui stesso scacciati lo rivelano nella sua vera identità di Figlio di Dio e di Messia, egli ingiunge loro di non parlare. È quindi un Gesù che agisce "in chiaroscuro": da una parte compie stupendi prodigi che rivelano all'uditore tutta la sua potenza e la sua gloria, dall'altra rifiuta ogni acclamazione e investitura ufficiale prima di essere accettato nella sua rivelazione finale, quella della Croce.
Allora, giustamente si può definire il Vangelo di Marco come un cammino che si trova ad affrontare due vette, una messa davanti all'altra, da conquistare necessariamente entrambe per comprendere appieno il progetto di Dio sull'umanità.
La prima "vetta" viene conquistata intorno al capitolo 8, quando Pietro riconosce con una storica professione di fede che Gesù è il Messia; la seconda vetta comporta un cammino più complesso, che passa attraverso la ricerca della "via" alla perfezione, attraverso tre differenti annunci di morte sua e dell'umanità, e soprattutto attraverso la sequela dei passi di Cristo che - come delle orme - marcano pure il nostro passo. Tra l'altro, la seconda vetta coincide veramente con la cima di un monte, il Calvario, sul quale Marco mette in bocca le parole che professano Gesù Figlio di Dio non a un devoto israelita, ma a un pagano romano, il centurione, che nonostante la sua formazione classica fatta di un Olimpo di immortalità, ma anche cinica e scettica di fronte alle manifestazioni del sacro, tipica di quel determinato periodo della storia di Roma, riconosce e proclama Gesù come "vero Figlio di Dio" a motivo della sua morte in croce. È perciò sulla croce che il Gesù di Marco ci rivela chi egli è veramente: l'annuncio della Resurrezione (importante, ma stranamente quasi secondario, per Marco) diventa solo l'esplicitazione, la glorificazione della messianicità di Gesù Cristo.
Si tratta, quindi, di mettersi in viaggio per conquistare queste due vette, senza perdere tempo: occorre mettersi in viaggio di buon mattino, come i migliori appassionati di montagna. È tempo di mettersi in cammino, perché il giorno è ormai avanzato.
È proprio "il tempo", il protagonista di questo esordio di Marco nell'Anno Liturgico. Introdotto peraltro dalla vicenda di Giona (che stabilisce, in nome di Dio, un tempo per la conversione degli abitanti di Ninive) e dalle parole di Paolo, che nella lettera ai Corinti annuncia l'urgenza del tempo per vivere questo mondo che passa, Marco dà a Gesù un tempo. "Dopo che Giovanni fu arrestato", Gesù inizia la sua missione, dando già per "compiuto" il tempo del Regno di Dio, di fronte al quale non possiamo più accampare scuse: occorre "convertirsi e credere al Vangelo". Chi temporeggia, chi sta a guardare, chi vuole pensarci su ancora un attimo, chi non si sente ancora sicuro di fronte alla proposta del Regno, è fuori tempo massimo: prendere o lasciare, il Regno non può attendere.
O segui Cristo senza riserve, lasciandoti affascinare dalla proposta accattivante del suo itinerario, oppure resti lì a condurre la tua vita di sempre, rinchiuso nelle tue sicurezze, con la tua barca, con le tue reti, con i tuoi affetti e le tue amicizie, senz'altro più rassicuranti da un punto di vista della stabilità e delle certezze umane, ma decisamente poco aperti alla possibilità dell'incontro con lui, dell'incontro che ti cambia la vita e che ti porterà a capire chi è questo Gesù che ti annuncia il Regno di Dio in mezzo a noi.
Prendere o lasciare: il vangelo di Marco, nella sua essenzialità, ci offre un Gesù così, tutto d'un pezzo, senza tentennamenti, poco dedito a dare spiegazioni e motivazioni, a volte pure oscuro e difficile da comprendere, ma di certo - o forse proprio per questo - tremendamente affascinante. E in un periodo critico come questo, di proposte affascinanti, appassionanti e accattivanti, ne abbiamo davvero bisogno.
Non perdiamo tempo, dunque: lasciamo subito le nostre reti e seguiamolo, abbiamo solo da guadagnarci!