Omelia (29-01-2012) |
mons. Gianfranco Poma |
Che cosa è mai questo? Una dottrina nuova con autorità Il brano del Vangelo di Marco che la Liturgia della domenica IV del tempo ordinario ci presenta (Mc.1,21-28) è tutto posto sotto il segno dello stupore di fronte alla novità della dottrina che Gesù insegna. Il secondo episodio del ministero pubblico di Gesù, secondo Marco, mostra che cosa significhi che il Regno di Dio si è fatto vicino: Gesù non si accontenta di annunciarlo, ma lo realizza. Dove è Gesù, inizia il Regno di Dio sulla terra e tutti sono invitati ad entrarvi. In un giorno di sabato, Gesù insegna nella sinagoga di Cafarnao: è perfettamente inserito nella sua esperienza ebraica, eppure, "erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi". Marco nota due volte lo stupore, all'inizio quando Gesù ha solo parlato e alla fine, quando gli ascoltatori si scambiano le loro impressioni dopo la guarigione dell'ammalato. Marco vuole suscitare anche in noi, suoi attuali lettori, lo stesso stupore, perché il Vangelo non può non stupire: se il "lieto annuncio" non ci stupisse più vorrebbe dire che non lo sappiamo più ascoltare o lo abbiamo svuotato. Ma da che cosa dipende questo stupore? Marco sottolinea il contrasto tra la normalità del gesto compiuto da Gesù che come buon ebreo "subito entrando nei giorni di sabato nella sinagoga, insegnava" e lo stupore suscitato in tutti gli ascoltatori. Evidentemente, come dicono espressamente gli ascoltatori alla fine del racconto, il motivo dello stupore è la novità che essi colgono nell'insegnamento di Gesù: quando egli parla, per la prima volta gli uomini (noi) smettono di aggirarsi nel cerchio chiuso dei loro pensieri. Ascoltiamo una voce diversa dalla nostra, ci troviamo di fronte a qualcosa di veramente nuovo, e comincia la nostra salvezza, il "sabato" che non conosce tramonto. Ma in che cosa consiste questa novità? "Insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi". La novità di Gesù appare anzitutto dal confronto della sua autorità con quella degli scribi: gli scribi fondano la loro autorità sulla fedeltà alla tradizione, sulla dimostrazione che ciò che essi dicono può ricondursi ad una autorità che li precede. Gesù fonda la sua autorità sulla sua persona: ciò che egli dice risulta inattaccabile in rapporto alla Tradizione eppure è "nuovo" perché in modo imprevedibile egli lo porta a compimento. In questa occasione Marco, come del resto fa anche in altri casi, non dice nulla del contenuto dell'insegnamento di Gesù: ciò che gli interessa è affermare la qualità dell'insegnamento, la sua novità, l'autorità con cui egli parla. Va pure sottolineato per una comprensione più completa di ciò che Marco vuole comunicare, che il vocabolo greco che normalmente viene tradotto con "autorità", ha un significato ricco e complesso: significa pure forza, potenza, libertà. E la pagina evangelica diventa allora "rivelazione" del mistero della persona di Gesù perché la sua dottrina diventa realtà, la sua "parola" diventa la "cosa" che essa dice, la sua Parola è creatrice. Gesù aveva proclamato: "il tempo è compiuto, il regno di Dio si è avvicinato": adesso si tratta di mostrare che la Parola si attua, la Parola è efficace. Marco fa questo raccontando l'incontro di Gesù con l'uomo dallo spirito impuro. "E subito, c'era nella loro sinagoga un uomo dallo spirito impuro": secondo la cultura corrente qualsiasi tipo di male che colpisca l'uomo è attribuito alla presenza o all'azione malefica di uno "spirito" che viene qualificato come "impuro". In questo modo veniva designato tutto ciò che è incompatibile con Dio, si oppone a lui e rende impossibile una relazione positiva con lui. Gesù si trova così di fronte a una potenza che in qualche modo sfugge all'uomo ed anzi gli fa violenza. Di fronte alle forze misteriose che non riescono a contrastare, gli uomini si sentono impotenti e si rassegnano: alla collocazione dell'evento nella "loro" sinagoga Marco forse intende attribuire un significato particolarmente forte come per dire che anche le strutture portanti del giudaismo sono impotenti di fronte al male. Ma alla presenza di Gesù nella sinagoga accade una cosa nuova: l'uomo comincia a gridare: "Che c'è tra noi e te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci. Io so chi tu sei: il santo di Dio". Per la prima volta irrompe nel mondo una forza nuova che fa in modo che l'uomo non sia irrimediabilmente in balia del male: il tempo è compiuto e il regno di Dio si è avvicinato. L'uomo in balia dello spirito impuro ha percepito la novità di Gesù: "Che c'è tra noi e te, Gesù di Nazareth?" Da una parte ci siamo noi, l'umanità intera sottomessa alle forze del male, dall'altra c'è Lui solo, Gesù di Nazareth, Lui con il suo mistero, Lui così simile a noi eppure così "unico". "Sei venuto a rovinarci": per la prima volta il regno del male si sente vacillare. "Io so chi tu sei: il santo di Dio": questo "spirito impuro" che tiene in pugno l'uomo conosce il mistero di Gesù: è il "santo di Dio". Gesù di Nazareth è il santo di Dio, venuto per porre fine alla schiavitù del male, venuto da Dio per stare con gli uomini ed iniziare con loro una comunione di vita di libertà e di amore. Gesù riconosce l'esattezza delle parole dello "spirito impuro", eppure la sua reazione è una dura intimazione: "Taci ed esci da lui". Siamo ancora all'inizio del ministero di Gesù: Marco raccoglie la lezione e la tramanda a chi vuol fare il cammino per essere discepolo di Gesù. Occorre seguire Gesù fino alla croce per poter capire chi Lui è: il santo di Dio che condivide l'esistenza umana fino alla morte, Colui che ama l'uomo tanto da condividerne tutta la fragilità per introdurlo così nella sua gloria. Solo alla fine il centurione che sta davanti alla croce, vedendo Gesù morire così può dire: "Veramente quest'uomo era figlio di Dio". Solo l'Amore con cui Gesù di Nazareth condivide l'esistenza umana è la forza di Dio che si annienta per vincere il male che rende schiavo l'uomo. Non si può dire a Gesù: "Io so chi tu sei" prima di aver sperimentato l'Amore che egli ha per noi. Per questo egli zittisce lo spirito impuro che anticipando, falsificherebbe la vera identità di Gesù: prima occorre vedere il suo Amore liberante in atto, occorre seguirlo nel dono continuo di sé, nella efficacia del suo Amore che trasforma il mondo. "Lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui". Comincia così il cammino pedagogico che Marco distenderà in tutto il Vangelo: Gesù parla, insegna, eppure i discorsi in Marco sono pochi, soprattutto egli con la sua parola opera per risanare, fare nuova l'umanità, perché l'umanità possa attuare ciò che Lui insegna. Ai suoi lettori Marco chiede la fede in Gesù, il coraggio di fidarsi di Lui, per sperimentare la forza del suo Amore, la novità della sua Parola che crea ciò che annuncia. Tutto comincia dallo stupore con cui anche noi ci chiediamo: "Che cosa è mai questo? Una dottrina nuova con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e questi gli obbediscono!" Gradualmente impareremo che la novità della forza creatrice della sua Parola, è l'Amore infinito con cui Gesù di Nazareth ama il mondo perché egli è il Figlio di Dio che nella sua carne conosce ciò di cui l'uomo ha bisogno. |