Omelia (29-01-2012)
Marco Pedron
Sai ciò che credi, non sei ciò che credi

Questo è il primo episodio che troviamo nel Vangelo di Marco. Il personaggio è anonimo. "Perché Mc lo mette all'inizio?", dobbiamo chiederci. Infatti questo episodio poteva metterlo doveva voleva, altrove, in altre parti del vangelo: "Ma perché allora lo mette proprio qui?". Mc lo mette qui perché questa è la chiave di lettura per accogliere Gesù.

Il vangelo dice: "Gesù con i suoi andarono a Cafarnao e immediatamente, di sabato, Gesù entrò nella sinagoga per insegnare". Nella sinagoga si andava di sabato e Gesù, come ogni buon ebreo ci va.
I luoghi frequentati da persone religiose saranno per Gesù quelli più pericolosi. Ci andrà tre volte e ogni volta sarà un fiasco e un pericolo.
Qui viene interrotto nella sua predicazione dall'uomo posseduto; ma le altre due volte andrà molto peggio. In Mc 3,1-6 tentano di assassinarlo e in Mc 6,1-6 i suoi paesani, i suoi amici, lo prenderanno per matto. E quando andrà nel tempio (Mc 11,18), il tempio è il luogo della presenza di Dio sulla terra, cercheranno in tutti i modi di assassinarlo.
E' sabato e Gesù va nella sinagoga. Ma ci va per insegnare (Mc 1,21) e non per partecipare al culto. Questo è importante: Gesù non partecipa mai ai culti della propria religione. Gesù non va nella sinagoga per pregare o per le liturgie: lui ci va per insegnare.
Questo vuol dire che c'è un modo di pregare e di fare liturgia che non interessa a Dio. Se la preghiera e la liturgia, infatti, non diventano vitalità, amore concreto, passione, scelte, decisioni, coraggio, guarigione, fiducia, apertura, solidarietà, non interessano a Dio.
Nel 1917 mentre scoppia la rivoluzione russa, la Chiesa Russa Ortodossa era riunita in concilio e vi era un'appassionata discussione sul colore della cotta da indossare durante le funzioni liturgiche. Alcuni insistevano con veemenza che doveva essere bianca, altri purpurea. Nerone strimpellava finché Roma era in fiamme.
Se la liturgia è evasione dalla realtà e dalla vita non è incontro con il Dio della Vita (20,31). Per questo le liturgie ci devono emozionare, far ridere e far piangere, far incontrare i nostri fantasmi, i nostri mostri, le nostre risorse e le nostre potenzialità, la nostra anima e l'Infinito che ci abita dentro.

Gesù predica e la gente è "stupita", sconvolta (ek-plesso), in senso positivo, da ciò che dice (Mc 1,22). E perché è sconvolta? "Perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi" (Mc 1,22).
Chi erano questi scribi? Gli scribi consacravano tutta la loro vita allo studio della Bibbia e a 45 anni (l'età media di vita era 35!, quindi erano dei vegliardi, dei saggi) ricevevano, attraverso l'imposizione delle mani, la trasmissione dello spirito di Mosè per interpretare la Bibbia.
Il Talmud, il libro sacro agli ebrei dice: "Quando uno scriba dà una sentenza diversa da quella della Bibbia, credi allo scriba e non alla Bibbia". Cioè erano più della Bibbia! Erano il magistero infallibile. Quando parlava uno scriba si riteneva che parlasse Dio stesso.
Lo scriba era colui che leggeva la Bibbia, la interpretava e la spiegava alla gente. Conosciamo i loro insegnamenti: era un insegnamento ripetitivo. Più o meno era così: "Nella Bibbia c'è scritto così e voi dovete far così... il profeta tal dei tali dice così e voi dovete fare così...". Era tutta una serie di regole, di robe da fare, di robe da non fare, di norme.
Una volta l'Atto di Dolore diceva: "Mio Dio, mi pento perché ho offeso Voi e ho meritato i Vostri castighi...": era agghiacciante, era terrorismo religioso.
Cosa succedeva allora? Succedeva che la gente si sentiva sempre in colpa: o ti eri dimenticato quella preghiera o non avevi fatto quello che dovevi fare o avevi un pensiero che non dovevi avere o stamattina ti eri dimenticato di ricordarti di Dio... C'erano 613 regole ben precise da rispettare: una tortura. Cioè: non andava mai bene niente! Non eri mai a posto con Dio.

Cosa succede allora quando arriva Gesù? Una rivoluzione!
Arriva Gesù e dice: "Dio vi ama tutti" (Mc 1,15: ev-anghelion=buona notizia). Non importa se avete pregato o no, se siete stati bravi o no, se siete in regola o no, Lui vi ama.
Già è difficile per noi accettare questo: "Ma come? Io mi comporto bene e Dio ama anche chi si comporta male?", figuriamoci per questa gente, che consacrava la propria vita a Dio, cosa volesse dire essere equiparata agli occhi di Dio a tutti gli altri. "Ma come? Noi che doniamo la nostra vita a Dio siamo amati da Lui tanto quanto gli altri?". Sì!
Gesù non è venuto a imporre formule dottrinali, dogmi da accettare o preghiere da dire. A Gesù non interessa se uno va o non va nella sinagoga, ma se ami, se sei pieno di compassione, di tenerezza, di ascolto, di empatia, di solidarietà, di tolleranza, di perdono. Sei ami sei in comunione con Dio. Il resto non conta.
Allora la gente, appena sente questa ventata di aria fresca, si sente liberata e dice: "Questo sì che parla come uno che ha autorità, come uno che viene da Dio. Qui si sente Dio, non come i nostri scribi".

E cosa succede? Appena c'è questo entusiasmo da parte della gente ecco che si scatena la reazione. Mc dice: "C'era nella loro sinagoga un uomo dallo spirito impuro, e che immediatamente si mise a gridare" (Mc 1,23). Il testo non lo traduce ma c'è scritto: "Subito" (Mc 1,23), appena sentito ciò. Azione (predicare di Gesù) - reazione (spirito urla).
Si dice che l'uomo è posseduto da uno spirito immondo (Mc 1,23). Cosa vuol dire? Spirito (ruah in ebraico e pneuma in greco) indica una forza esterna all'uomo. Quando questa forza viene da Dio si chiama "santa" e "santifica" l'uomo, cioè lo mette in sintonia con Dio e lo separa (santificare=separare) dal male. Lo Spirito Santo è la forza che mi separa dal male, dall'egoismo.
Quando questa forza non viene da Dio, ma viene da realtà che gli sono contrarie, si chiama, nei vangeli, "impura", come qui. C'è uno spirito-forza puro e uno spirito-forza impuro.

Osserviamo alcune cose.
1. Intanto nessuno mai si era accorto che fosse posseduto da uno spirito impuro. Questo vuol dire che quello che sembra non sempre è quello che è. L'uomo sembra religioso ma dentro ha il demonio.
Un giorno il maestro disse: "Vedi quell'uomo, viene qui al tempio tutti i giorni, mattino e sera, prega per un'ora ogni volta e fa sempre l'offerta al tempo. Cosa possiamo dire di quell'uomo?". E i discepoli: "Che è un brav'uomo e un uomo di Dio". E il maestro: "Non possiamo dire niente, perché non conosciamo il suo cuore".
2. E' un uomo che prega. Questo vuol dire che c'è una preghiera che mette in comunione con Dio e una preghiera che ti mette in comunione con la rabbia e l'odio.
Una donna durante la guerra: "Abbiamo pregato con fervore e Dio ci ha ascoltati. Per fortuna che tutte le bombe sono cadute dall'altra parte delle città!".
3. Toccato sul vivo si scatena. Anche perché Gesù mica si era rivolto a lui.

E l'uomo dice: "Che c'entri con noi? Sei venuto a rovinarci?" (Mc 1,24). Perché parla al plurale? L'uomo, è chiaro, parla per una categoria, per un gruppo: "Parlo io per tutti noi". Ma perché si scatena? Perché questo odio verso Gesù? In fin dei conti Gesù non gli ha fatto proprio niente.
Gesù arriva e predica. La gente dice: "Questo sì che viene da Dio, non gli scribi". Gesù sta distruggendo la teologia ufficiale, l'insegnamento tradizionale. Come può non essere furibondo?
Il testo dice che l'uomo era posseduto (lett. "era nello spirito impuro"). A quel tempo credevano così: lo spirito ti entrava dentro e non eri più tu a parlare ma lo spirito che parlava e agiva per te.
L'uomo, allora, è posseduto da qualcos'altro (dallo spirito impuro): ha perso la sua personalità, ha perso la sua capacità critica, ha venduto il suo pensare e non ragiona più con la sua testa.
Ma allora cos'è che lo possiede? E' chiaro: Gesù predica nella sinagoga e predica un insegnamento nuovo. Fino ad allora se ne era stato lì lì, buono buono, ma adesso esplode. L'uomo è posseduto dalle credenze religiose: a lui hanno detto che Dio è così e così e lui ci crede. I sacerdoti e gli scribi gli hanno detto che si fa così, che si pensa così, che questo è bene e che questo è male. E lui, da buon ebreo, religioso, ossequioso e pio, esegue.
Questo uomo è uno di quelli che quando chiedi: "Tu cosa pensi?", non ti dice: "Io credo a questo per questo motivo e per quest'altro...", ma ti dice: "La chiesa dice... il partito dice... i miei genitori dicono... le regole dicono... la tradizione dice...". Lui non pensa: è pensato. Lui non vive: gli altri vivono in lui. Anzi: lui si sente in diritto di difendere il suo credo quando viene attaccato dall'esterno.
Il pittore Francisco Goya diceva: "Il sonno della ragione genera mostri".

Adolf Eichmann, quando i nazisti concepirono la soluzione finale, cioè l'eliminazione di tutti gli ebrei, fu il coordinatore e il responsabile delle deportazioni. Cioè, materialmente provvedeva ad organizzare i convogli ferroviari che trasportavano i deportati verso Auschwitz. Milioni di ebrei passarono per le sue mani. Scappato in Argentina fu ritrovato dal Mossad negli anni ‘60. Quando fu processato si difese dicendo: "Voi state condannando un perfetto soldato che ha semplicemente eseguito gli ordini come qualunque altro soldato fa in guerra". E, in effetti, era vero. Aveva obbedito.
A Norimberga, nel processo contro i criminali tedeschi (G-ring, Hess, von Ribbentrop, Keitel, ecc.) questi si difesero dicendo: "Noi abbiamo obbedito". Ed era vero: avevano obbedito ad un pazzo, folle, Hitler. Quindi di sei milioni di ebrei nessuno era colpevole se non Hitler, che però era pazzo.
Allora: nessuno si può giustificare dicendo: "Io ho obbedito; io ho fatto quello che mi hanno detto; io sto con le regole; io eseguo; io faccio ciò che dall'altro mi dicono". Tu hai una tua testa, pensa, ragiona e qualunque cosa tu faccia la fai tu, quindi ne sei responsabile.

Nei vangeli Dio non chiede mai l'obbedienza. Potete sfogliare e risfogliare i vangeli e non troverete una volta che Gesù chiede di obbedire a Dio. Mai! Troverete solo due volte in Mc e cinque in tutti i vangeli (Mt 8,27; Mc 1,27; Mc 4,41; Lc 8,25; Gv 3,36), l'espressione "obbedire, obbedienza". E a chi è diretta "l'obbedienza"? A Dio? No, ma sempre alle forze ostili a Dio!
Non a caso il vangelo di oggi terminerà proprio usando questo verbo (ypakouo) ma sono gli spiriti immondi che gli obbediscono! Gesù non ci chiede di obbedire a Dio ma di assomigliare al Padre, che è un'altra cosa. E se Gesù non ci chiede di obbedire a Dio, figuriamoci a quelli che lo rappresentano.
"L'obbedienza non è più una virtù", diceva don Lorenzo Milani, se obbedire vuol dire eseguire.

Il vangelo poi continua e il posseduto gli dice: "Che hai contro di noi? Sei venuto a distruggerci? Io so chi tu sei. Il Santo di Dio" (Mc 1,24).
Chi era il santo di Dio? Nella loro tradizione si pensava che, dopo Mosè, Dio avrebbe suscitato il Santo, cioè il Messia, che doveva essere il continuatore di Mosè per aiutare il popolo ad osservare la legge ed interpretarla fedelmente.
Allora, che cosa fa questo uomo? Richiama Gesù al ruolo che la tradizione voleva fosse del Messia: "No, tu non puoi insegnare questo; tu sei il Santo di Dio e il Santo non dice questo. Se dici questo ci distruggi. Non puoi dire questo: va contro a ciò che si è sempre detto, alle nostre regole religiose. Non puoi!".

E Gesù dice (Mc 1,25-26): "Taci! Esci da quell'uomo! E straziandolo e gridando forte uscì da lui". Sentite il dramma: per quell'uomo liberarsi dalle sue idee, dalle sue credenze, è stato uno strazio, un dramma, un dolore immenso, enorme.
Torniamo allora alla domanda iniziale: perché Mc mette proprio all'inizio del suo vangelo questo episodio?
Credo che molti di noi lo capiscano. Ti è stato detto: "Se credi in Dio, niente grilli per la testa; niente affettività, niente carezze, abbracci, coccole, che sono robe pericolose; niente troppa euforia, non ridere troppo, non lasciarsi andare alla troppa gioia e pensa a chi sta peggio; sessualità: pericolo; stai alla larga e ricordati che Dio ti vede!; vitalità, energia, sogni: non si può fare quello che si vuole nella vita!; realizzare i propri sogni: sei un egoista che pensi solo a te stesso; non sei d'accordo con ciò che ti viene detto: sei una "testa calda" e Dio ti punirà; gioco: non si perde tempo; chi ha tempo non aspetti tempo; divertirsi: no, mai! Rinunce, sacrifici, ma divertirsi no, perché viene dal demonio".
Poi arriva Gesù e ti dice: "Ma guarda che tutto ciò a cui rinunci "per Dio" viene da Dio. Non è Dio che ti chiede di rinunciare a questo! Anzi Dio vuole che tu viva e viva nella pienezza e nell'abbondanza" (Gv 10,10).
E allora t'arrabbi: e no!?! "Con tutte le fatiche che io ho fatto! Con tutto quello che ho rinunciato! Eh, no, non è giusto!". E' uno strazio perché ti rendi conto che tutta la tua fatica non ti ha portato vicino a Dio ma solo a "tagliare" la tua persona, a comprimerla, a reprimerla, ad uccidere la Vita che poteva vivere in te.
Allora ti rendi conto che tu pensavi di agire "in nome di Dio" ma hai agito contro Dio. Vi chiedo: "E' facile aprire gli occhi e vedere tutto ciò? E' o non è uno strazio accettare questo?". Perché se lo accetti devi rivoluzionare la tua vita, devi cambiare tutto. E se hai quaranta, cinquant'anni, e sei radicato in certe credenze o se hai una personalità strutturata, rigida o insicura, chi te lo fa fare?
Il vangelo è liberante per chi ama la vita ma straziante per chi ama obbedire.

Cosa dice a me questo vangelo allora? Stai attento, verifica ciò che credi.
Una credenza (religiosa, comportamentale, interiore, su di noi, su gli altri, ecc.) nasce perché ci è stata detta direttamente o indirettamente oppure perché la vita ci ha insegnato questo. Cioè: ci è successo qualcosa e noi abbiamo tirato le conseguenze di quella cosa.
Esempio: incontri un uomo, ti innamori perdutamente, lo ami alla follia, poi lui ti tradisce con la tua migliore amica. E tiri la conseguenza: "Mai più mi innamorerò". Da un fatto tremendo, d'accordo!, tu tiri una conseguenza e una sentenza capitale su di te. Incontrerai molti uomini ma mai più ti lascerai andare.
Una credenza non è né buona né cattiva: dipende! In ogni caso noi siamo quello che crediamo e viceversa quello che crediamo ci trasforma.
Voltaire diceva: "Le streghe hanno smesso di esistere quando noi abbiamo smesso di bruciarle".

"E' difficile... non ce la faccio". Vantaggio (che poi è uno svantaggio) di credere così? Che visto che è difficile, neppure vale la pena di tentare. Mi evito la possibilità di farlo, magari di sbagliare, di mettermi in gioco o di fallire. Conseguenza nel tempo: l'adattamento, il non vivere. Non inizierò mai nulla, "tanto è difficile".
Una cosa è difficile tanto quanto tu vuoi che sia difficile. Tutto è difficile prima di essere facile.

"Mia madre è morta di tumore; sua sorella pure; mia nonna pure". Vantaggio di credere così: "E' il mio destino, non ci posso far niente, (obbedisco), mi adeguo". Conseguenza: facilmente farò la stessa fine.
Ho visto persone morire perché avevano deciso di morire: "E' il mio destino, padre!". Non hanno lottato, non si sono messe in gioco, perché credevano che quello fosse il loro destino. Non so se fosse il loro destino, forse sì magari, ma loro avevano stabilito che avrebbero perso prima di giocare. E persero.
Norman Cousins diceva: "Non sempre i farmaci sono necessari, ma la fede nella guarigione sì, sempre".

"E' un sogno" (per dire: "E' impossibile! Sarebbe troppo bello! "). Vantaggi di credere questo: mi evito la fatica e il sacrificio di inseguire e di lottare per ciò che è il mio sogno. Conseguenze: non realizzo il mio sogno (magari è anche il sogno di Dio) e vivrò nel sottile rammarico di ciò che avrei potuto essere ma che non ho osato di essere.

"Io sono così; è il mio carattere". Vantaggio: visto che sono così, non ci provo e mi evito la fatica di cambiare. Conseguenza: morte interna, immobilità, nessuna evoluzione, visto che "sono così!".
Al suo primo provino a Fred Astaire fu detto: "Non sa recitare! Sa solo ballare un po'!". E fu scartato. Walt Disney fu licenziato da un direttore di giornali per mancanza di idee. Il libro "Il Gabbiano Jonathan Livingstone" di Richard Bach fu rifiutato da diciotto case editrici. Cosa sarebbe successo se avessero detto: "Io sono fatto così; questo è il mio carattere"?
La tua vita sarà esattamente ciò che tu credi di te ma tu non sei ciò che credi di te.

Insieme ai conquistatori del Nuovo Mondo vi erano anche dei frati. Raggiunta un isola trovarono una popolazione di selvaggi. Credevano ancora negli dei, veneravano gli alberi. Era gente sorridente, benevola, ospitale, felice e cantavano sempre ma non conoscevano Gesù Cristo! Così i frati li convertirono, li battezzarono tutti, insegnarono a tutti i dieci comandamenti, fecero costruire una chiesa e tutti andavano in chiesa. I frati erano felicissimi: avevano portato al Signore altri uomini. Ma sapete cosa successe? Che dopo la conversione quegli uomini non furono più felici e non cantarono più. Quando le credenze religiose diventano più importanti della vita!
Gerald Coffee. Il jet di ricognizione RA5-C finché vola sopra il Vietnam del Nord nel febbraio del 1966 con a bordo due uomini, il capitano Gerald Coffee e un altro soldato, viene abbattuto. L'altro soldato pensa: "Sarà tremendo" e per evitarsi sofferenze si suicida subito. Gerald pensa: "Ce la farò". Riesce a salvarsi col paracadute ma viene imprigionato da vietnamiti comunisti. Lì viene tenuto in prigione per sette anni in condizioni disumane. Ma ce la fece.
Ciò che crediamo fa la differenza.

Pensiero della settimana


"Le cose non cambiano: siamo noi a cambiare".
Invece di voler cambiare il mondo per adattarlo a te
è più semplice cambiare te per adattarti al mondo.