Omelia (05-02-2012)
Gaetano Salvati


"Risanaci, Signore, Dio della vita" (Sal 146). Le parole del salmista sono simili alle invocazioni di coloro che si accostavano a Gesù e chiedevano di essere guariti dalle loro infermità (Mc 1,32-33). Il Maestro, come racconta san Marco, sanava molte persone affette da varie malattie e scacciava molti demòni (v. 34). Il giorno dopo (il mattino seguente), però, "quando era ancora buio", cioè per non farsi vedere da nessuno, Egli se ne andò nei villaggi vicini per predicare (v. 35-38).
Come spiegare l'atteggiamento del Salvatore? Perché non ha operato più guarigioni in quella città? Forse, l'immagine del Padre rivelata dal Figlio non è del tutto misericordiosa?
Le intense parole di San Paolo ai Corinzi: "annunciare il Vangelo non è un vanto, perché è una necessità che mi si impone" (1Cor 9,16), aiutano a comprendere il comportamento del Signore. Gesù non compie la Sua volontà, né quella degli uomini, ma attua il disegno del Padre. Il volere di Dio, infatti, è la salvezza dell'uomo, che si manifesta sia con il recupero della salute, sia, soprattutto, con la conversione, attraverso l'ascolto della Parola. Il mistero della persona di Cristo Gesù, allora, non è riconducibile alla conoscenza che pensavano di avere quelli che stavano intorno a Lui: Gesù è altro; Egli sa che è venuto nel mondo per collocare nel cuore della creatura la vera icona di Dio. Tale segno supremo è annunciato nel vangelo: il Signore è la nostra risposta al dolore, alle fatiche del mondo, al mistero del male e della morte, ma questo non è attuato per mezzo di una semplice e momentanea consolazione, oppure per via di soluzioni facili; bensì attraverso un progresso di responsabilità e coscienza della nostra fede. Accogliere e annunciare il vangelo significa, perciò, mettere in pratica l'esempio del Maestro, vale a dire, farsi "servo di tutti" (v. 19) e "debole per i deboli" (v. 22), in altre parole, compatire e portare l'inquietudine dei nostri fratelli.
Ma, la compassione verso tutti i fratelli, il farsi prossimo ai lontani, ai dispersi, non significa avere solo delle privazioni. Il Signore ci concede la gioia, per testimoniare la dolcezza di Dio; la pace, per vivere fra di noi nella concordia; infine, la forza, per sostenere l'uomo caduto nelle tenebre del peccato. Questa è solo una parte della ricompensa che, un giorno, gusteremo eternamente e pienamente.
Riusciremo ad ottenere la ricompensa attesa da Giobbe, la vera guarigione sospirata da quanti si accostavano al Salvatore, solo se il nostro cuore si aprirà all'amore di Dio. Alla Sua presenza, la comunità dei credenti si sosterrà e aiuterà a portare i fardelli quotidiani dell'uomo. Amen.