Omelia (05-02-2012) |
Giovani Missioitalia |
Tutti ti cercano! Dio si immerge nel mistero della Vita: è la sua scelta di fondo, che lo lega da sempre al cammino dell'umanità. È quanto ci rivela anche la Parola di oggi. Gesù si immerge, anzitutto, nelle relazioni più prossime, di amicizia."Si recò subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei"(Mc 1,29-30). In questa vicinanza semplice e feriale che Gesù ci dona, si apre lo spazio perché la nostra umanità possa emergere. Il Signore entra nel nostro vissuto, diventa uno di casa... con il quale si condividono gli aspetti gioiosi della vita. E davanti al quale non si ha bisogno di nascondere la fatica, la pesantezza, il dolore, la malattia, la rabbia, lo scoraggiamento, le contraddizioni... Il bene che il Signore ci vuole ci rassicura, ci consente di fidarci. Così, quella parte di male che ci abita nel profondo può uscire allo scoperto affinché, piano piano, possa essere purificata, riplasmata... dalla Parola. Come i suoi amici gli hanno subito raccontato della malattia della suocera di Pietro, così occorre che anche noi impariamo a "parlare del nostro male" al Signore... perché è venuto per questo, per sciogliere tutto ciò che ci imprigiona interiormente e rilanciarci in una vita che si scopre vera nel dono. Gesù ci guarisce... non per magia, ma perché è al nostro fianco e non si stanca di tenderci la mano e di risollevarci, ad ogni caduta, liberando la nostra esistenza perché possa esprimersi nel servizio. In secondo luogo, Gesù si immerge nel mistero del male universale: "Venuta la sera, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati, e la città intera era radunata davanti alla porta" (Mc 1,32-33). Impressiona un po' questo assembramento del male intorno a Gesù. E Lui non si sottrae: risana, guarisce, purifica, allontana tutto ciò che distorce la verità dell'uomo... instancabilmente, perché per questo è venuto... non per niente è il Salvatore. È così da sempre ed è così anche oggi. Proviamo a immaginare tutto l'orrore del mondo: l'ingiustizia, l'oppressione, la fame, le malattie, le guerre, la corruzione, il dolore innocente... e Gesù in mezzo, ad assorbire questo veleno per ridonarci vita. Anche a questo livello, però, Gesù non agisce magicamente. La fede ci fa credere in un mondo "in travaglio", sempre in divenire, in trasformazione verso il compimento. E di questo processo fa parte, misteriosamente, anche il dolore... quello legato alle scelte sbagliate della libertà umana ma anche quello che ci toglie la parola, perché non ha spiegazioni accettabili dalla mente dell'uomo. Dentro questa continua genesi, il Signore chiede anche a noi, creature segante dal limite, di esserci, di non sottrarci alla lotta contro il male. Facendo la nostra parte, per quella porzione di male di cui siamo responsabili, e accettando la sfida di "stare in mezzo" alla contraddizione umana. La tradizione della Chiesa chiama questa attitudine intercessione Non si tratta di una devozione pia legata ad una religiosità d'altri tempi. Al contrario, si tratta di assumere la realtà, in tutti i suoi aspetti, di immergersi nel mistero dell'umanità... quindi, per prima cosa, di tenere desto lo sguardo, di sapere, di informarsi, di prendere coscienza del male e di denunciarlo con franchezza. E poi si tratta di affidare al Signore tutto ciò per cui ci sentiamo impotenti, nella certezza che la salvezza viene da Lui. In tutto questo ci è di aiuto la vicenda di Giobbe che incontriamo nella prima lettura. La sua storia ha come tema dominante l'apparenta assurdità della prova e del dolore. È un uomo credente, consapevole delle proprie fragilità. Conosce Dio ma fatica e si arrovella su come conciliare la sua bontà con la presenza del male. È la storia di un uomo sofferente. "Se mi corico dico: quando mi alzerò? Si allungano le ombre e sono stanco di rigirarmi fino all'alba" (Gb 7,4). Il suo cuore è agitato e stanco. Questa situazione sembra farlo restare in un monologo con se stesso. Si lamenta, si commisera, interpreta a modo suo... ma ad un certo punto, forse senza accorgersene, entra in relazione con Dio. "Ricordati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene" (Gb 7,7). Anche nell'angoscia possiamo cogliere la presenza misteriosa di Dio che parla alla nostra vita. Dio ascolta le nostre maldestre parole, le nostre inquietudini, i nostri affanni, ascolta quello che oramai sembra essere senza speranza, soprattutto ascolta la nostra vita... lì dove si trova. Quell'abbozzo di preghiera sta cercando Dio. C'è un luogo dove il Signore desidera condurre tutti coloro che lo cercano. È lo spazio della relazione, è lo spazio del dialogo, è lo spazio della preghiera: stare alla presenza di Dio e consegnare noi, l'altro e il mondo. Per la riflessione:
Il commento è stato realizzato da Anna Maria Merla ed Emanuela Maistrello, missionarie fidei donum della Diocesi di Milano in Cameroun. |