Omelia (05-02-2012)
Ileana Mortari - rito romano
Guarì molti afflitti da malattie e scacciò molti demoni

Subito dopo l'annuncio del Regno (Mc.1,14-15) e la chiamata dei primi discepoli (Mc.1,16-20), l'evangelista Marco descrive una "giornata-tipo" di Gesù ambientata a Cafarnao (Mc.1,21-34), fiorente e popolosa cittadina di commercianti, contadini e pescatori, situata sulla riva occidentale del lago di Tiberiade, o mare di Galilea.

E' sabato. Gesù entra con i suoi dicepoli nella sinagoga e lì si mette ad insegnare con un'autorità che la gente avverte subito come assolutamente nuova rispetto a quella degli scribi; quindi libera un indemoniato e poi si reca nella casa di Pietro, verosimilmente per il pranzo. Qui guarisce la suocera del discepolo, affetta da febbre; giunta la sera, accoglie davanti alla porta di casa molti malati e indemoniati che ancora egli guarisce e il mattino dopo, prestissimo, si ritira in un luogo deserto per pregare.

In questa giornata-tipo noi vediamo le principali e abituali azioni di Gesù nell'esercizio della sua missione. Anzitutto la preghiera: senza un costante rapporto con il Padre, per Gesù non è nemmeno possibile agire, perché Egli fa tutto in obbedienza a Lui, col quale è una sola cosa.

In secondo luogo, la predicazione, alla quale fa riferimento negli ultimi versetti del brano: "Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!" (v.38)

La terza azione abituale del Nazareno è la lotta contro il male. Gesù manifesta una grande misericordia, cioè una viva "com-passione", compartecipazione al dolore altrui e manifesta la sua potenza inedita di Liberatore, dimostrando di essere proprio quel Messia, annunciato dai profeti, che avrebbe operato una liberazione definitiva.

Marco sottolinea il gran numero di malati e indemoniati che accorre a Lui e la straordinaria fama che subito si diffonde: "Tutti ti cercano!" (v.37)

Viene spontaneo interrogarsi sulla realtà di liberazione definitiva portata da Gesù: in che cosa consiste? Perché, già che c'era, Egli non ha eliminato durante la sua missione terrena tutte le forme di male e di malattia? perché non ha inaugurato un tempo di assoluta pace e armonia, insomma una sorta di "Paradiso terrestre" in terra?

Se Gesù non ha guarito tutti i malati, né liberato tutti gli ossessi, è perché non era questo lo scopo della missione affidatagli dal Padre; purtroppo, dopo oltre duemila anni, queste realtà sono tuttora presenti e le guarigioni miracolose sono un'eccezione.

Eppure la liberazione portata da Gesù è davvero definitiva; non però nel senso fisico e materiale, dal momento che anche le guarigioni erano relative e provvisorie: i guariti sarebbero poi anch'essi morti e la loro vita eterna sarebbe dipesa esclusivamente dal grado di interiorità raggiunto.

Gesù, pur avendo compassione della sofferenza e del dolore delle persone, era più preoccupato della loro libertà e dell'autenticità della loro vita di fede.
Più che a raggiungere il benessere fisico, il Nazareno dava importanza al fatto che gli uomini imparassero ad amare, a perdonare, a pregare, a non disperdere il loro cuore nelle cose, ma a porlo al centro dell'esistenza, alimentando quella dimensione interiore dell'essere, che l'evangelista Giovanni chiama "vita eterna".

Dunque il Signore è venuto a liberare soprattutto dal male interiore (il male del cuore), a farci passare dalla signoria di Satana a quella del Regno di Dio; è venuto a donarci la possibilità di vivere in pienezza e con un senso la nostra vita, in qualsiasi condizione fisica ci si trovi. E questo suo obiettivo ha una dimensione veramente universale: è un tipo di liberazione indirizzata ad ogni uomo e donna di tutti i tempi, non un fatto emblematico, ma circoscritto, come la guarigione fisica.

A questo livello allora anche la sua "compassione" è universale; nessuna sofferenza, difficoltà, paura è un ostacolo tra noi e Lui, anzi tutto deve portarci a cercarlo, ad avvertire la sua "misericordia", a sperimentare la sua liberazione. Egli ha preso su di sé la nostra natura umana, non solo, ma anche le nostre sofferenze, le nostre prove, persino la nostra morte, per aiutarci così come siamo e renderci partecipi del suo mistero pasquale, di morte e resurrezione a nuova vita.

Allora ci rendiamo conto che è giusto, doveroso e opportuno pregare il Signore perché guarisca un ammalato grave; ma, se questo non avviene, sappiamo che comunque il Cristo compassionevole viene in soccorso del sofferente, magari aiutandolo a sopportare meglio la sua sventura, facendogli sperimentare amore e solidarietà da parte dei fratelli, suggerendogli come "farsi una ragione" del suo stato.

Quello che è certo è che non abbiamo più ragione di temere il male radicale, opera di Satana, perché il demonio è stato definitivamente vinto da Gesù, come ben si vede da vari passi evangelici (Mc.1,24; 5,7; 9,25 e paralleli), anche se purtroppo gli è concesso di imperversare ancora sul genere umano, e tuttavia per un tempo ben definito, e dunque con un termine.

E' quello che ci viene rivelato nel libro dell'Apocalisse, al cap.12, vv.10-17: " - Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, poiché è stato precipitato l'accusatore dei nostri fratelli (cioè Satana)............Ma guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è precipitato sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo -.....Allora il drago (cioè Satana) se ne andò a far guerra contro il resto della sua discendenza (cioè l'umanità), contro quelli che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù".

Concludendo, possiamo allora affermare che, delle varie azioni compiute da Gesù, certamente quella della predicazione riveste un'importanza fondamentale, tant'è vero che il primo e prioritario suo invito è: "Convertitevi e credete al vangelo" Mc.1,15), cioè: "cambiate vita, affidatevi alla Parola che Io predico, accettate di seguire le mie orme, invocate il mio aiuto, così che Io possa liberarvi dal male radicale e dal regno delle tenebre".