Omelia (14-12-2003) |
don Romeo Maggioni |
Viene uno che è più forte di me - 3 dom. rito romano ~ 5 dom. rito ambrosiano "Gioisci, esulta, rallegrati con tutto il cuore...", così inizia oggi la Parola di Dio. Più s'avvicina il Natale, più un cuore attento alla visita di Dio ne coglie la grandezza e vibra in una attesa che pregusta il dono di salvezza. "Non temere, non lasciarti cadere le braccia. Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente: ti rinnoverà col suo amore" (I lett.). L'attesa si traduce in preparazione, in voglia concreta di aprirsi al Salvatore e di corrispondervi. Nasce spontanea la domanda: "Che cosa dobbiamo fare?". E' Giovanni Battista a guidarci in questa attesa, così come lui ha preparato le folle ad accogliere il Messia sulle rive del Giordano. 1) CHE COSA DOBBIAMO FARE? Giovanni aveva proclamato: "Preparate la via del Signore", ed ecco spuntare tra la folla gente sempre più numerosa che vuol fare qualcosa per cambiare vita: "Che cosa dobbiamo fare?". Anzi - sorprendentemente - vengono avanti due categorie di persone che a giudizio comune erano i più inconvertibili e i più odiati: gli esattori delle tasse e la truppa militare poliziesca dell'occupante romano. A dire che non c'è situazione spirituale che non possa essere redenta, non c'è individuo che non possa non riscattarsi e aprirsi a Dio. Anzi, proprio là dove meno ci si aspetta, lavora la grazia di Cristo. L'invito di Giovanni è anzitutto a compiere opere buone, a vivere la carità, "che copre molti peccati" (1Pt 4,8). "Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto". Le opere di bene, fatte con cuore sincero e generoso, sono la premessa migliore per giungere alla fede, la forma di preparazione più efficace per giungere alla conversione. Appunto perché convertirsi è distaccarsi dalle cose per attaccarsi a Dio. Quando Zaccheo si convertì - racconta sempre Luca - diede la metà dei suoi beni ai poveri e restituì quattro volte tanto a chi ne era stato defraudato (Lc 19,1-10). Non è che questo primo passo della conversione convenga un poco anche a noi? Se non altro è il segno che abbiamo superato la soglia delle velleità, per intraprendere passi concreti e verificabili. La conversione, poi, deve penetrare nella vita quotidiana, nelle pieghe del proprio stato di vita e condizione sociale. Perché alla fine è lì che si gioca, ogni giorno, la nostra fedeltà o meno al vangelo. Ai pubblicani, tentati di rubare nella riscossione delle tasse date loro in appalto, Giovanni risponde: "Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato"; ai soldati, tentati di usare violenza e prepotenza, dice: "Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno". E a te, professionista, e a te, imprenditore, e a te, operaio o casalinga..., cosa chiede il Signore perché ti abbia a convertire, cosa c'è da cambiare e registrare nella tua vita morale quotidiana e professionale? 2) IL POPOLO ERA IN ATTESA Ma non è tutto. Si dice che "il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo". Al di là della pur necessaria pulizia morale, al di là del nostro sforzo di buona volontà, sentiamo che manca qualcosa, intuiamo che la salvezza piena non è da noi, ma dall'alto, da Dio, e ne attendiamo un gesto e un intervento. Giovanni ora risponde proprio a questo: c'è un Salvatore, è qui il Messia atteso: "Viene uno che è più forte di me, al quale io non sono degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali". Con intuizione profetica Giovanni ha letto nel cuore dell'uomo un bisogno ben più grande della giustizia e della solidarietà, il bisogno di Dio, e a tale bisogno ora indirizza il cuore di quella gente. Il suo battesimo d'acqua era segno soggettivo della conversione umana; il battesimo invece che darà Gesù sarà "in Spirito santo e fuoco", sarà opera di Dio, sarà l'essere immersi nella iniziativa salvifica di Dio che purifica col fuoco e immette nel giro della intimità divina, dando appunto lo Spirito santo. E' l'agire salvifico di Dio ora a prevalere, che supera in frutti ed efficacia ogni aspettativa umana. Quando anche noi saremo decisi ad una conversione che giunga al sacramento (la Confessione è appunto il secondo Battesimo), ci imbatteremo in qualcosa di più del risultato del nostro sforzo, perché lì incontreremo la grazia dello Spirito santo che esalta e invera la nostra fragile volontà di conversione, e al tempo stesso il perdono e la misericordia di Dio. L'opera di Dio ha come risultato un giudizio, il far chiarezza tra bene e male. "Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà nel fuoco inestinguibile". Non è tutto indifferente, non è tutto ineluttabile o a caso, non è tutto soggettivo in questo mondo. Bene e male sono qualcosa di preciso, un metro di misurazione c'è, e gli sbocchi sono diversi: il granaio di Dio o il fuoco inestinguibile. E' troppo necessario anche oggi avere punti precisi di riferimento, uno zoccolo sicuro sul quale fondare la nostra voglia di bene. Il Gesù che nasce a Natale è colui che ha dichiarato: "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14,6). "Il Signore è vicino - si dice san Paolo -, perciò rallegratevi nel Signore, non angustiatevi in nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste" (II lett.). La gioia del cristiano è quella serenità interiore che deriva dalla fiducia in un Dio conosciuto e sentito come salvatore, fedele e misericordioso. Dio ha promesso, e mantiene. Dio si è impegnato in nostro favore e ci salva: "Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?" (Rm 8,31). Una "spia" vistosa di un'anima credente è la gioia interiore. |