Omelia (12-02-2012)
Marco Pedron
Chi conosce Dio non teme nessuno

Il vangelo di oggi ci presenta un lebbroso (Mc 1,40). Chi sia questa persona non si sa. Quando nei vangeli trovate una persona anonima vuol dire che l'evangelista non vuole indicare tanto un episodio storico, avvenuto duemila anni fa, quanto un profondo insegnamento per la comunità cristiana.
Il personaggio senza nome, anonimo, è per così dire un personaggio rappresentativo. Rappresentativo di chi? Di che cosa? Di tutte quelle persone che in ogni tempo e in ogni luogo si trovano nella sua stessa situazione.

Dobbiamo chiederci: ma cosa voleva dire, a quel tempo, avere la lebbra? La lebbra non era considerata una malattia, ma una terribile punizione scagliata da Dio per i peccati dell'individuo. Il lebbroso era considerato un maledetto, un cadavere vivente. La lebbra nel libro di Giobbe è chiamata: "Il figlio primogenito della morte" (Gb 18,13).
La lebbra quindi non era una malattia come le altre, ma un castigo di Dio. Per questo il lebbroso non poteva stare in paese ma doveva starsene appartato, emarginato dalla società. E quando qualcuno gli si avvicinava o lui passava vicino a qualcuno doveva urlare: "Sono immondo, sono maledetto da Dio, stai lontano da me, non mi toccare!". Lv 13,45 dice chiaramente: "Il lebbroso colpito dalla lebbra porterà vesti strappate e il capo scoperto, si coprirà la barba e andrà gridando: Immondo! Immondo!".
E proprio perché i lebbrosi erano ritenuti persone impure, la guarigione dalla lebbra era considerata un avvenimento impossibile o straordinario. Solo Dio poteva far guarire dalla lebbra. E nell'A.T. lo aveva fatto solo due volte.
La prima volta fu con Maria, sorella di Mosé, che, malata di prestigio e di carriera, si era permessa di criticare suo fratello (Mosé). E per questo fu colpita da Dio con la lebbra. Dio stesso dopo sette giorni, per intercessione di Aronne e di Mosè, la guarì (Nm 12,4-16).
L'altra volta fu con Naaman il Siro. Questo Naaman il Siro era il prode capo dell'esercito Arameo e il Signore aveva concesso la vittoria agli Aramei proprio grazie a lui. Solo che era lebbroso. Il profeta Eliseo lo mandò a bagnarsi sette volte nel Giordano e Naaman il Siro (dopo qualche perplessità) guarì. (2 Re 5,127).
Naaman è capo dell'esercito di Siria (quindi un uomo veramente potente). Quando bussa alla porta di Eliseo dicendo: "Esci, toccami e guariscimi", Eliseo gli risponde: "Tu sei matto, io non esco; guarda, là c'è un fiume, vatti a lavare". Naaman allora si arrabbia, è sdegnato e inviperito: "Ma senti, credi che in Siria non ci siano fiumi e che debba venire a lavarmi qui?". Ma Eliseo è un uomo di Dio e rispetta la legge, e la legge di Dio impedisce di toccare un lebbroso (se uno toccava un uomo impuro, automaticamente diventava a sua volta impuro). E lui non solo non lo tocca ma neppure vuole vederlo, per sicurezza! Eliseo gli dice: "Ti ho detto che io non esco". E l'altro minaccia di tagliargli la testa, ma Eliseo non cambia idea neppure di fronte alle minacce. Eliseo, il grande profeta, non uscirà neppure a vederlo. Il profeta Gesù, però, non farà così (Mc 1,41).
Inoltre dobbiamo ricordarci che per lebbra a quel tempo non si intendeva solo il Morbo di Hansen (quella che noi chiamiamo oggi lebbra), ma ogni affezione del cuoio capelluto (alopecia, forfora, psoriasi, ecc.) e ogni problema all'epidermide (eczema, dermatite, ecc.). Essere lebbrosi, a quel tempo, voleva dire essere dei morti viventi, emarginati, soli e maledetti da Dio e dagli uomini. Era, insomma, l'anticamera della morte e della morte con disonore.
L'unico che poteva guarire dalla lebbra era Dio. Solo che i lebbrosi non potevano entrare nel tempio di Gerusalemme perché erano impuri (2 Cr 23,6). Quindi: "Sono impuro; l'unico che mi può guarire è Dio; ma non posso rivolgermi a Dio perché sono impuro". E' una situazione senza speranza.

E cosa fa il lebbroso? Trasgredisce! Fa qualcosa che non avrebbe dovuto fare! Infatti si avvicina a Gesù (Mc 1,40). E come gli passa per la testa questa cosa impensabile?
Si vede che deve aver già sentito predicare Gesù (Mc 1,32-39). Per questo gli viene in mente di fare questa cosa che non si poteva assolutamente fare. Gesù diceva: "Il Regno di Dio (Dio stesso) è per voi". Allora questo uomo trova in Gesù una speranza che prima neppure immaginava. E va da lui.

Quando arriva si mette in ginocchio (Mc 1,40). Perché? 1. Anche se lo aveva sentito parlare, sa bene che ciò che fa è ardito, irreligioso e non sa che reazione può avere Gesù.
2. Si inginocchia perché solamente Dio poteva guarire dalla lebbra (e in Gesù Dio c'è). Infatti gli chiede: "Se vuoi puoi guarirmi" (Mc 1,40).

Il vangelo dice che Gesù fu mosso a compassione. Il verbo splnchnizomai (è il verbo del buon samaritano di fronte all'uomo mezzo morto (Lc 10,33); del padre quando vede arrivare il figliol prodigo (Lc 15,20); di Gesù di fronte alla morte del figlio della vedova di Nain (Lc 7,13)) è il verbo di Dio. Gli uomini possono avere misericordia ma Dio, e solo lui, ha compassione. Il verbo indica il restituire vita. Splanchnon sono le viscere della madre, l'utero. E' quell'amore viscerale di Dio che ti fa rinascere (a quel tempo si pensava che l'amore e la pietà venissero dalle viscere).
E perché ti fa rinascere? Perché ti accetta incondizionatamente. Ti accetta, cioè, per quello che sei: non si arrabbia, non si indigna, non ti caccia, non ti allontana, non ti scomunica, non ti rimprovera, ma ti ama per quello che sei e quest'amore, gratuito e immeritato, ti fa nuovo.

Poi Gesù stende la mano (Mc 1,41). Che bisogno c'era di stendere la mano? Un sacco di volte Gesù guarisce semplicemente dicendo una parola. Qui no, qui deve toccarlo. Ma perché?
Vi fa venire in mente nessun'altra mano stesa? In Es 3,20 Dio dice a Mosé: "Stenderò la mano e colpirò l'Egitto": sono le dieci piaghe d'Egitto.
E quando Mosè ristende la mano dopo che gli ebrei hanno già passato il Mar Rosso, tutti gli egiziani vengono colpiti con la morte (cavalli, cavalieri, ecc: e non ne scampò uno! Es 15,26-28).
La mano di Dio nell'A.T. era la punizione di Dio. Questa cosa c'è rimasta anche a noi perché quando diciamo: "La giustizia di Dio... se c'è un Dio giusto..." e pensiamo che Dio farà giustizia proprio così.
Il Dio di Gesù (la compassione), vuol dire Mc, non è il Dio dell'A.T. (la punizione).

Non solo: Gesù lo tocca anche (Mc 1,41). Non solo il lebbroso aveva trasgredito; adesso lo fa anche Gesù.
L'A.T. era chiaro: "Se tocchi un lebbroso ti contamini anche tu" (Lv 22,4), vedi Eliseo! Ma Gesù se ne infischia di tutto ciò e tocca il lebbroso. Non c'è più nulla di impuro.
E poi gli dice: "Lo voglio, guarisci" (Mc 1,41). E l'uomo guarisce.
Così diceva la religione del tempo: "Se vuoi avvicinarti a Dio devi essere puro". Gesù no.
Cos'ha fatto questo lebbroso per cui Gesù lo accolga? Niente! L'amore di Gesù non è un merito ma un dono. Gesù vede che l'uomo ha bisogno, si avvicina e toccandolo lo rende puro, degno di esistere e di esserci. Gesù non dice: "Prima ti converti, prima cambi vita e poi io ti amo". Ma: "Io ti amo. Se poi tu, sentendo quest'amore viscerale che ti tocca dentro, vuoi cambiare, tanto meglio".

Poi il vangelo dice: "ammonendolo severamente" (Mc 1,43). Letteralmente: "Lo ammonì severamente". Ma lo ha ammonito di cosa? Perché è così se fino ad un attimo prima era cordiale, premuroso e buono? Il testo dice: "Lo rimandò", letteralmente però è "lo cacciò fuori" (Mc 1,43): ma cacciò fuori da cosa? Dalla sua convinzione di essere indegno, maledetto e non amato da Dio.
Cos'ha creduto infatti quest'uomo? Quest'uomo ha aderito a quello che diceva la legge religiosa e ha creduto anche lui che Dio lo rifiutasse, di essere indegno dell'amore di Dio. Allora Gesù gli dice: "Ma come hai potuto credere a questo?". Immaginiamo il lebbroso: "Guarda che io vivo in una situazione di peccato; guarda che io sono escluso dai sacramenti; guarda che io non posso fare la comunione; guarda che io l'ho combinata grossa!". "D'accordo, non metto in dubbio tutto questo, ma come puoi pensare che Dio non ti ami o che ti ami meno?".
Non c'è peccato, colpa, condizione, che possa escluderci dall'amore di Dio. 1 Gv 3,20: "Anche se il nostro cuore ci rimprovera Dio è più grande del nostro cuore".
Le religioni ti rifiutano (a volte), Dio no.

Gesù lo caccia fuori dalla sua convinzione di essere "non in grazia". Cioè: Gesù lo sottrae dal potere dell'istituzione religiosa. La religione diceva: "Se vuoi essere in grazia, devi essere/fare così!". Ma Gesù: "No, non è così. Io ti guarisco ma se tu continui a pensare come prima (cioè: solo chi è puro è amato da Dio, come dice la religione), allora non serve a niente!".
Infatti in Gv 5,1-17 c'è un episodio meraviglioso. C'è un uomo infermo (il cieco di Betzaetà) che quando arriva Gesù inizia a dire: "Io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita". Si pensava infatti che l'acqua "agitata" fosse miracolosa. Il cieco è ancora sotto il potere della religione: "Se entro nell'acqua sono guarito". Ma poiché nessuno mi porta non riesco mai a guarire.
Allora Gesù gli dice: "Alzati prendi il tuo lettuccio e cammina". E l'uomo si alza, prende il suo lettuccio e comincia a camminare. Ma non entra in piscina. Guarisce sì, ma non perché entra in piscina! Il suo peccato quindi è stato quello di credere che sarebbe stata quell'acqua benedetta, quella religione, a farlo guarire, che senza quello non avrebbe potuto.
E quando poi Gesù lo incontra gli dice: "Sei guarito: guarda di non peccare più perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio" (Gv 5,14). Qual è il peccato che ha fatto e che non deve rifare? Proprio questo: di credere a quella religione che gli dice che solo quell'acqua lo farà guarire, che solo se è puro Dio lo vuole, che solo facendo certe cose Dio lo accetterà. Capite!
Se conoscete Dio non vi fate schiavizzare né impaurire più da nessuna ideologia. Perché Lui è Amore.

Poi Gesù gli dice: "Va', presentati al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro" (Mc 1,44).
Cosa accadeva? Se uno guariva (ogni tanto accadeva visto che con "lebbra" si comprendevano anche dermatiti, eczema, ecc.) doveva andare all'ufficio igiene del tempo che era tenuto dai sacerdoti, i quali ti esaminavano per verificare la guarigione. Se era avvenuta, tu dovevi offrire tre agnelli (uno se eri povero) e ti veniva dato il certificato: "Puoi tornare a casa!" (Lv 14,1-32).
La traduzione "eis martyrion autois" (="a testimonianza per loro" e qui non capiamo se è una testimonianza positiva o negativa) la ritroviamo ad esempio in Mt 23,31. Lì è una testimonianza chiaramente negativa (è la testimonianza negativa dei farisei e scribi che portano fiori sulle tombe di quei profeti che hanno ucciso).
Allora qui la testimonianza è contro i sacerdoti, ha un senso negativo. Ma quale? Mentre per la Legge e per l'A.T. per essere guarito dovevi pagare (tre agnelli e varie altre cose Lv 14), Gesù ti libera gratuitamente. I sacerdoti vogliono essere pagati, Gesù no. Tu vai dai sacerdoti e guarda cosa loro ti chiedono (penitenze, preghiere, ecc.) e guarda cosa ti chiede Dio: niente! Tu non devi offrire niente a Dio: è Dio che si offre a te.

"E quegli allontanatosi" (Mc 1,45), ma letteralmente è: "uscito". Ma uscito da dove? Mica era dentro qualcosa!
E, invece sì! Era dentro alle regole della religione: "Se sei puro Dio ti vuole; se vuoi essere accettato da Dio tu devi offrire/fare qualcosa". Ma adesso l'uomo è libero: "Io non ci casco più. Ho conosciuto chi è Dio e adesso voi non mi fregate più!".

E, colpo di scena: che fa l'ex-lebbroso? Si mette "a predicare" (kerysso=il kerygma; Mc 1,45). De Andrè cantava: "Dal letame nascono i fiori". Sì l'amore è capace di questo. Il primo annunciatore in Mc è questo lebbroso: "Io ero fuori. Lui mi ha guarito ma soprattutto mi ha fatto vedere chi è Dio. Dio è libertà, è vita, è gioia, è amore. E io lo dico a tutti, perché tutti possano vivere e respirare ciò che io ho vissuto e respirato". E l'uomo non fa nient'altro che annunciare ciò che lui ha vissuto.
Se conosci il Dio di Gesù, annunci il Dio di Gesù. Se conosci solo il Dio della Legge, annunci quello. Se conosci il Dio della paura, annunci quello. Se conosci il Dio della schiavitù, annunci quello. Ognuno annuncia il Dio che conosce.
Goldstein era un ebreo sopravissuto ai pogrom in Polonia, ai campi di concentramento nazisti e a dozzine di altre persecuzioni nei confronti degli ebrei. Un giorno novantaduenne disse al Signore: "Oh Signore, non è forse vero che siamo il tuo popolo eletto?". E Dio gli rispose: "Sì, Goldstein, gli ebrei sono il mio popolo eletto". "Beh, Signore, non sarebbe ora che di popolo te ne scegliessi un altro?".

E guardate come finisce il testo: "Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città" (Mc 1,45) ed è costretto a starsene fuori, nei luoghi deserti. Perché? Perché toccando un lebbroso si è reso impuro.
Vedete: il lebbroso è tornato a "vederci", si è liberato dalle regole religiose. Ma quanti, invece, erano così ciechi, così sottomessi alle regole religiose da impedire perfino a Gesù di entrare nelle città!

Cosa dice a me questo vangelo? 1. "Vuoi guarire? Lo vuoi veramente? Sei sicuro?". Il lebbroso chiede a Gesù: "Se vuoi tu puoi guarirmi". Come a dire: la guarigione dipende da te. Ma subito dopo averlo guarito Gesù lo riprende: "Perché tu non credevi di non poter guarire?".
Al cieco di Betzaetà Gesù chiederà: "Vuoi guarire?" (Gv 5,6). Ma come, sono cieco e mi chiedi se voglio guarire? Cioè: "Sei disposto a fare tutto ciò che è necessario per guarire? Sei disposto ad accettare le conseguenze della tua guarigione?".
Una donna ha sposato un uomo che non amava (era così caratterialmente debole e fragile che l'unico modo per sottrarsi da casa era fare così). C'è rimasta insieme vent'anni e c'ha fatto vari figli: ma dentro è morta. "Vuoi guarire?". Guarire vuol dire per lei lasciare quell'uomo. Da una parte è credente, ha un matrimonio e dei figli; dall'altra però vorrebbe sentire la vita. Che si fa? Vuoi guarire? Sei disposto ad accettare le conseguenze, le implicanze di ciò che vuole dire guarire?
Un uomo è depresso. I suoi amici gli dicono: "Fatti aiutare; vai in terapia". Ma lui dice: "Non mi serve a niente!". Forse! "Vuoi guarire?". "Io sì che lo voglio", dice Dio, "ma tu?".
Una madre: "Mia figlia è sempre scontenta". E' l'unica figlia che ha: per lei lava, stira, le fa tutto. "Vuoi guarire?". Il terapeuta le ha detto: "Lasciala andare, se la ami!". "E io? Chi penserà a me?". "Vuoi guarire?". "Sei disposto a fare tutto ciò che c'è da fare?".
Un uomo ha sviluppato un cancro ai testicoli qualche mese dopo che suo figlio di ventitre anni è morto. Il suo psicologo gli ha detto: "Se lei non piange, se non lei non lo lascia andare (suo figlio), andrà anche lei con suo figlio (morirà)!". Certo, difficile, difficilissimo, ma la domanda è sempre la stessa: "Vuoi guarire?". Cioè: "Sei disposto a fare tutto ciò che c'è da fare, ad operare tutti i cambiamenti necessari per poter guarire?". "Io sì", dice Dio: "E tu?".
Nel 1964, Norman Cousins si ammalò. Diagnosi: forma grave di artrite che colpisce i tessuti connettivi. Possibilità di sopravvivere 1 su 500, subendo in ogni caso devastazione fisica e progressiva immobilizzazione. Tutti i medici: "Non c'è nulla da fare, si prepari al peggio". Allora si disse: "Norman vuoi guarire? Sei disposto a tutto?". "Sì lo voglio. A qualunque prezzo". Cambiò radicalmente la sua vita (si disse: "Se vivere così mi fa paralizza dovrò fare tutto diversamente!)... iniziò a coltivare emozioni positive (amore, speranza, fiducia in sé, ecc.)... e la terapia del sorriso: ogni giorno dosi di film che lo facevano ridere e soprattutto la fede. Otto giorni dopo il suo medico, incredulo, notò miglioramenti e quattro mesi dopo, inspiegabilmente (per chi non ha fede) era tornato a pieno regime di lavoro. E' morto nel 1990!

Poi questo vangelo mi dice: "Qualunque lebbra io abbia, Dio mi vuole lo stesso". Dentro di me c'è il lebbroso, ci sono i sacerdoti (la religione che condanna, giudica e castiga), ma c'è anche per fortuna Gesù.
Una donna anni fa ha abortito: si sente uno schifo (lebbrosa). I sacerdoti le dicono: "Vergognati! Guarda cos'hai fatto? Imperdonabile!". Se ascolta solo loro vivrà per sempre nel senso di colpa. Ma c'è anche Gesù: "Io ti amo per quello che sei, anche con quello che hai fatto. Vieni a ricevere il mio abbraccio. Ti amo come prima e più di prima. Lascia che il mio amore ti incontri".
I figli di un uomo, dopo che se ne è andato da casa (si è separato dalla moglie), hanno sofferto molto. Lui si sente lebbroso: "Guarda cos'ho fatto! Guarda come li ho fatti soffrire!". Se ascolta solo i sacerdoti, le regole, non ha scampo: "Ma come fa un padre a fare così! Non pensi a quanto soffrono e hanno sofferto". Se ascolta queste voci non potrà più vivere sereno. Ma c'è anche Gesù: "Lo voglio, guarisci. Metti a tacere queste voci. Basta. Io ti amo lo stesso, anche se è successo questo. Non sei meno degno ai miei occhi. Lasciati amare da me".
Quando mi sento lebbroso, indegno, peccatore, nessuna paura: Dio mi ama lo stesso.
Risveglia l'Amore (Dio) che c'è in te e lascia che ti abbracci così per quello che sei.

In una fredda notte un asceta errante trovò riparo nel tempio. Il sacerdote non voleva farlo entrare, ma il poveraccio se ne stava mezzo congelato lì sulla neve. Allora lo fece entrare nel tempio: "Solo per questa notte!". Nel cuore della notte il sacerdote sentì uno scoppiettio: scese dal letto e andò a vedere. Rimase costernato: l'asceta aveva bruciato la statua in legno del Buddha per scaldarsi. Il sacerdote andò su tutte le furie: "Ma cos'hai fatto? Quella era la statua del Buddha". Andò su tutte le furie, ma ormai... Comunque prese l'asceta e lo cacciò fuori al freddo gelido. Andò a letto con una rabbia tremenda: "Guarda te, tu fai il bene e poi ne ottieni questo". Finché dormiva gli apparve il Buddha. Era molto arrabbiato. "Hai ragione Buddha ad essere arrabbiato per ciò che è successo - disse il sacerdote - non avrei mai pensato che quell'uomo potesse fare questo". Il Buddha: "Non sono mica arrabbiato per questo; sono arrabbiato perché hai attribuito più valore a un pezzo di legno che a me. Ero io quell'uomo!".


Pensiero della settimana

Tetsugen (maestro giapponese zen vissuto nel 1600) decise di pubblicare i sutra (breve frasi, aforismi, che esprimono concetti filosofici), che a quel tempo erano disponibili solo in cinese.
I libri dovevano essere stampati con blocchi di legno in un'edizione di settemila copie, un'impresa enorme.
Tetsugen iniziò viaggiando e raccogliendo donazioni per questo scopo. Alcuni pochi simpatizzanti gli diedero un centinaio di pezzi d'oro, ma per la maggior parte ricevette solo piccole monete.
Tetsungen ringraziava ciascun donatore con gratitudine pari. Dopo dieci anni Tetsugen aveva abbastanza soldi per iniziare il suo compito.
Ma a quel tempo il fiume Uji straripò. Ci fu grande carestia e migliaia di persone rimasero senza cibo e senza riparo.
Allora Tetsugen prese i fondi che aveva raccolto per i libri
e li spese per salvare quella povera gente.
Poi ricominciò la sua opera di raccolta. Passarono diversi anni prima che riuscisse a racimolare di nuovo tutto il denaro. Quando questo avvenne, diversi anni dopo, un'epidemia si diffuse in tutto il paese.
Tetsugen diede via ancora una volta tutto quello che aveva raccolto.
Per la terza volta ricominciò il suo lavoro,
e dopo venti anni il suo desiderio fu esaudito.
I blocchi di stampa che hanno prodotto la prima edizione dei sutra si possono vedere oggi nel monastero di Obaku in Kyoto.
I giapponesi dicono ai loro figli che Tetsugen ha fatto tre serie di sutra,
e che i primi due sono invisibili e di gran lunga superiori alla terza.

L'amore è ben più di una regola religiosa.