Omelia (12-02-2012)
don Roberto Rossi
Gesù è venuto a guarirci tutti nel cuore

La tenerezza, la compassione, la misericordia di Gesù... Un lebbroso, uno dei tanti lebbrosi, che la Legge ebraica obbligava a tenersi a distanza dalle persone sane... Un lebbroso, il cui corpo veniva sfigurato dalla malattia, gli arti ridotti talora a moncherini... Un leb­broso, costretto ad abbandonare la sua famiglia, il suo lavoro, il suo villaggio, e a raggiungere luoghi isolati, assieme a gente colpita dalla sua stessa disgrazia... Un lebbroso, considerato un impuro, un male­detto... Sì, è proprio un lebbroso che si rivolge a Gesù e lo supplica: «Se tu vuoi, puoi purificarmi, puoi guarirmi!".
Gesù prova compassione per la sua sofferenza (ma anche per la sua tristezza, per lo stato di abbandono in cui vive) ed è proprio que­sto sentimento che gli fa compiere il gesto proibito: stende la sua mano e lo tocca. Un gesto del tutto naturale quando il cuore vuole mostrare una vicinanza di affetto: l'amore non si può certo manifestare a di­stanza, irrigiditi dalla paura! Ma anche un gesto rischioso, perché il contagio è possibile, perché la malattia si trasmette... Un gesto sponta­neo e semplici parole: «Lo voglio, guarisci!».
Niente di strano, di fuori del comune. Eppure in quel gesto c'è tutto Gesù, c'è la sua missione, c'è il suo dono. Egli è venuto proprio per questo: per toccarci, per farci percepire da vicino la sua misericordia, la sua bon­tà, la sua grazia. Egli è venuto per condividere i nostri mali, le nostre pene, le nostre ferite. E, per farlo, deve correre dei rischi: il contagio è uno di questi. Ma non è l'unico.
A ben pensarci proprio lui, che ha «toccato» la sofferenza, la ma­lattia, gli handicap di tanta gente, resterà «toccato» dall'odio, dalla cat­tiveria e il suo corpo che ha rialzato, guarito, ridato fiducia e speranza, verrà anch'esso sfigurato dal dolore, dall'angoscia, dalle percosse, dal­l'agonia. In fondo è proprio questa la strada dell'amore: strada quoti­diana, ma costellata da tanti gesti e tante parole di bontà.
Il lebbroso viene guarito ed è invitato al silenzio, perché Gesù non vuol passare per un guaritore. E tuttavia quest'uomo non può tacere. Così proclama e divulga il fatto, lo racconta a tutti quelli che incontra.
Il lebbroso, l'immondo, l'impuro diventa «apostolo». Capiterà qual­cosa di simile anche il giorno di Pasqua quando la prima ad annuncia­re la risurrezione di Gesù sarà proprio Maria di Magdala, la donna a cui Gesù aveva cambiato il cuore dopo un'esistenza travagliata.
E' veramente bello questo Vangelo, che ci mostra un Gesù pieno di compassione verso i nostri drammi. Ma anche consolante per­ché mostra come tutti, proprio tutti, possano diventare annunciatori di Gesù. Non solo quelli che hanno un passato limpido, non solo quelli immuni da sbagli... Se un lebbroso guarito può portare la bella notizia, non c'è nessuno che, dopo esse­re stato sanato da Gesù, possa considerarsi indegno di diventare suo messaggero!
Oggi si celebra la Giornata mondiale del malato. Il S. Padre nel suo messaggio riporta proprio l'esperienza di altri lebbrosi, i dieci che vengono guariti. Uno solo torna a prostrarsi davanti a lui e a ringraziare. Gesù gli dice: "Alzati e và, la tua fede ti ha salvato". Gesù si è chinato così sulle sofferenze materiali e spirituali dell'uomo per guarirle.
Si tratta anche per noi di accostarci a Cristo perché ci guarisca nel cuore e perché ci dia la forza di accostarci con amore ai malati, come ha fatto Lui.