Omelia (22-02-2012)
padre Gian Franco Scarpitta
Prima di tutto, l'umiltà

All'inizio del presente itinerario verso la Quaresima, Benedetto XVI ci propone, nel suo annuale messaggio, una seria riflessione sul "cuore della vita cristiana", cioè la carità. Essa va esercitata premurosamente nei confronti del prossimo bisognoso, richiede generosa disposizione alla concretezza delle opere buone e la premura nei confronti di chi soffre e di chi ha bisogno, senza tuttavia omettere la "carità spirituale". Il papa infatti a ragione sottolinea che il vero atto d'amore consistere nel "prestare attenzione al fratello", quindi nella premurosa disposizione nei suoi confronti che si esplica in senso spirituale oltre che materiale, ad esempio in una parola buona, in un consiglio e non di rado anche nella correzione fraterna, atto premuroso con cui si tende a recuperare con carità chi si trovi nell'errore.
La carità, per ciò stesso, impone uno sguardo primario verso Cristo, che ha amato per primo indistintamente, fino alla morte di croce e che ha servito sempre indistintamente tutti nelle opere di misericordia che attestavano l'amore del Padre, nella servile sottomissione e nell'umiltà che denotavano la grande fede in Dio.
La carità sarà sempre sterile e infruttuosa e non di rado assume anche forme di esibizionismo e di millanteria quando non scaturisce da una profonda attenzione verso l'altro considerato innanzitutto come fratello o come un altro me stesso; essa non sarà mai duratura ed effettiva se non si radica nell'accoglienza dell'altro e se non omette di ogni sorta di preferenza e di discriminazione che non siano a vantaggio dei sofferenti e dei veri bisognosi.
Ma quali sono le condizioni affinché la carità manifesti tutte queste prerogative esaltanti?
Il Vangelo di oggi, che inaugura liturgicamente l'inizio di un percorso di rinnovamento spirituale che interessa l'interiorità del singolo e l'intera comunità ecclesiale, ci offre una risposta condensata e riassuntiva: "Non sappia la tua sinistra quello che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà."
La metafora esprime che è necessaria l'umiltà e la fuga dalla vanagloria. Praticare la carità gonfi di presunzione e di vano orgoglio non fa altro che rendere ridicoli, poiché dimostra l'inutilità stessa delle nostre presunte opere di bene. Inutilità in tal modo palesata sia davanti a Dio sia davanti agli uomini, per il semplice fatto che non vi è difficoltà alcuna a fare il bene quando questo non ci costa nulla e non ottiene certo dei meriti il compiere delle buone azioni al solo scopo di ottenere il plauso e l'approvazione di chi ci sta osservando. In casi come questi si è capaci di buone azioni che sapremo fare solo in quella circostanza, ma che non saremo in grado di ripetere in futuro, con la conseguenza di sterile falsità e ipocrisia da parte nostra. Quando si esercita l'amore ravvivati da una profonda umiltà e da una vera disposizione di cuore, la nostra trasparenza sarà indubbia e la sincerità con cui si a il bene sarà di edificazione agli altri. La carità deriva infatti da uno sprone che può darci solamente un cuore puro e uno spirito ben disposto, riceve la spinta iniziale dall'umiltà e nella fede trova la sua continua forza di inerzia.
E' infatti la fede, cioè il costante riferimento vitale a Dio e la nostra continua adesione a Lui, la realtà che sottende alla carità, perché questa non sia mera filantropia ed esibizionismo.
Ed è per questo che ci si propone a partire da oggi un percorso spirituale che ci conduca a recuperare e ad alimentare in noi fede e carità nell'umiltà di cuore e questo percorso si chiama conversione, penitenza definito anche Quaresima perché liturgicamente composto dei 40 giorni che precedono la Pasqua.
In queste settimane privilegiate che ci attendono saremo condotti all'esercizio dell'umiltà perché saremo spronati a guardare a Dio che da parte sua non cessa di chiamarci a conversione e ad instaurare una relazione di amore con noi nel suo Figlio Gesù Cristo. Corrisponderemo all'appello di Dio che ci invita alla comunione con sé radunandoci nel suo Figlio Gesù e rendendoci consapevoli di essere sempre amati e prediletti nonostante le deficienze di cui è causa il nostro peccato. L'umiltà consisterà nel riconoscerci effettivamente bisognosi di questa comunione con Cristo e di saperci insufficienti e privi di orientamento quando essa venga a mancare; essa è la risorsa privilegiata che ci pone sempre di fronte al nostro peccato, ravvivando in noi la coscienza di manchevolezza verso Dio che rovina peraltro noi stessi e la nostra convivenza. L'umiltà cancella l'orgoglio e la presunzione aprendo le porte al dono della fede, che in essa viene coltivato, approfondito e alimentato e la fede non potrà che condurre al "prestare attenzione" al fratello, concependo così la carità sincera, disinvolta e disinteressata.
Com'è importante la conversione nel nostro cammino cristiano!
Appunto perché è il fondamento della fede e della radicalità in Cristo, essa dovrebbe caratterizzare la vita cristiana per intero e non limitarsi al solo tempo liturgico della Quaresima. Convertirci a Dio è un monito divino costante che corrisponde ad una nostra necessità obiettiva, al bisogno di rinnovamento inesauribile. Non possiamo considerare la fede e la carità come cose che abbiamo raccolto fra le tante e che abbiamo messo in tasca, delle quali servirci come utensili al momento del bisogno. Esse costituiscono un tutt'uno con la nostra vita, caratterizzano la nostra identità cristiana e ci affermano costantemente come uomini nel mondo e non possono che essere assunti come elementi vitali, da coltivare con rinnovato impegno e interesse ed è per questo che è necessario un costante e radicale indirizzo di conversione. Ritornare a Dio presuppone di non essere mai arrivati e quando si presume di essere arrivati, in realtà si è al punto di partenza.

In queste settimane che andiamo ad intraprendere la conversione sarà un processo che si qualifica come il riflesso dell'intero itinerario cristiano, ma che disporrà, in questi giorni che ci preparano alla gioia pasquale di coefficienti efficaci come la preghiera, il digiuno e le opere di carità. Ciascuno di essi ha importanza in se stesso, ma non è possibile viverli o concepirli ciascuno indipendentemente dagli altri.
Il gesto inaugurale con cui saremo cosparsi di ceneri sul capo sottende all'umiltà, dalla quale ha tutto inizio e ci rammenterà che proprio la nostra condizione di nullità e di deperimento personale davanti a Dio impone che ci convertiamo mutando radicalmente il pensare, il vivere e l'operare.
La preghiera esprime la relazione dialogica con Dio ed esterna la fiducia che nutriamo nei suoi confronti, l'apertura a Lui che ci ha mostrato amore e misericordia indiscussa e disinvolta. il digiuno, osservato secondo le indicazioni della Chiesa in realtà per niente gravose e debilitanti, sottende alla liberazione dalle futilità terrene, dal vizio e dalle vanità perché lo spirito possa elevarsi ai vertici della comunione con il Signore e questa possa restare sempre consolidata. L'obiettivo finale è tuttavia la carità che si esprime nelle necessarie opere di bene associate alle pratiche precedenti: pregare e digiunare non hanno valore quando non siano accompagnate da concreti gesti di generosità e di solidarietà verso chi si trova nel bisogno e un digiuno privo di opere di carità p solamente digiuno fittizio, infruttuoso per gli uomini e insensato davanti a Dio.
Il traguardo della carità è tuttavia il conseguimento di uno stile personale che in se stesso è in grado di rinnovare il mondo realizzando così che la Quaresima è sia per tutti una vera occasione da non perdere e un appuntamento con noi stessi al quale non si può mancare.
Intraprendiamo quindi questo cammino esortati da Dio stesso, che nel profeta Sofonia (I lettura) sorta alla conversione non soltanto come espediente per scongiurare un pericolo (l'invasione di cavallette sul raccolto) ma per riscoprire l'amore di Dio che vince il male del mondo e ridona grinta e serenità in qualsiasi sentiero di vita.