Omelia (26-02-2012) |
don Alberto Brignoli |
Alla riscoperta di Dio E così, anche quest'anno ci ritroviamo, come ogni anno, a vivere la preparazione al mistero più grande della nostra fede, quello della Redenzione, attraverso il tempo penitenziale della Quaresima. Un tempo austero, senza ombra di dubbio, che ben si accompagna all'austerità che a livello socio-economico stiamo vivendo ormai da parecchi mesi, se non da anni. Una situazione per la quale parlare di penitenza e sacrificio non risulta affatto difficile, soprattutto per quelle famiglie (ma anche singoli individui) che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese, e ai quali chiedere di valorizzare il digiuno e la rinuncia suona un po' da beffa... Perlomeno, il tempo liturgico della Quaresima può continuare ad avere la pretesa di parlare e di chiedere il sacrificio e la penitenza anche a quei cristiani che (fortunati loro) grandi sacrifici durante l'anno ordinariamente non ne fanno, visto che occupano le parti alte della classifica del redditometro. Mi piacerebbe quindi, anche se so che non è corretto, che in questa Quaresima dai pulpiti non parlassimo di penitenze e di sacrifici, ma che ci esortassimo a vicenda a cercare Dio in maniera più intensa, e anche ad affidarci a lui, visto che tutto sommato rimane (per chi ci crede, ovviamente) l'unico punto di riferimento nel momento in cui si vivono situazioni di confusione e di incertezza riguardo al futuro. Il cammino che la Liturgia domenicale della Parola ci propone per la Quaresima di quest'anno mi pare davvero indirizzato verso la dimensione della ricerca di un più profondo rapporto tra Dio e il credente. Dopo le due domeniche iniziali, che ogni anno ci fanno incontrare con il momento delle tentazioni nel deserto e con l'anticipo della Pasqua nell'episodio della Trasfigurazione, il percorso sarà affidato non al Vangelo di Marco, ma al Vangelo di Giovanni, che ci guiderà, attraverso le tre immagini del tempio purificato, del serpente innalzato nel deserto e del chicco di grano sepolto in terra, a comprendere l'autenticità della nostra storia di fede. Il nostro rapporto con Dio non può basarsi sulla pura formalità di un culto reso a lui per abitudine o per tradizione, meno ancora quando quest'attaccamento alle tradizioni ci fa dimenticare l'oggetto della nostra fede. Volgere lo sguardo a Dio non significa pretendere da lui la risposta alle nostre suppliche, ritenute da noi più degne di credito quanto più accompagnate dall'intensità dei nostri sacrifici; significa invece affidarci a lui come all'unico che può davvero cambiare la nostra vita, l'unico cui - senza pretese - affidarci nei momenti di smarrimento, l'unico che ci può dare coraggio anche nell'aridità del quotidiano. Certo, camminare dietro di lui non è facile: la tentazione di abbandonare il percorso, la tentazione di sentirci autosufficienti, la tentazione di trovare delle alternative a lui sono sempre latenti e pronte a prendere il sopravvento su di noi. In fondo, seguire Cristo significa cercare di imitarlo: e così com'è nostro desiderio imitarlo in tutte quelle opportunità di risurrezione e di riscatto del nostro esistere quotidiano, così dobbiamo avere il coraggio di lasciarci seppellire dai cumuli di terra delle prove e della croce, perché il chicco di frumento - come il Maestro stesso ci insegna - porta frutto solo se è disposto a lasciarsi morire. Questo percorso che ci conduce alla Pasqua è davvero un percorso faticoso, impegnativo. Ma se lo sappiamo guardare nella sua completezza è pure un percorso luminoso, che unisce questa prima domenica di Quaresima con la domenica dell'ingresso di Gesù a Gerusalemme in una sorta di "ponte", di "arco" sul quale siamo invitati a camminare. Un arco luminoso, come quell'arcobaleno di cui ci parla la prima lettura di oggi e che, al termine di un temporale, ci infonde la speranza che dopo la pioggia sempre torna a splendere il sole. L'uomo della Genesi che, come Noè, vive gli eventi e i fenomeni naturali con lo spirito di chi si lascia meravigliare da ciò che lo circonda, sa rileggere quanto accade alla luce di una speranza alla quale aggrapparsi, soprattutto quando le nubi prendono il sopravvento e null'altro sembra circondarci se non il diluvio e la distruzione. Ma Dio non abbandona mai i suoi fedeli. Non l'ha mai fatto. Non lo farà in questo momento di crisi collettiva, e non la farà neppure lungo questa Quaresima, la quale, pur sembrandoci sempre impegnativa, nessun altro scopo ha se non riportarci sulla via dell'incontro autentico con Dio. Perché, come abbiamo pregato nel salmo di oggi, "Dio insegna ai poveri la sua via". Buon cammino, allora: anche quando la tentazione di abbandonarlo sembrerà avere il sopravvento su di noi, alziamo lo sguardo e cerchiamo il segno del suo arco tra le nubi, "segno dell'alleanza perenne tra Dio e la terra". |