Omelia (14-12-2003) |
don Elio Dotto |
Inquietati dagli altri ad attendere l'Altro Giovanni il Battista è un personaggio misterioso. La sua identità è difficilmente descrivibile: in quel tempo molti lo cercavano (Lc 3,10-18) e si domandavano «se non fosse lui il Cristo»; ad essi Giovanni rispondeva con parole autorevoli, ma anche diceva di attendere «uno che è più forte di me, al quale io non sono degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali». È quindi misteriosa la figura di Giovanni. Perché? «Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce» – spiegherà il prologo del quarto Vangelo: «egli non era la luce, ma doveva rendere testimonianza alla luce» (Gv 1,7-8). Giovanni dunque è misterioso perché è soltanto un testimone: egli non parla mai di sé, ma parla solo di «quello che viene dopo». Per questo i suoi contemporanei rimangono allo stesso tempo affascinati e inquieti davanti alle sue parole. Se ci pensiamo bene, accade qualcosa di simile nella nostra vita quotidiana. Anche a noi infatti gli altri appaiono spesso misteriosi quando sfuggono al nostro desiderio di conoscerli, di comprenderli, di definirne l'identità, e soprattutto di prevederne ogni possibile reazione. È questo un desiderio facile, che nasce in noi quasi inavvertito, prima ancora che ce ne rendiamo conto. È un desiderio di chiarezza e di sicurezza: perché, in fondo, ci inquieta che l'altro conservi un qualche margine di mistero. E dunque pure noi, come i contemporanei di Giovanni, rimaniamo affascinati ma anche inquieti davanti alle parole degli altri. Ma non è forse proprio questo il più grande servizio che gli altri possano renderci? Non è forse provvidenziale che gli altri ci inquietino – ci riscuotano cioè da una quiete che è fatta di abitudine, e di ripetizioni monotone – e ci mettano così in movimento verso nuovi orizzonti? In fondo – lo vogliano o non lo vogliano – gli altri sono sempre testimoni, persone attraverso cui giunge a noi una parola che ci fa guardare avanti, che ci fa finalmente uscire dal recinto delle nostre sicurezze ovvie e scontate, portandoci ad intravedere quella salvezza che non riusciamo a costruire da soli. Gli altri, dunque, ci inquietano: e noi possiamo reagire male nei loro confronti, ignorando o anche sopprimendo la loro voce, appunto come avvenne per Giovanni, che alla fine fu incarcerato ed ucciso. Ma se, invece, siamo capaci di dare ascolto a questa voce inquietante degli altri, se siamo capaci di accogliere la loro testimonianza, allora anche per noi si apriranno strade nuove: perché anche noi ci metteremo in attesa dell'Altro, di quello che viene dopo. E così accadrà anche a noi di accogliere quel Maestro di cui abbiamo bisogno: quel Signore davanti al quale ognuno riceverà il suo nome vero, la sua identità fino ad oggi nascosta, la sua salvezza a lungo sperata. |