Omelia (26-02-2012)
Marco Pedron
Tutto viene da Lui

Con questo vangelo inizia la Quaresima. Le tentazioni sono sempre il vangelo che la liturgia ci propone nella prima domenica di ogni quaresima.
Le tentazioni non sono un fatto storico come pensiamo noi (cioè che fisicamente Gesù se ne stia stato quaranta giorni con il diavolo). Sono una riflessione haggadica: l'haggadà era un commento di brani della Bibbia. Mt e Lc riportano i tre contenuti delle tentazioni, Mc invece non dice niente. Le tentazioni esprimono in immagini non tanto un fatto storico ma una dimensione, una possibilità, qualcosa che Gesù ha vissuto tutta la vita: la tentazione di usare in maniera diversa il suo potere (Gesù leader), la sua posizione (Gesù Figlio di Dio) e le sue conoscenze (Gesù conoscitore di Dio-Abbà).

Il vangelo inizia dicendo: "Lo Spirito condusse Gesù nel deserto" (4,1). Cosa vuol dire questo? Tutto viene da Dio. Da Dio viene il bene e da Dio viene "il male" (Dio non ci manda mai il male, ovvio, ma ciò che noi consideriamo "male" è un passaggio che Dio permette per la nostra evoluzione).
Gesù aveva appena ricevuto lo Spirito un attimo prima. Prima di questo vangelo c'è il Battesimo di Gesù. In quell'episodio si aprono i cieli (=comunicazione aperta tra terra e cielo) e lo Spirito di Dio scende su di lui (Mc 1,9-11). Lo Spirito qui è amore: "Questi è il Figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto". Gesù percepisce Dio come Madre, come accoglienza, come amore senza condizioni, come presenza, come abbraccio, come amore di predilezione.
Ma è quello stesso Spirito che nel versetto successivo (Mc 1,12) spinge Gesù, lo manda e lo conduce nel deserto. Il verbo passivo indica che è lo Spirito che vuole questo. E' lo stesso Dio di prima che lo manda qui.
Questo ci aiuta a capire che la nostra immagine di Dio è falsata. Per noi se una cosa è bella, buona e soprattutto se non ci fa soffrire, allora vuol dire che viene da Dio. Se una cosa, invece, è dura, ostica, dolorosa, difficile, allora viene dal diavolo, dal male. Ma qui non è così: è lo stesso Spirito-Dio che lo spinge nel deserto con i demoni.
Questo vuol dire che tutto ciò che capita viene da Dio (che lui lo permette). Non mi chiederò più quindi se questa cosa (evento, situazione, emozione, casualità, ecc.) viene dal diavolo o da Dio, ma qual è la prova, il passaggio, che devo affrontare e superare.

All'inizio della storia (Gen 3) il serpente tenta Adamo ed Eva. Il serpente viene simboleggiato come il male che cerca di far cadere i primi due uomini.
Serpente (na-ha-sc) vuol dire "colui che conduce" (na-ha) "verso il potenziale" (sc=riserva d'energia pronta ad esplodere). Il serpente non è il male, ma una barriera, uno steccato, un passaggio necessario, che tu devi compiere per evolvere, per liberare tutta l'energia e le potenzialità che sono dentro di te. Capite: il serpente, l'avversario (Satana=avversario) svolge una funzione necessaria nella nostra vita.
Alcune persone vedono il diavolo dappertutto. Ma è più semplice scaricare sul diavolo che affrontare i problemi. Perché se è colpa del diavolo, che ci posso fare io? Niente! Ma se invece ciò che accade è un ostacolo-barriera da superare, allora sono chiamato a compiere un passaggio, a portare alla luce qualcosa che era nascosto (n- (nun) di nahasc, indica in ebraico il pesce, l'inconscio). Allora non è più il diavolo ma Dio stesso che mi chiama a compiere questo passaggio.
C'è un uomo che dice: "Il diavolo mi tenta di notte e non mi fa mai dormire. Non riesco a dormire nel mio letto; posso dormire solo in divano in salotto". E davvero è così. Ma non è il diavolo: è che lui, da bambino, ha visto morire suo padre nel letto. Pensava che dormisse ed è andato a svegliarlo e invece era freddo. E quella morte è stata la rovina della sua famiglia. Non è il diavolo, è quello shock che non ha ancora superato, il pianto che non ha ancora espresso, il dolore rimastogli dentro e il lutto non fatto.
Un altro uomo dice: "Il diavolo mi tenta con tutte le fantasie sessuali possibili". Ma non è il diavolo, è che lui ha represso tutto ciò che ha a che fare con sessualità, corpo, contatto. Allora questa dimensione si ribella e lo tormenta perché vuole la sua attenzione. Ma lui teme di affrontarla. Nessun diavolo, solo ciò che hai represso. Dio stesso ti invita: "Accogli la tua umanità e non reprimerla".
Un uomo: "Devo farmi benedire perché è il terzo incidente grosso che faccio in auto". Sì, può essere, ma gli chiedo: "E dove li fai?". "Li faccio andando a lavorare". Quest'uomo lavora con il padre in una piccola azienda. Ma non c'è nessuna fattura, non c'è nessuna maledizione, solo il suo inconscio che non ne può più di questa situazione, dove lui a quarant'anni è ancora dipendente, succube, servo, del padre. Così non cresce, rimane "bambino".
Dio, se vuole qualcosa, vuole che affrontiamo i nostri demoni e non che sfuggiamo a loro. Lo Spirito spinge e costringe Gesù (e noi) nel deserto per confrontarsi faccia a faccia con i suoi demoni.

La parola tentazione (Mc 1,13: peirasmos) vuol dire "mettere alla prova, verificare, fare un test". In Dt 8,2 Dio dice a Mosè: "Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant'anni nel deserto, per metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi".
Avete presente a scuola? Che ne so, biologia o chimica o fisica: si studia e poi si fa una verifica per vedere se si è acquisito, se si sa, se si è appreso ciò che si è studiato. La stessa cosa. La tentazione non è Dio che vuol "farti sbagliare". No, ti mostra ciò che tu hai nel cuore.
Un uomo, una volta la settimana, va dal suo terapeuta a parlare di sé. La moglie è furiosa, furente con questo terapeuta, perché da quando suo marito va a parlare non è più lui, non è più lo stesso. Prima lui era il suo "cagnolino", adesso invece inizia ad avere una personalità e a farsi rispettare. Allora non è che gli psicologi rovinano le famiglie, come dice lei, ma che lei non vuole guardarsi dentro: la sua tentazione di possedere suo marito perché lei è così insicura e così gelosa che "se l'è mangiato"!
Un uomo nel suo lavoro è gentile, sorridente e stimato da tutti. Ma quando torna a casa è un altro. Cerca di controllarsi ma spesso "scatta", urla e i suoi figli hanno paura di lui. Non è il diavolo che lo tenta ma l'altro lato di sé che non vuole vedere. Nel lavoro gioca il ruolo del "uomo bravo e sorridente" e questa strategia l'ha adottata fin da piccolo per essere accettato dalla sua famiglia. Tutta la rabbia che reprime nel lavoro e tutta quella del bambino se la vive a casa e con i suoi figli. Non è la casa maledetta: è che lui è tentato di nascondere la rabbia che oggi e ieri ha mandato giù.

In ebraico sa-da-h-tentare vuol dire "tendere insidie, spiare, cacciare o anche sedurre, avvincere". Ma sa-d è "il fianco, il lato opposto, l'avversario" e sa-de-i è "il braccio o il lato divino". La lettera ebraica s (sade) è proprio un gancio da pesca, un arpione: lo getti nel mare della tua vita e pesca ciò che sei.
La tentazione non è allora il male ma il "tuo lato opposto", quello che non vuoi vedere, che preferisci allontanare definendolo "male" solo perché pescarlo cambia la tua immagine di te. D'altronde la parola selà (s-l) che noi traduciamo come la famosa "costola" di Adamo, in realtà è "l'ombra, l'altro lato" dell'uomo, quello che non vuol vedere. Ogni uomo ha un lato che non vuol vedere, che si nasconde. E' la grande tentazione: lasciare un lato di sé nascosto. La tentazione ti costringe a vederlo e a prendertene cura.
E' per questo che Adamo deve sposare Eva: perché Eva, in realtà, è nient'altro che la parte di Adamo che egli fatica ad accettare e a volere. Per questo dopo che Adamo ha accettato Eva (Gen 1,22) dirà: "Sì questa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa" (Gen 1,23). Solo dopo l'accettazione l'Umanità (Adamo=Uomo) dirà: "Sì, io sono anche questo!". Prima di accettare Eva (Eva=energia, parte feconda), l'uomo ha tutto ma non è felice (Gen 2,4-20).
E la parola "croce" (selab, s-l-b) è "l'arpione" (s=lettera sade) "nel cuore" (leb, l-b) per "immergersi nell'ombra" (selà, s-l) e "condurre la creazione" (b) verso il suo altro lato, la luce. Tutto questo vuol dire che io devo entrare nella mia ombra (cosa che ferisce) per far uscire il dono che vi è dentro.
Se guardate, quando Gesù esce dall'esperienza delle tentazioni, non lo ferma più nessuno. Il "dono" delle tentazioni è una forza irresistibile, perché Gesù lascia cadere ogni aspettativa della gente e segue imperterrito la sua strada e missione. Per questo bisogna entrare nel deserto, bisogna essere tentati, bisogna affrontare i propri demoni. Ogni entrata nell'ombra, anche se all'inizio ci fa paura, ha un dono da portare alla luce.
Una donna di trent'anni ha una paura terribile di lasciare i suoi genitori; ha paura di perderli, che muoiano e pensa di non poter vivere senza di loro. Chi vuole affrontare tutto ciò? Ma nessuno, ovvio. Qual è il dono di tutto questo? L'autonomia.
Un'altra donna ha sempre vissuto facendo la "forte": nelle relazioni lei si dà ma mai del tutto, perché, dice lei, non ha così tanto bisogno dell'altro, anzi può farne anche a meno. Solo che così non è mai del tutto dentro ad un rapporto. La sua grande paura è di essere ferita: "Se mi apro poi sono vulnerabile". E chi vuol entrare dentro a tutto questo? Nessuno! Eppure il dono, se lo farà, sarà l'amore e l'essere amati.
C'è un uomo che fa', fa e fa ancora. Lui è sempre in azione. Lui dice che "non ha tempo per fermarsi". In realtà ha paura di fermarsi, perché se si fermasse potrebbe sentire le voci lontane del suo bambino (che ha sofferto ed è stato molto umiliato). Chi lo vuole fare? Nessuno, ma bisogna farlo. Il dono sarà la gioia, perché finalmente qualcuno si prenderà cura di quel bambino.
I grandi regali non ce li danno gli altri per il compleanno ma ce li facciamo noi quando abbiamo il coraggio di entrare nel deserto, nel buio, e nella nostra ombra. I tesori sono nascosti; le perle sono nel fondo del mare e dentro le ostriche, le cose più belle di noi sono nascoste dentro di noi.
La pienezza non è data dall'aver tante cose ma dal saper "tirare fuori" i doni, i regali, le ricchezze che sono già dentro di noi ma che moriranno con noi se non avremo il coraggio di andarle a prendere.
Per questo lo Spirito spinge Gesù nel deserto: deve "scovare, pescare" questo lato nascosto di sé. Se Dio ci chiede qualcosa è proprio quello di entrare nella tentazione per vedere chi siamo realmente.

Il vangelo poi parla di deserto (Mc 1,12). Il deserto richiamava agli ebrei due grandi esperienze.

1. I 40 anni di peregrinazione nel deserto del popolo. Ci vollero quarant'anni per arrivare alla terra promessa. Cioè: per raggiungere qualcosa di grande, di bello, d'incredibile (terra promessa) ci vuole il suo tempo. 4 (40-400) in ebraico dalet vuol dire "porta". La quaresima è il tempo della prova, del blocco: c'è una porta da superare e ci vuole il suo tempo. E dal (da cui dalet-porta) vuol dire "povero": è un passaggio di spogliazione, di povertà, di caduta delle false illusioni.
Vuoi una relazione con tuo marito-moglie vera, forte, intensa: ci devi lavorare e ci vuole tempo. Vuoi conoscere davvero Gesù? Ci vuole tempo, impegno, studio, passione. Vuoi diventare una persona capace di comunicare? Ci vuole tempo, impegno, esercizio, studio. "E' il tempo che tu dedichi alla tua rosa che la fa importante", diceva il Piccolo Principe. Se tu non dai tempo, lavoro, esercizio, applicazione ad una cosa, allora per te non è importante. Tutti i nostri desideri, le nostre terre promesse, hanno bisogno di un lungo cammino per essere raggiunti. Tutto ciò che è grande richiede qualcosa di grande.
Una sera dopo un applauditissimo concerto, il maestro Andrés Segovia, considerato il più grande chitarrista di tutti i tempi, fu avvicinato da un ammiratore che estasiato gli disse: "Maestro, darei la vita per suonare come lei!". Andrés Segovia lo fissò intensamente e rispose: "E' esattamente il prezzo che ho pagato io!". Più una cosa è grande e più il costo è elevato.

2. Ma il deserto richiamava agli ebrei anche dell'altro. Davide, e così tutti coloro che vollero impadronirsi del potere, andò nel deserto. Il grande re, modello del futuro Messia, si nascose nel deserto prima di impossessarsi del trono di re Saul.
E per tutta la vita Gesù dovette combattere contro la grande tentazione di essere il Messia, "figlio di Davide" (22,42-45), colui cioè che restaurerà con la forza l'antico regno di Israele. Lo voleva la gente, lo volevano i discepoli e se lo aspettava anche il popolo. Gesù sapeva molto bene come le folle erano pronte a mettersi a disposizione di questo Messia guerriero. E quando entrò in Gerusalemme tutti acclamavano: "Osanna al figlio di Davide" (21,9): tutti volevano un re di forza ma nessuno volle un re di pace (27,22: "Sia crocifisso"). Gesù dovette deludere le aspettative del popolo e di molta gente: Lui non era come loro volevano.
Il deserto è duro, difficile, impegnativo; per questo ti mette di fronte a quello che sei davvero. Gesù conosce il pericolo: seguire quello che tutti aspettano o seguire ciò che è riposto nel suo cuore?
Nel deserto non c'è niente e nessuno, allora emergono le grandi domande: "Cosa voglio dalla mia vita? Cosa sono disposto a rischiare? Quanto? A che livello voglio vivere? Quali sono le paure che mi frenano? Quali sono le bugie che mi racconto? Mi va di ascoltare le voci che ho dentro?". Perché si può sfuggire a tutti ma non a se stessi. Perché la si può raccontare a tutti ma non a se stessi.
Un uomo affermato di cinquant'anni ha deciso di partire volontario per l'Africa. Vuole andare ad aiutare quei bimbi. C'è già stato sei mesi anni fa e adesso lo vuole fare per sempre. I suoi amici gli dicono: "Ma hai tutto qui, perché vuoi andare a faticare e a soffrire là?". I suoi genitori anziani: "E non pensi a noi?". Gli operai della sua azienda: "Ci lasci soli qui". Si è preso del tempo di deserto e adesso ha deciso: "Non ascolterò nessuno se non che me (se non che Lui). Io parto". Il deserto è il tempo dove si cerca la profondità di sé, l'essenza di sé.

In ebraico la parola "profondità" (tahtenah) è (hatunah+tau) "matrimonio" "di ogni cosa" (la lettera tau è l'ultima lettera dell'alfabeto ebraico).
Allora: diventare profondi, radicati, ancorati è "sposarsi", cioè sposare, incontrare, accogliere, ogni cosa che c'è in me. Tutto è degno di esserci e tutto ha motivo d'esserci (animali e angeli).
Allora io faccio a me la mia promessa di matrimonio: voglio "stare", amare, onorare, conoscere tutto ciò che c'è in me, bestie e fiere non importa, perché tutto è parte di me, perché tutto è in me.
E questa volta faccio a me la promessa di fedeltà e di amore, e mi prometto di non tradirmi mai, di rimanermi sempre fedele e sempre accanto, di amarmi e onorarmi.
"Io, (Marco di luce) accolgo te, (Marco d'ombra), come mio sposo. Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita".

Poi il vangelo dice: "Gesù stava con le fiere e gli angeli lo servivano" (Mc 1,13). Certo nel deserto ci sono degli animali, ma quand'è che nella Bibbia ci sono gli animali?
Nella Genesi si dice che l'uomo domina, sottomette gli animali. Sono esseri inferiori. Mentre in Gn 3 sarà il serpente, l'animale a sottomettere l'uomo. Prima è l'uomo che mette sotto gli animali, poi sono gli animali che mettono sotto l'uomo. Gesù adesso, invece, sta con loro: né sotto, né sopra.
Gli angeli, invece, erano considerati, al contrario, degli esseri superiori. Adesso Gesù sta con loro e addirittura gli angeli (esseri superiori) lo servono.
Allora: non essere superiore con gli inferiori e non essere inferiore con i superiori. Puoi stare con tutti, né sopra, né sotto, semplicemente, alla pari.

Un giorno un uomo e una donna litigarono. La donna si chiuse in stanza e non voleva più uscire. Il marito bussava alla porta tutto preoccupato: "Chi è?", diceva furiosa lei. "Chi vuoi che sia, sono io, tuo marito". Ma lei non volle sentire ragioni e non aprì. Allora l'uomo andò a chiamare il padre e la madre della donna che abitavano lì vicino. "Cara, sono tuo padre, mi apri?". "No!". "Bambina mia, sono tua madre, mi apri?". "No!". Ad un certo punto ritornò a bussare il marito: "Chi è?", disse la donna. "Laura, sono Francesco, per favore mi puoi aprire". E la porta si aprì.

Pensiero della settimana


Un giorno il discepolo disse al maestro:
"Come posso perdonare gli altri?".
E il maestro gli rispose:
"Se tu non li condannassi mai non avresti mai necessità di perdonarli".