Omelia (14-12-2003)
don Fulvio Bertellini
A che serve?

Il dubbio

"Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha"... ma a che serve? A che serve la mia elemosina, la mia adozione a distanza, i dieci biglietti di svariate lotterie di beneficenza che ho comprato o comprerò verso Natale? A che serve, se so già in partenza che in definitiva non risolverà nessun problema, che i poveri resteranno poveri, che per il bambino che ho adottato a distanza ce ne sono dieci che non verranno salvati da nessuno...
Il criterio dell'utilità non è un buon criterio per misurare i gesti di solidarietà che ci vengono chiesti dal Battista, e che suonano tanto attuali, ma anche tanto ingenui. Abbiamo assistito al tramonto delle grandi ideologie, dei grandi progetti di trasformazione del mondo; e forse viviamo la sfiducia anche per i piccoli gesti di solidarietà. Televisione, Internet, giornali ci mettono a contatto con una massa enorme di problemi, che appare senza soluzione, per le nostre risorse limitate. E invochiamo quello che dovrebbe fare qualcun altro: se il Papa vendesse i tesori del Vaticano, e li desse ai poveri, se Bush si mettesse d'accordo con Osama, se i politici fossero più onesti...

Segni di conversione

La prospettiva evangelica è totalmente diversa: siamo nell'ottica della venuta del Signore, della vicinanza del suo Regno, che impone di "preparare la via", di "colmare le valli", di "raddrizzare i sentieri". L'impresa è improba, indubbiamente, ma il re che viene non pretende che uno spiani una montagna da solo: basta che ti trovi al lavoro. E' lui che può spostare le montagne...
Ciò che ci viene richiesto sono "segni di conversione". Che significa appunto uscire dalla nostra visione del mondo utilitaristica, basata sul successo, sul risultato, sull'apparenza, per accogliere la realtà misteriosa e destabilizzante del Regno di Dio. In tal modo l'elemosina, il gesto di solidarietà, il donare qualcosa di sé non solo suppongono una nuova visione del mondo, ma possono diventare annuncio del Vangelo: il Regno di Dio è vicino, quindi vale la pena lottare contro l'ingiustizia, compiere piccoli gesti di carità, accettare la sproporzione tra i la piccolezza dei miei gesti e la vastità dei problemi. Partendo dal poco, fidandosi di Dio, uomini e donne umili hanno fatto grandi cose, tenendo aperta la speranza del Regno.

Che cosa dare oggi?

Un secondo versante di riflessione si apre sul discernimento di quali siano oggi i segni concreti di conversione attraverso la carità. Giovanni presenta qualche esempio: condividere i vestiti, il cibo, dare ciò che si ha in eccesso, o meglio, fare giustizia. Ci sono montagne di vestiti in eccesso, che riempiono i contenitori della Caritas. E' questa la solidarietà di cui passa il Vangelo? Dare ai poveri quello che eventualmente butteremmo nella spazzatura? Il Vangelo di oggi ci insegna a non disprezzare neanche il più piccolo gesto di disponibilità. Ma ci indica anche una via impegnativa: ciò che dobbiamo arrivare a condividere è qualcosa di vitale, a cui teniamo, non solo le briciole del nostro benessere. I poveri del nostro tempo hanno bisogno di competenze, opportunità, possibilità di emergere dalla loro miseria. Le persone sole hanno bisogno di tempo, comprensione, compagnia... mentre il tempo è la cosa che abbiamo meno a disposizione. E le competenze e le opportunità, in un'economia di mercato competitiva e spietata, non sono cose facili da offrire. Eppure a questo ci conduce il Vangelo.

Mestieri estremi

Almeno otto ore al giorno (più spostamenti, straordinari, imprevisti...) sono dedicate al lavoro. Anche se qualitativamente ci sentiamo più noi stessi al di fuori, nelle poche ore trascorse in famiglia, o dedicate al tempo libero, quelle otto ore pesano sulla nostra vita. Spesso (per fortuna non sempre e non per tutti) diventano stress, insoddisfazione, accumulo di rabbia e rancori. Può la Parola di Dio lasciare intatto il nostro lavoro? Il tempo migliore che abbiamo, e a cui dedichiamo la maggior parte della nostra vita?
Di fronte a Giovanni si presentano esattori delle tasse e soldati. Odiati collaboratori dei romani. I mestieri più disprezzati dal popolo. Ma non è richiesto di cambiare mestiere. Semplicemente, di viverlo in maniera onesta e giusta. Sembra poco, e invece è molto. Gli esattori delle tasse devono la loro ricchezza proprio alle percentuali in più intascate. Una tacita convenzione consentiva ai soldati di arrotondare il magro stipendio con il bottino di guerra e con la razzia. L'esattore onesto e il soldato gentile non diventeranno dei poco furbi, agli occhi dei compagni di lavoro? E che cosa diventeremmo noi, se vivessimo il nostro lavoro in maniera più giusta e onesta?

Flash sulla I lettura

"Gioisci, Figlia di Sion / Esulta Israele...": l'invito alla gioia da parte del profeta trasborda oltre i limiti storici dell'oracolo, e diventa un invito in ogni epoca ad affidarsi alla salvezza di Dio.
"figlia di Gerusalemme": appellativo per la Città Santa, spesso usato nei testi poetici, soprattutto quando si insiste sulla personificazione femminile della città.
"Il Signore ha revocato la tua condanna / ha disperso il nemico": la salvezza è spesso intesa come perdono del peccato (il male interno al popolo) e dal nemico (il male esterno).
"Re d' Isralele è il Signore in mezo a te, tu non vedrai più la svoentura": la constatazione del fallimento della monarchia fa emergere in Israele il tema della regalità di Dio: Dio stesso si prenderà cura del suo popolo, come un re. E il primo annuncio di Gesù è esattamente su questa linea profetica: "Il Regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo". Dio stesso sta per intervenire nella Storia. Solo strada facendo si chiarirà che è Gesù stesso colui che rende presente il Regno.
"Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia": costantemente ritorna nel brano l'invito alla gioia e alla speranza. Probabilmente, gli atteggiamenti di cui avevano bisogno gli interlocutori: vista l'insistenza con cui il profeta cerca di scuotere e invitare alla gioia, ce li immaginiamo tristi, rassegnati, ormai senza speranza. Ma tristezza e disperazione sono proprio i mali delle nostre comunità, dei nostri giovani, dei nostri adulti, sempre più a corto di prospettive, sogni orizzonti.

Flash sulla II lettura

"Rallegratevi nel Signore, sempre...": dal tono della lettera, non sembra che la comunità di Filippi avesse particolari problemi; anzi, è una delle comunità che maggiormente ha collaborato con l'apostolo. L'invito alla gioia non nasce quindi, probabilmente, dalla contrapposizione ad uno stato d'animo negativo, ma dal desiderio di presentare alcuni tratti fondamentali della maturità cristiana.
"la vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini...": la gioia ha un valore missionario, una dimensione pubblica: tutti devono poterla conoscere.
"Il Signore è vicino...": la motivazione profonda della gioia è la vicinanza di Cristo. Si tratta dunque di una gioia teologica, non psicologica.
"Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti...": l'apostolo indica anche la via concreta per vivere la gioia cristiana nel quotidiano: tutto deve essere presentato a Dio nella preghiera.
"E la pace di Cristo... custodirà i vostri cuori...": pace è l'altro nome della gioia cristiana. Da non confondersi con la comodità, la spensieratezza, il rilassamento, e neanche con l'ottimismo e il buonsenso umano. La pace cristiana consente di affrontare anche le disgrazie più incomprensibili, ritrovando le ragioni della speranza.