Omelia (27-02-2012)
Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su Matteo 25,43

Ero straniero e non mi avete accolto.
Mt 25,43


Come vivere questa Parola?

Questa espressione fa parte di quello che l'evangelista mette in bocca al Figlio di Dio così come si manifesterà alla fine dei tempi, nel grande giudizio finale.

Ciò che attira fortemente l'attenzione è il fatto che l'assegnazione di una vita pienamente felice avviene nell'identificazione di Cristo con l'uomo nelle sue condizioni di bisogno. Riconoscere Cristo in chi ha fame e sete o dentro le più svariate esigenze vitali: qui sta il punto. Riconoscerlo e soccorrerlo è salvezza. Non volerlo riconoscere e starsene a crogiolare nella terra del proprio ego è rovina.

Questa del forestiero è proprio oggi una condizione di grande disagio per molti, costretti, per varie ragioni, a migrare dal luogo natio. Alla pena di dover lasciare l'ambiente ricco di affetti e ricordi cari, la propria lingua, le usanze e, soprattutto, parenti e amici, si aggiunge troppo spesso la non-accoglienza, la diffidenza, la chiusura dei cuori là dove si giunge.

Ecco: la terapia contro questo brutto male (vestito per di più di falsa prudenza e pseudo ragionevolezza) è proprio questa parola in cui Gesù stesso si identifica con l'arabo, l'afgano, il pachistano, l'etiope o altri. Ero straniero lì dove tu abitavi e tu non hai indugiato a ospitare il tuo Signore nella persona che ha bussato alla tua porta. Tu mi hai aiutato a trovare lavoro e una sistemazione umanamente accettabile. Sii tu benedetto!

Nella pausa contemplativa di oggi sosterò a riflettere su questo aspetto importante della storia di oggi che posso vivere, con la tua grazia, Signore, come storia sacra.

La voce di un testimone

Tuo Figlio, Uno con te e con lo Spirito Santo, chiese da bere alla Samaritana ed ancor oggi echeggia il grido angustiante dato sul Calvario che ebbe come risposta aceto e fiele, e Tu stesso Padre, sei stanco ormai di bussare invano chiedendo un tozzo di pane che inganni la Tua fame.
Hèlder Camara