Omelia (04-03-2012) |
don Luciano Cantini |
Il futuro presente Li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Gesù prende l'iniziativa e conduce alcuni discepoli con sé su un alto monte. Come Mosè che, nel racconto dell'Esodo, salì sull'alto monte chiamato da Dio per contemplare la sua gloria e ricevere in dono le dieci parole della Alleanza. Lui solo mentre il popolo era rimasto ai piedi della montagna. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime. Il verbo è al passivo, Gesù perde l'iniziativa, il cambiamento non è opera sua, ma iniziativa di Dio che nel Figlio manifesta la sua gloria. Marco ci racconta la metamorfosi di Gesù attraverso la descrizione delle vesti diventate bianchissime, come quelle della moltitudine dell'Apocalisse che stava davanti all'Agnello. L'immagine è quella della resurrezione di cui i discepoli vedono uno spiraglio. Qual è il senso di questa anticipazione? «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia» Di sicuro i discepoli non hanno capito, ma sono stati colpiti e spaventati da quello che stavano vedendo. Ci sono momenti in cui le emozioni sono così forti e profonde che spaventano, perché sono destabilizzanti, travolgono gli equilibri raggiunti e le abitudini consolidate. Nonostante lo sconcerto Pietro ne ha colto la bellezza, non nel senso estetico ma nel senso originario del frutto bello della creazione. Ne è confortante il verbo essere che però contrasta con il successivo fare. L'uomo, nella sua debolezza, ha sempre bisogno di tradurre tutto nel fare, ma è necessario che l'agire dell'uomo tragga origine dal senso originario del suo essere. Pietro si affida alla tradizione e propone di costruire una dimora, come Mosè fece costruire la tenda dell'Alleanza, come segno permanente dell'abitazione di Dio tra gli uomini. Una tenda che rivelasse e nascondesse perché nessun uomo può stare al cospetto di Dio e sopravvivere. Venne una nube che li coprì con la sua ombra Ma non sarà l'uomo a costruire una dimora a Dio, come per Davide, sarà Dio a costruire una casa all'uomo. La nube copri i discepoli e li avvolse. L'immagine di gloria che stavano vedendo, che li ha spaventati e conquistati tanto che, in qualche modo, volevano velare e permanere, è tolta dalla loro vista. C'è un'altra realtà a cui fare attenzione: Gesù, il Figlio del Padre e la sua Parola. Le parole di Pietro sono diventate un balbettio inutile. Mentre scendevano dal monte... Di nuovo Gesù prende l'iniziativa e ordina di non dire niente a nessuno di quella esperienza. Ma cosa avrebbero potuto balbettare i discepoli senza passare dall'esperienza pasquale? I discepoli scendono dal monte pieni di interrogativi. Quello spiraglio di gloria più che rivelare ha nascosto, il mistero è rimasto intatto ed ha bisogno di essere vissuto per essere compreso. Le parole degli uomini sono diventate inutili se non passano attraverso l'ascolto concreto della sua Parola. Una parola non solo una voce ma carne che si è fatta storia ed ha posto la sua tenda tra gli uomini. Anche noi, come i tre discepoli, dobbiamo scendere la monte con la stessa visione negli occhi. L'evento pasquale ci ha fatto conoscere la risurrezione di Cristo che ci rivela in anticipo quello che sarà il compimento della storia, ma continuiamo a chiederci cosa significhi "risorgere dai morti". Non è una domanda che guarda al futuro, ma che coinvolge la nostra vita. Siamo chiamati a leggere la nostra vita presente alla luce di Pasqua, e non la nostra vita futura. La risurrezione non è solo ciò che sta davanti a noi, in un futuro più o meno lontano, ma soprattutto ciò che può trasformare fin d'ora il nostro cammino. |