Omelia (04-03-2012)
Giovani Missioitalia
Ascoltatelo!

Per l'evangelista Marco Gesù ha già fatto il giro di boa e decisamente si sta avviando verso Gerusalemme, non per una visita di piacere o dovere di culto, ma per affrontare il suo destino, per portare a termine la sua missione attraverso la sofferenza e morte in croce seguita dalla promessa della resurrezione. Quando Pietro, il più perspicace e il leader del gruppo - aveva espresso, forse a nome di tutti! - la sua obiezione e riserva all'annuncio dato da Gesù circa la sua passione e morte, il Signore lo rimprovera dicendogli "Lungi da me Satana" (8:33) o meglio "vai dietro, tentatore - rimani un discepolo..." e nello stesso tempo invita i suoi alla vera sequela: "se uno vuol venire dietro a me rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (v. 34).

L'episodio della Trasfigurazione ha il compito di incoraggiare, dare ispirazione e forza al gruppo prima di affrontare la fase critica; di confermare le parole di Pietro a Cesarea di Filippo "Tu sei il Cristo" e far vedere la realtà più profonda del Signore Gesù prima di affrontare la crisi della Città Santa, la delusione delle loro aspettative di successo e idee di messianismo potente. Sul monte i tre del ‘core-group' hanno un'esperienza teofanica. L'episodio va letto sullo sfondo del Sinai e infatti sono presenti gli ingredienti della vera teofania o manifestazione di Dio: monte, luce, nebbia, voce ecc. Cristo in dialogo con Mosè e Elia si rivela non solo come colui che compie le Scritture, o finalmente realizza il Piano di Salvezza promesso dai Profeti, ma come il "Figlio prediletto", la luce, la presenza di Dio tra noi. La Trasfigurazione proietta verso la Croce e mistero Pasquale: Il cammino verso il Calvario non sarà perciò sottomissione rassegnata alla fatalità o fallimento di un progetto umano, ma la la rivelazione piena dell'identità di Gesù il Figlio fedele fino in fondo che ha un rapporto unico col Padre.
Il discepolo ‘Pietro' (e ognuno di noi) è invitato non solo a contemplare, a godere di questo momento "Rabbi si sta bene qui" ma di ascoltare, di accoglierlo nella vita. La voce dice "Ascoltatelo": sentiamo tante voci, messaggi, proposte ma poche volte ascoltiamo, siamo disposti ad accogliere ed obbedire alla Parola. Anche nel dialetto veneto ‘scoltar' vuol dire soprattutto obbedire e sappiamo che la radice di obbedienza in latino e' ascoltare ‘ab-audience'.

Anni fa ho invitato Mhitom, un giovane dottore di Tondo, a una giornata di silenzio e preghiera in un monastero Agostiniano situato sulle colline appena fuori Manila dove ero solito andare per incontri; sulla via del ritorno mi disse che era felice dell'esperienza fatta ma gli facevano male le orecchie: "io sono abituato al chiasso/stordimento di Tondo non al silenzio del monastero!". Quanti di noi sono storditi da tanto chiasso, chiacchierare, musiche forti, festicciole varie e non siamo capaci di ‘entrare nella nube' o cogliere la presenza del Signore e metterci in silenzio per ascoltare la sua Parola. La prima sfida questa domenica di Quaresima è di crearci spazi quotidiani di silenzio per ‘ascoltare realmente la Parola e guardare in alto''; per vedere al di là del presente che abbaglia, per scrutare la realtà con cuore nuovo che vede aldilà della crisi e confusione che ci circonda. Secondo, il vero ascoltare si vede nelle scelte concrete e coerenti che facciamo di rinuncia, di attenzione e solidarietà verso chi è meno fortunato di noi o è diverso. La contemplazione e ascolto del Signore ci dovrebbe aiutare a superare l' "anestesia spirituale" come dice il Papa nel suo messaggio di Quaresima 2012: Siamo invitati a "fissare lo sguardo sull'altro, prima di tutto su Gesù, e ad essere attenti gli uni verso gli altri, a non mostrarsi estranei, indifferenti alla sorte dei fratelli. Spesso, invece, prevale l'atteggiamento contrario: l'indifferenza, il disinteresse, che nascono dall'egoismo, mascherato da una parvenza di rispetto per la «sfera privata».
Anche oggi risuona con forza la voce del Signore che chiama ognuno di noi a prendersi cura dell'altro. Anche oggi Dio ci chiede di essere «custodi» dei nostri fratelli di instaurare relazioni caratterizzate da premura reciproca, da attenzione al bene dell'altro e a tutto il suo bene".



Il commento è stato realizzato da padre Carlo Bittante, Manila, Filippine.