Omelia (04-03-2012) |
Gaetano Salvati |
Obbedienza sofferta e offerta La liturgia della parola odierna manifesta al credente che l'itinerario di fede quaresimale (del discepolato) esige la difficile scelta della libertà nella fede. Tale dramma non rimane circoscritto nel silenzio doloroso dell'esistenza; ma, nella fede, diviene obbedienza filiale sofferta e offerta. È l'esperienza saggiata da Abramo. La prima lettura, a riguardo, narra che Dio disse al patriarca di offrire in olocausto, su di un monte, il figlio Isacco (Gen 22,2). Abramo acconsentì alla richiesta del suo Signore; infatti, dopo aver costruito l'altare (v.9), "stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio" (v.10). L'angelo del Signore, però, lo fermò prima che portasse al termine il sacrificio (v.v.11-12). Come spiegare la sconcertante pretesa di Dio? È geloso, vendicativo? Oppure, è il Creatore che non si contenta solo delle parole, bensì, gradisce il graduale sviluppo della fede, da attuare in gesti d'amore verso i fratelli e accentando le prove che la vita concede? Il sacrificio chiesto ad Abramo, allora, rivela che ogni legame terreno, qualsiasi rapporto d'amore o di amicizia, deve essere messo da parte per far spazio all'amore verso il Signore. Nel suo amore, i nostri sentimenti riacquistano valore, poiché Egli è la fonte della vera gioia, l'inizio della nostra speranza, il principio della fede. Quale dono dell'Alto (Altro), la fede non vuole dominarci o essere posseduta da noi; gradisce, invece, essere sperata, attesa, meditata nelle vicende quotidiane. In questi eventi, potremmo provare angoscia; avvertire che la salita è troppo ripida. Forse, ci chiederemo: dov'è Dio, ora che abbiamo bisogno del suo aiuto? Come mai permette simili prove? Il silenzio di Dio di fronte a questi interrogativi, si fa voce nel Verbo incarnato. Solo Gesù di Nazaret, il Maestro, è in grado di insegnarci e dimostrarci che la fede è sempre dopo. Ne dà prova il momento successivo alla Trasfigurazione: san Marco dice che "mentre scendevano dal monte, (Gesù) ordinò di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risorto dai morti" (Mc 9,9). La Trasfigurazione, dunque, va compresa dopo l'evento pasquale. Le vesti bianche del Signore (v.3), infatti, testimoniano la gloria cui i credenti sono chiamati a partecipare; e indicano, parimenti, che la fede, pur raggiunta grazie al sangue dell'Agnello, va ricercata e, infine, conquistata quotidianamente attraverso l'offerta consepevole di sé a Dio e al prossimo. Offrire se stessi significa scorgere negli esigenti e incerti cammini della vita, la volontà di Dio, così da concretizzare nella propria carne la dignità, persa con il peccato, e riconsegnata allo splendore dal Salvatore: la figliolanza divina. Un simile cammino, non senza turbamenti, è sicuro e pacifico, perché in compagnia di Gesu; la sua presenza fa superare ogni ostacolo, ci fa rialzare se siamo caduti; non ci fa disperare se siamo sorpresi da un dolore inatteso. Se decidiamo di proseguire dietro di Lui, Egli sarà la decisione contro le nostre incertezze, la via diritta per ripartire con fiducia. Non lasciamoci ingannare dalla confusione del mondo, dall'inganno che tutto è perso, smarrito: Gesù ha vinto il mondo. Amen |