Omelia (04-03-2012)
Omelie.org (bambini)


Il Vangelo di questa settimana ci porta in cima a un monte alto, in un luogo appartato, dove si verifica un evento specialissimo: la Trasfigurazione.
Chi di voi ha letto i libri, o ha visto i film, di Harry Potter, sa che alla scuola di Hogwarts la prof.ssa McGranitt insegna proprio Trasfigurazione, una materia magica che permette di imparare a trasformare gli oggetti, gli animali, e persino di modificare l'aspetto del proprio corpo.
Quel che riguarda Harry Potter è pura fantasia, naturalmente, ma spiega bene il significato della parola Trasfigurazione: cambiare d'aspetto, trasformarsi sotto gli occhi di qualcuno, senza usare nessun travestimento.
È proprio quanto avviene a Gesù, sotto gli occhi di Pietro, Giacomo e Giovanni: "In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche."
Nella luce splendente che si sprigiona dal corpo trasfigurato di Gesù, i tre Apostoli presenti socchiudono gli occhi, quasi abbagliati. Quando li riaprono, vedono che il loro Rabbi non è più da solo: sono apparsi altri due personaggi, il profeta Elia e il patriarca Mosè. Parlano con Gesù, questi due grandi protagonisti della storia del popolo d'Israele; non sappiamo cosa gli dicano, ma parlano tranquillamente con lui, come se si conoscessero.
Pietro, Giacomo e Giovanni sono stupiti e anche un po' impauriti: quasi non credono ai loro occhi e non riescono a capire cosa mai stia accadendo.
Secondo quanto racconta la Sacra Scrittura, sanno che Mosé è morto da tempo, nel deserto, prima di entrare nella Terra Promessa: allora è forse un fantasma quello che parla con il Maestro e Signore?
Del profeta Elia, vissuto tanto tanto tempo prima di loro, non si sa neppure come sia morto, perché i suoi discepoli l'hanno visto lasciare la terra a bordo di un carro infuocato che è salito verso il cielo... Come mai adesso lo vedono qui, di fronte a loro?
Poveri Apostoli! Sono confusi e spaventati, si stringono l'un l'altro e finalmente Pietro prende la parola: " Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia."
Sembra quasi di sentirla, la voce tremante di Pietro che lancia quest'idea. Perché fa una proposta del genere? Ci ho riflettuto su, e penso che voglia cercare di riportare queste visioni a qualcosa di concreto. Di certo si sentirà meglio, si sentirà più tranquillo, se può fare qualcosa di pratico, di utile, che lo metta in azione, invece di star lì, di fronte a delle misteriosi apparizioni.
Pietro ha appena lanciato la sua proposta, da uomo capace di organizzare tutto per il meglio, quando resta spiazzato: "Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!"
Per Pietro e Giovanni è come fare un tuffo indietro nel tempo, a tre anni prima, al momento del Battesimo di Gesù, nel fiume Giordano. Pietro non era stato presente a quell'evento, ma Andrea, suo fratello, glielo aveva raccontato più e più volte, con ogni dettaglio, compreso il particolare della voce del Padre che si era fatta sentire proclamando: "Tu sei mio figlio prediletto"... Le stesse parole che sentono ora, avvolti da una nuvola che nasconde ogni cosa alla loro vista.
Quell'annuncio solenne pronunciato da Dio Padre, aveva dato inizio alla missione di Gesù: ed ora? Cosa vorrà significare lo stesso annuncio pronunciato oggi, sul monte?
I tre si guardano, ora che la nube si dirada: sono scomparsi Mosè ed Elia, è rimasto solo Gesù, lì con loro, non più splendente, ma con il suo aspetto di ogni giorno.
Pietro, Giacomo e Giovanni, ripensano a quanto ha detto il loro Maestro e Signore solo sei giorni prima, a Cesarea di Filippi: ha parlato di condanna, di morte e di risurrezione. Un discorso che non hanno capito fino in fondo, ma che li ha lasciati addolorati.
Lo stesso sta capitando adesso: non riescono a capire il significato di quello che hanno udito e visto, sembra loro di essere come in certi sogni, dove non si comprende con chiarezza cosa ci stia capitando...
In mezzo a questa confusione di pensieri e di emozioni, il loro Maestro Gesù, con naturalezza, li invita a scendere a valle con lui e, mentre si avviano, i tre apostoli sperano che finalmente il Rabbi spiegherà ogni cosa, chiarirà tutti i dubbi che hanno nel cuore e risponderà alle mille domande che non vedono l'ora di rivolgergli.
Invece: "Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti."
Quest'ordine di Gesù li lascia ancora più perplessi: obbediscono, certo, promettendo di mantenere il segreto, di non raccontare nulla di ciò che hanno visto, poiché il Maestro vuole così. Ma cosa potrà mai significare la scadenza posta dal loro Rabbi?
Ha detto proprio di non raccontare nulla a nessuno "se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risorto dai morti."
Cioé? Quale evento deve verificarsi, prima che possano riferire agli altri cosa hanno visto sul monte?
Proviamo a metterci nei loro panni: non potevano proprio immaginare cosa fosse la risurrezione di cui stava parlando il Signore Gesù!
Se vi dicessi: mantenete il segreto su quanto vi ho detto oggi, fino a quando il sole non diventerà blu, voi cosa pensereste? Che sto parlando di un avvenimento impossibile, di qualcosa che non accadrà mai. Che vi sto dicendo, in fin dei conti, di tenere il segreto per sempre.
Ma il tono di Gesù, mentre scendono dal monte, lascia intendere che dovranno custodire il segreto solo per un po' di tempo e che presto arriverà il momento di parlarne a tutti. E quindi? Cosa sarà mai questa risurrezione dai morti?
Siamo sinceri: noi siamo più fortunati rispetto agli Apostoli, perché riusciamo a capire le parole di Gesù riguardo all'attesa della risurrezione e riusciamo anche a comprendere, molto meglio di loro, perché Dio Padre abbia voluto far vivere un momento così speciale al suo unico Figlio, subito prima dei giorni del dolore e della croce.
È stata come una carezza, per confermargli il suo Amore, così da sostenerlo nella sofferenza che lo aspettava. È stato un momento speciale di preparazione per poter affrontare i giorni della Passione. Un sorso di forza e di tenerezza, per riuscire ad amare fino a dare la vita. Dio Padre è così: non ci lascia soli di fronte alle difficoltà e, nella vita di ogni giorno, ci permette di fare il pieno di dolcezza, di tenerezza, di forza, per riuscire ad affrontare i momenti bui.
Eppure, non sempre ci accorgiamo di questo. Non so se a voi capita, ma parlando con tante persone, adulti come me o ragazzi come voi, mi sono resa conto che ci ricordiamo sempre con molta chiarezza delle sofferenze o anche solo delle difficoltà che ci ritroviamo a vivere; mentre le delicate attenzioni, le piccole carezze, le tante premure con cui il Padre Buono riempie la nostra vita, ci scivolano addosso, lasciandoci quasi indifferenti, come se le considerassimo ovvie, dovute.
Ci ricordiamo del mal di denti, di una sgridata, di un brutto voto, di una presa in giro... e ci dimentichiamo in fretta dei sorrisi, del raggio di sole che si è posato proprio sul nostro banco, del profumo del pranzo che arriva dalla cucina, delle mani gentili che controllano la temperatura della nostra fronte...
Gesù ha scelto ben tre testimoni per assistere a quella coccola speciale che Dio Padre ha voluto fargli il giorno della Trasfigurazione, perché potessero poi raccontarla al mondo. Perché, passati i fatti della Croce, non si fermassero a ricordare solo il dolore del venerdì santo, le cadute, i chiodi, il sangue... ma conservassero per sempre il ricordo di quella tenerezza, di quella delicata bontà, mostrata da Dio Padre.
In queste settimane di Quaresima, sono sicura che in tanti ci inviteranno a fare dei fioretti, a rinunciare a qualcosa, oppure ad offrire qualche piccolo sacrificio: sono tutti ottimi suggerimenti.
Ma affianco a questi passi, lungo il cammino verso la Pasqua, vorrei non dimenticassimo anche l'impegno stupendo della gratitudine attenta: viviamo le nostre giornate con cuore ed occhi aperti, per accorgerci di tutti i dettagli d'Amore con cui il Signore Dio riempie le nostre vite, così da cantargli senza fine il nostro grazie riconoscente.
Allora, veramente, arriveremo a celebrare la Pasqua, traboccanti di gioia!

Commento a cura di Daniela De Simeis