Omelia (04-03-2012) |
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COMMENTO ALLE LETTURE a cura di don Pino Pulcinelli * Ogni tanto si sente riparlare del progetto per la costruzione di un ponte sullo stretto di Messina: se verrà realizzato sarà il ponte più lungo sulla faccia della terra: un'unica campata lunga più di tre km. Servirà ad unire l'isola con il resto del continente, e permetterà il collegamento e lo scambio veloce delle merci e soprattutto gli spostamenti rapidi delle persone, facendole sentire più vicine... Questa immagine del ponte che collega l'isola con il continente forse può aiutarci ad entrare nel grande tema che fa da sfondo nelle letture di questa domenica: quello della fede. La fede è come un grande ponte che ci collega con Dio. Il cammino quaresimale ci porta proprio a verificare la nostra fede, a chiederci: ma io credo veramente? Di che tipo è la mia fede? * Sì, perché a volte si confonde... si pensa che credere sia avere una certa opinione, avere dei valori... dei principi. Nemmeno il fatto di venire a messa di per sé è segno sicuro che si ha la fede. Tanti dicono: "Sì, io credo che qualche cosa o qualcuno ci debba pur essere..." Qualcosa ci deve essere.. I qualcosisti... Ebbene, le letture di oggi ci vengono a dire che la fede è un'altra cosa. * La prima grande figura che incontriamo è quella di Abramo, che è chiamato a salire sul monte Moria, a compiere la scalata più difficile della sua vita... prendi il tuo figlio, il tuo unigenito che ami... offrilo in olocausto sul monte che ti indicherò. Ma come! È il figlio della promessa, quello tanto atteso, frutto di preghiere e di lacrime, quello avuto in vecchiaia quando ormai sembrava impossibile... È peggio che se gli avesse chiesto la sua stessa vita: capiamo perché Abramo è diventato il padre di tutti credenti (di tutte e tre le religioni): Abramo risponde sempre "eccomi" al Signore. Noi siamo nati, siamo qui sulla terra essenzialmente per dire questo "Eccomi": Abramo è il modello di tutti gli "eccomi": si mette in viaggio... Abramo stende la mano per immolare suo figlio... S.Paolo dice che Abramo ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli (Rm 4,18). * Anche chi ha composto il salmo di oggi esprime la sua fede: Ho creduto anche quando ero troppo infelice: ho creduto: la parola ebraica che esprime il verbo credere (he'emin), ha la stessa radice della parola che noi utilizziamo alla fine di tutte le nostre preghiere e che abbiamo lasciato non tradotta: "Amen". Questa parola non significa solamente "così sia", ma esprime la convinzione che ciò che è stato appena detto è certo e valido, è solido, e quindi ci si può fidare. Il verbo "credere" nella Bibbia suppone quindi un atteggiamento di fiducia certa perché si poggia su qualcosa di stabile, di forte e solido come la roccia; il credere secondo la Bibbia allora non è per niente un "credo che qualcuno ci sia, e nemmeno un "credo che tu sei questo e quello, che hai fatto così e così" - questo viene soltanto dopo (cf. "le verità di fede", i dogmi, ecc.) - credere è prima di tutto un: "credo in Te", "mi fido di Te, confido che Tu sei con me, mi appoggio su di Te perché mi ricordo che tu sei la mia roccia. Credo in te anche quando sono infelice..." Se non c'è questo atto di abbandono in Dio, non serve a niente conoscere tutta la dottrina, il catechismo e la teologia. * Facendosi conoscere dall'uomo, Dio getta un ponte verso di lui perché egli possa entrare in comunicazione, in uno scambio profondo, in una comunione che scacci la sua paura e lo renda stabile. È anche ciò che viene espresso con grande emozione da S.Paolo nella lettura: Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi? Se ad Abramo non gli è stato chiesto di immolare Isacco, Dio invece non ha risparmiato il proprio figlio, ma lo ha dato per tutti noi: perciò niente e nessuno può far vacillare colui che pone la sua fiducia in Dio. * Abramo era salito sul monte con il figlio Isacco... Il vangelo ci parla di un altro monte, su cui salgono Pietro Giacomo e Giovanni, e qui non si parla di fatica, anzi, tutto è bello ("è bello per noi essere qui..."), tutto è chiaro, luminoso, candido... sembra che la fede sia un optional... La luce proviene da Gesù trasfigurato, segno evidente della sua divinità. I discepoli vedono la sua gloria: è un momento in cui è facile ed esaltante stare dalla parte del maestro, è evidente che le Scritture si compiono in lui (cf. la presenza di Mosè ed Elia), non costa nessuna fatica credere che è lui il Figlio dell'Altissimo, oggetto della speranza d'Israele. Pietro vuole fare delle tende per stabilirsi e restare sempre là con lui. * Abbiamo contemplato due monti... ma ne manca uno, che sta all'orizzonte... ci sarà infatti un'altro monte, quello degli Ulivi, nel giardino chiamato Getsemani, dove gli stessi discepoli stavolta non vedono nessuna luce, anzi il buio entra anche nel loro cuore: come è mai possibile che quest'uomo, preso dall'angoscia e trasudante sangue, non più trasfigurato ma sfigurato, sia il Figlio di Dio? Pietro e gli altri lo abbandonano. Eppure sull'altro monte, quello della trasfigurazione avevano sentito la voce che era uscita dalla nube: "questi è il Figlio mio, l'amato, ascoltatelo". "Ascoltatelo", cioè "credete in lui". Ma lì era stato così facile credere in lui che quelle parole erano sembrate superflue in quel momento... E però dovevano servire per altri momenti, per i momenti bui, per i tempi della prova. * L'atto di credere, il fidarsi di Dio, comporta il conservare il ricordo, il fare memoria delle sue parole, dei suoi doni, dei momenti di luce, specialmente quando il buio ci avvolge e il torpore ci spinge a chiudere gli occhi di fronte alla realtà che vorremmo allontanare. I momenti di luce sono come i piloni del ponte che Dio sta gettando tra lui e noi, perché la campata si regga nei tratti a strapiombo. * Questo ponte, quello della fede è davvero il più strabiliante che si possa mai realizzare, molto più ardito di quello sullo stretto di Messina: avrà stabilità perché fondato non su di noi, ma sulla roccia-Jhwh, sarà capace di rendere stabile anche la sponda che accetta di allacciarsi a lui; la fede, il credere in Lui, è proprio questo offrire a Dio la sponda su cui Egli possa poggiare il ponte che getta verso l'uomo. E allora sarà annullata la distanza tra l'isola e la patria, tra l'uomo e Dio, tra la terra e il cielo (cf. Gv 1,51), e si realizzerà la piena comunicazione, la possibilità da parte di Dio di farsi conoscere sempre di più (allora avrà la sua importanza anche la dimensione del "credere che...") e realizzare una comunione di amore con gli uomini e tra gli uomini. |