Omelia (04-03-2012)
don Luca Orlando Russo
«Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!»

Racconta l'evangelista Marco, nel brano che precede il nostro, che Gesù cominciò a parlare apertamente delle sue sofferenze, della sua passione ai suoi discepoli per chiarire la sua vera identità: è il Messia, sì, come ha confessato Pietro per ispirazione del Padre, ma un Messia che va verso la morte, conforme all'immagine del servo sofferente.
Il discorso che Gesù, senza peli sulla lingua, aveva fatto ai discepoli a Cesarea di Filippo, senza esitare a chiamare Pietro "Satana", aveva creato una vera e propria crisi all'interno della comunità dei Dodici, critici nei confronti di Gesù.
L'episodio della trasfigurazione ha un motivo ben preciso nelle intenzioni di Dio: confermare Gesù e i discepoli che la via intrapresa è quella giusta. Non è un caso, infatti, che sul monte, dove Gesù si reca per chiedere lumi al Padre nella preghiera, fanno la loro comparsa due personaggi che hanno attraversato parimenti la loro bella crisi per rimanere fedeli alla Parola di Dio, che li aveva chiamati a fare scelte non facili, ma soprattutto incomprensibili alla logica umana.
Elia e Mosè sanno bene che la via di Dio non è quella degli uomini. Dio invita l'uomo a camminare per vie che non incontrano il favore della ragione umana, illuminata da un messaggio fuorviante, dietro il quale vi è l'opera nascosta, ma, ahimè!, spesso efficace di Satana. Pietro e i Dodici non ci hanno messo molto a lasciarsi ingannare dal nemico di Dio e degli uomini. Anche loro sono convinti che un Messia che si rispetti non può andare verso il fallimento, l'insuccesso e la morte. A Colui che è depositario dei doni di Dio, tale era il Messia, non si addice, secondo la logica degli uomini, la sconfitta. Se Dio è l'Onnipotente, Colui che annientato il potere del Faraone, re d'Egitto, il Messia, il suo braccio destro, non può essere da meno. I discepoli si aspettano una irruzione potente del Regno di Dio; e, del resto, cosa era accaduto fino ad ora?
Gesù non aveva fin'ora dimostrato, con la parola e con le opere, di essere così potente da sottomettere a sé chiunque aveva tentato di contrastarlo? Non c'era ombra di dubbio a Gerusalemme, la città di Dio, Gesù avrebbe manifestato a tutti la sua identità e, a partire da quel momento in poi, sarebbe stato un cammino in discesa. Ma sul più bello Gesù cambia, comincia a parlare solo di fallimento e di insuccesso.
Gesù sul monte è in una luce irradiante, il candore e la luce sfolgorante della sua persona rievocano le visioni del profeta Daniele, la gloria di Dio, nel mentre la voce del Padre: «Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!», gli conferisce autorità.
Allora, qual è il senso della trasfigurazione? Imprimere nella mente dei discepoli un'immagine di Gesù gloriosa, potente che potesse mostrare che nella povertà, nella sofferenza, nella passione Dio realizza il suo progetto di salvezza, anche se ciò appare umanamente impossibile.
Come reagiscono gli apostoli? Pietro, ancora una volta esce fuori con una risposta tanto umana: "Facciamo tre capanne e restiamo qui". Pietro cede alla tentazione di chi vorrebbe fermare la vita ai momenti, forse anche belli e straordinari, nei quali ci vengono fatte delle promesse per poi rifiutare di vivere tutto il cammino della vita umana che conduce al dono promesso.
Buona domenica e buona settimana!