Omelia (04-03-2012)
padre Paul Devreux


Vedo che facilmente ci si scandalizza del fatto che Abramo è disposto ad offrire suo figlio a Dio, mentre nessuno si scandalizza del fatto che Dio ci offre il suo. Ci si scandalizza anche del fatto che Dio gli chieda questo sacrificio mentre nessuno si scandalizza del fatto che noi chiediamo questo sacrificio a Dio, e ci mettiamo anche la coscienza a posto dicendo che è Lui che ce lo a messo tra le mani; ma non eravamo mica costretti ad ucciderlo!
Di fatto, se si guarda con obbiettività, senza tapparci gli occhi con dei giudizi superficiali, il gesto di Abramo è bellissimo, ed è bella anche la richiesta di Dio, che vuole sapere quanto realmente e non a chiacchiere Abramo ha imparato a volergli bene e ad apprezzarlo come Dio, che tra l'altro, non dimentichiamo che il figlio glielo ha chiesto, ma non se lo è preso! Ha solo voluto metterlo alla prova.
Chi di noi può dire di amare Dio o anche una persona, tanto da essere disposto a donargli ciò che ha di più caro? Siamo disposti a fare molto per salvare un figlio, ma non a donarlo. Abramo ha dimostrato di essere disposto a dare più di se stesso, perché un figlio vale più di se stesso, e Dio apprezza questo grande gesto e, oltre a colmarlo di tutte le sue benedizioni, fa di lui il padre nella fede di tutti noi.
Abramo esce da questa esperienza trasfigurato, perché chi ama così, lì per lì, sembra un uomo finito, un pazzo, un fallito, ma in Dio viene trasfigurato.
Oggi la Chiesa ci propene il vangelo della trasfigurazione di Gesù, proprio il giorno in cui si parla del sacrificio di Abramo; non è un caso.
Sappiamo che questo episodio si svolge sei giorni dopo che Gesù ha cominciato a parlare apertamente della sua Passione. I discepoli non capiscono e rifiutano questa prospettiva tanto che Pietro interviene e Gesù è costretto a sgridarlo, chiamandolo addirittura satana, cioè avversario, ostacolo al progetto di Dio.
Dopo sei giorni, cioè un tempo lungo, una settimana lavorativa lunga e pesante, il tempo necessario nel racconto della Genesi per creare l'uomo, e qui va creato un uomo nuovo, capace di capire il progetto di salvezza che Gesù sta portando avanti, dopo sei giorni Gesù prende tre discepoli, tra cui Pietro, e li porta su un monte. Luogo elevato, dove ci si apparta in pochi, per discutere di cose importanti, difficili da capire, e dove s'incontra Dio.
Dice il testo che sul monte Gesù viene trasfigurato e viene rivestito di un mantello così bianco da poter essere definito divino. Appaiono anche Mosè ed Elia che conversano con Gesù. Un testo parallelo ci dice anche che parlavano della sua dipartita, cioè della sua Passione. E' bello immaginare questa scena fantastica, questo squarcio di Cielo, ma è più bello ancora immaginare che in realtà questa trasfigurazione è la stessa che ha vissuto Abramo, quella di chi si dispone ad amare dando tutto se stesso, e che i discepoli riescono ad intravedere ascoltando Gesù, che, alla luce dell'antico testamento (Mosè) e dei profeti (Elia), spiega loro il suo progetto di salvezza, sulla linea del servo sofferente.
Ascoltandolo intuiscono che quest'uomo che stanno seguendo e che li stava deludendo con i suoi discorsi disfattisti, fallimentari, disastrosi per una mentalità normale, in realtà ha un progetto di salvezza universale, che per loro era inimmaginabile. Intravisto questo, veramente sentono di nuovo quella voce che già si è fatta sentire sul Giordano quando Gesù riceve il battesimo: "Questo è mio figlio, ascoltatelo", e anche se non la sentono fisicamente, sentono che è così, e si rimettono a seguirlo.
Dio salvi anche noi dal rifiuto e dall'incapacità di capire questo Messia Salvatore, che vuole salvare anche noi.