Omelia (04-03-2012)
don Giovanni Berti
La fede in montagna

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E' una montagna la "location" scelta da Gesù per portare i suoi amici e far fare loro una esperienza spirituale profonda e rigenerante.
La tradizione cristiana chiama questo luogo Monte Tabor, identificandolo con una collina che si eleva 400 metri sulla pianura circostante della Galilea. Il Vangelo, a dire il vero, parla solo di "un alto monte", e non lo identifica con nessun luogo preciso, e forse in questa indeterminatezza c'è un messaggio: ogni luogo della terra può esser luogo di trasfigurazione, e ogni uomo nel mondo ha il suo "alto monte" da scalare.
Su questo monte Gesù appare accanto a Mosè ed Elia, due grandi personaggi della Tradizione religiosa ebraica, che a loro volta fecero esperienza di Dio su un monte: Mosè sul Monte Sinai riceve la Legge e Elia sul Monte Carmelo riceve la conferma da Dio contro i falsi idoli pagani.
Altre montagne sono quindi sullo sfondo di questo episodio, e se vogliamo, possiamo aggiungere la montagna raccontata nella prima lettura: su quella montagna Abramo porta il figlio Isacco per il sacrificio. Qui Abramo fa esperienza profonda della protezione e provvidenza di Dio che gli risparmia il sacrificio del figlio.
Abbiamo davvero un'intera catena montuosa spirituale questa domenica!
Allora la mia mente è andata a ricordi di bambino, quando, come ogni estate, la mia famiglia si metteva in macchina per percorrere i quasi 400 km che separano casa mia dal campeggio estivo in Valle D'Aosta, sotto le pendici del Monte Bianco. Ci sono andato per 8 anni di seguito in quel campeggio, dove ho passato le vacanze più belle della mia infanzia. Mi ricordo che quando iniziavo a vedere da lontano le montagne sempre più alte, e alla fine, maestoso, il massiccio del Monte Bianco, mi rianimavo e sapevo che ero vicinissimo ad iniziare due settimane di divertimento. Al contrario, quando alla fine dei giorni di vacanza, ci si allontanava sull'autostrada, sentivo una grande tristezza e iniziavo già a contare i giorni per le vacanze dell'anno successivo.

Gesù porta i suoi discepoli su questo monte perché hanno bisogno di chiarezza e forza. Gesù appare loro luminoso, senza quella ombre che lo rendono difficile da seguire (la durezza e radicalità di certi suoi insegnamenti, il pericolo che corre con i suoi nemici, la rivoluzione che sta portando nelle tradizioni religiose...). Ora è davvero bello stare con lui, e a confermarlo c'è anche questa voce divina che invita ad ascoltarlo. Mosè ed Elia, punti di riferimento per ogni buon israelita, sono li con il Maestro e gli sono testimoni.
Su questa montagna il cuore combattuto dei discepoli trova pace. Sono come in una specie di vacanza spirituale, dove ogni affanno e dubbio sono scomparsi, e il loro cuore e la loro mente riposano in Dio.
Non si sa quanto sia durato questo momento luminoso, ma sta di fatto che poi finisce, e viene il tempo di scendere dalla montagna per ritornare alla vita di prima, con le sue fatiche, errori, dubbi, domande e anche peccati.
Pietro e gli altri non vorrebbero che questo momento finisse, ma non è possibile che sia così. Quindi ricomincia il cammino di sempre. Ma qualcosa di nuovo è dentro la mente il cuore dei discepoli: hanno ricevuto un dono che servirà loro nei momenti più difficili che devono ancora venire.

Esiste un monte così anche per noi? Anche a noi è data la possibilità di salire in alto e ricevere pace e forza nel nostro cuore affaticato e nella nostra mente dubbiosa?
Penso proprio di si, basta che ci lasciamo prendere per mano da Gesù e ascoltiamo anche noi l'invito della voce del Padre: «Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!»
La Quaresima (ma anche ogni altro tempo dell'anno) è tempo di ascolto. Abbiamo ogni tanto la possibilità di aprire il Vangelo e in un momento (anche breve) di preghiera, saliamo sul monte di Gesù per conoscerlo di più e lasciarci illuminare dalla sua storia e dalle sue parole.
Possiamo salire da soli o, ancora meglio, insieme ad altri che come noi hanno bisogno di un momento di pace e di chiarezza.
Pregare è quindi un momento bello, non è un semplice "dovere" da adempiere. Possiamo chiamare la preghiera "un dovere", se lo pensiamo come le vacanze: anch'esse sono "un dovere", cioè una cosa che bisogna fare per non rimanere schiacciati dalle fatiche del lavoro: è un dovere qualche volta prenderci una pausa dal lavoro, e il riposo di una vacanza è un diritto di tutti (anche se purtroppo non viene spesso rispettato e concesso).
Ma trovo più giusto pensare alla preghiera come ad un momento profondamente e spiritualmente "bello" ("è bello per noi stare qui!"); e se lo sperimentiamo davvero, aumenta il desiderio di ripeterlo e ricercarlo.
Cerchiamo dunque le nostre montagne spirituali. E anche se in alcuni momenti della vita sembra esserci foschia, e Dio ci sembra lontano e irraggiungibile, non perdiamo speranza. Come il massiccio del Monte Bianco rimane fermo e maestoso, così anche la nostra montagna per incontrare Gesù, rimane e aspetta sempre di esser scalata da noi.


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