Omelia (04-03-2012) |
Marco Pedron |
Ama le persone per quello che sono e non per quello che tu vuoi che siano Il vangelo inizia dicendo: "Sei giorni dopo" (Mc 9,2). I numeri nella Bibbia sono importanti. I sei giorni richiamano altri sei giorni (Es 24,16): "La Gloria del Signore venne a dimorare sul Monte Sinai e la nube lo coprì per sei giorni". Mosè era stato faccia a faccia con Dio per sei giorni sul Sinai. Allora ridicendo "sei giorni" Mc sta dicendo: "Dio, come allora, qui si sta svelando: accoglilo!". "Sei giorni" era dire "rivelazione di Dio" e qui Dio, di nuovo, si rivela. Ma la Bibbia ricorda anche altri sei famosi giorni: l'inizio della creazione (Gen 1,1-2,1). In sei giorni Dio creò il mondo e il settimo giorno Dio si riposò. Il settimo giorno è il giorno di Dio, quello a lui consacrato, è il giorno dove non si muore mai. "Sei giorni" allora vogliono dire due cose. 1. Vivi la vita, genera, espanditi, crea e sii fecondo. E qui tutti noi dovremo farci delle domande: "Io cosa sto creando? La mia vita crea? A cosa sto dando la luce? Perché una vita che non genera, che non dà vita, che non dà luce a qualcosa, a cosa serve?". 2. E poi: "Sei giorni sono la vita umana. Trova il settimo giorno, il giorno che valica la morte". Cioè: "Cos'è che ti fa vivere? Per cos'è che vale la pena, per te, di vivere e di morire?". Il tesoro della vita è quella cosa per cui saresti disposto a dare la tua vita: vivi per quello. Poi Mc dice che "prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni" (Mc 9,2). Gesù mai si rivolge a Simone chiamandolo Pietro, ma gli evangelisti invece sì. E loro hanno questo stratagemma per dirci le intenzioni di Pietro. Quando lo chiamano Simone allora l'apostolo è in accordo con Gesù; quando lo chiamano Simon Pietro allora vuol dire che è dubitante; quando lo chiamano Pietro allora vuol dire che è contrario, nemico, di Gesù. Quindi qui Pietro è nemico, ostile, contrario alle idee di Gesù. A questi tre Gesù ha messo un sopranome: Simone è Pietro, cioè "testa dura"; Giacomo e Giovanni invece sono i Boanerghes, cioè "i figli del tuono". Erano cioè dei fanatici, degli irosi, dei violenti, dei resistenti. Questo è meraviglioso: Dio ti cambia il carattere. Sappiamo dagli Atti che Pietro cambiò radicalmente il suo modo di pensare e Giovanni divenne il "discepolo amato, quello che posava il capo sul petto di Gesù" (per dire l'amore, la dolcezza, la tenerezza): cambi radicali, totali, definitivi, permanenti, rivoluzioni. La conversione è questo: tu non sei più tu. Cioè: tu sei sempre te stesso, ma non senti, non pensi, non vivi e quindi non agisci più come prima perché hai fatto un'esperienza che ti ha cambiato tutto. Gli orientali la chiamano "illuminazione": prima ero cieco e adesso ci vedo. I cristiani "conversione": vivere con Lui. Mentre il "peccato" è vivere lontani da Lui. Poi il vangelo dice che Gesù "li condusse sopra un monte, in un luogo appartato, in disparte" (Mc 9,2). Il monte non è tanto un'indicazione topografica, ma teologica. Cos'era il monte nell'antichità? Il monte, nell'antichità, era il luogo della terra più elevato verso il cielo, quindi il luogo più vicino a Dio (che stava nei cieli). Poiché Dio si manifesterà a loro, devono essere sopra un monte elevato. "In disparte", nei vangeli, ha sempre una valenza negativa. Vuol dire, significa, che questi discepoli hanno combinato qualcosa che non andava bene. Infatti un po' prima Pietro rimprovererà Gesù (Mc 9,31-33). Poco prima Gesù annuncia la possibilità di essere rifiutato e addirittura ucciso: Pietro si ribella (e si dice che anche Pietro lo prese in disparte, Mc 9,32) e Gesù gli deve rispondere: "Lungi da me satana, perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini" (Mc 9,33). Pietro pensa a Gesù come un Messia potente, forte, che otterrà successo e non vorrà saperne di vedere Gesù per quello che è e per quello che annuncia. Per questo Gesù adesso li deve prendere in disparte: fa vedere loro che Lui non è quello che loro pensano; Lui non è Elia e non è Mosè, come loro avrebbero voluto e come credevano. Amare significa vedere le persone per quello che sono e non per quello che noi vorremmo che fossero. Il vangelo poi dice che Gesù si trasfigurò (Mc 9,2) e si usa il verbo meta-morfeo, metamorfosi. Il verbo è passivo e dice che non è Gesù ad agire, ma Dio stesso. Poi Mc fa un esempio un po' strano: "Nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche" (Mc 9,3). Non è un bell'esempio. Avrebbe potuto dire, ad esempio, che "le sue vesti divennero splendenti come le vesti del sommo sacerdote". Infatti si diceva che la vestizione del sommo sacerdote fosse un avvenimento paradisiaco, tanto i suoi vestiti erano pieni di scintillii. Cosa vuol dire Marco, allora? Vuol dire: per quanto tu faccia (anche il miglior lavandaio) non puoi raggiungere lo splendore di questa condizione. Questo splendore lo può raggiungere solo chi si lascia invadere da Dio, solo chi lascia che Dio lo trasformi. Vi ricordate Madre Teresa? Il suo viso era pieno di rughe e scavato, ma aveva un volto splendido. Perché? Perché in lei Dio si faceva visibile, splendente; in lei Dio traspariva. Quando tu la guardavi vedevi qualcosa di oltre, di più in là del suo volto: in lei risplendeva Lui. La parola splendore viene dal greco spledòs, che vuol dire cenere. Lo splendore ha sempre a che fare con una trasformazione, con un bruciare il vecchio per essere qualcosa di nuovo, con un morire perché qualcosa di nuovo possa rinascere. Poi si dice: "E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù" (Mc 9,4). E' il massimo del massimo. Sono i due più grandi personaggi della tradizione d'Israele. Mosè il grande legislatore, il grande condottiero liberatore del popolo dalla schiavitù d'Egitto. Elia è il riformatore religioso, che attraverso la violenza aveva imposto la legge di Mosè. Mosè ed Elia sono quindi: 1. i più grandi personaggi di Israele; 2. quelli che non erano, secondo la tradizione, neppure morti, ma erano stati rapiti in cielo; 3. entrambi avevano incontrato Dio (nel roveto o nel vento); 4. entrambi avevano parlato con Dio al Sinai. Allora: prima, nell'A.T., Mosè ed Elia parlavano direttamente con Dio, adesso invece parlano, non più con Dio, ma con Gesù. E' chiaro cosa si vuol dire: Gesù è Dio! Fin qua tutto bene. Ma adesso succede l'incidente e capiamo così perché Mc parla di "Pietro". A questo punto Pietro reagisce. Mc ci mette addirittura l'articolo: "Il Pietro" (Pietro=testardo, duro; Mc 9,5). E cosa gli dice Pietro: "Rabbì=maestro" (Mc 9,5). Pietro lo chiama rabbì, ma chi era il rabbì? Il rabbì era colui che si atteneva alla tradizione degli antichi. In Mc solo due persone chiamano Gesù "rabbì": i due traditori, Pietro e Giuda. Sono coloro che vogliono l'uomo della tradizione e che non accettano questa novità. Pietro gli dice: "Eh no! Tu non puoi essere così. Tu devi essere diverso; tu devi attenerti a quello che è la regola, la tradizione, a quello che i nostri padri ci hanno insegnato". Dicendogli così Pietro rifiuta Gesù e gli dice: "Noi così non ti vogliamo". Pietro ha in mente la sua idea di "maestro, rabbì" e vuole che Gesù si conformi alla sua idea, invece di conformare le sue idee a Gesù. Ci sono due modi di rapportarsi alle cose, alle persone e agli eventi. Il primo dice: "Questo non è come quello che io so (ho in testa, credo): quindi non vale". E così si riduce tutta la realtà al proprio cervello. Se una cosa non è come quella che uno sa, allora viene eliminata, scartata. Il secondo dice: "Questo non è come quello che io so, ma può essere. Verificherò, cercherò, studierò e se sarà vero lo accetterò anche se non è come ciò che io credo". La mente qui si adatta alla realtà. Nel primo si identifica tutto a sé: tutto è come me, come penso io. Nel secondo ci si apre alla realtà: la realtà è più grande di me. Vivere, imparare, vuol dire aprire la propria mente alla realtà e non ridurre la realtà alla nostra mente. 1. Non ridurre l'universo alla tua mente. Nasruddin (simbolo in Oriente del saggio stolto) divenne primo ministro del re. Una volta, mentre gironzolava per il palazzo, vide, per la prima volta in vita sua, un falcone reale. Nasruddin non aveva mai visto questo tipo di piccione. Così tirò fuori un paio di forbici e spuntò gli artigli, le ali e il becco del falcone. "Adesso sì che sei un uccello decente - disse - il tuo padrone ti aveva trascurato". 2. Anche se ti sembra impossibile non è detto che lo sia. In India vive un santone Prahald Jani, chiamato Mataji, che dal 1940, così sostiene lui, non mangia e non beve (e non mangiando e non bevendo anche non evacua). Ora, questa sembra una leggenda metropolitana o una storiellina per bambini. Fatto sta che questo uomo è monitorato, 24 ore al giorno dall'esercito indiano ed è stato tenuto in osservazione da telecamere per diverso tempo 24 ore al giorno: ed è così come dice. Ora nessuno sa come questa cosa sia possibile, ma lo è. Sembrerebbe trattarsi di un'antica tecnica yoga che si rifà al respiro dove a livello biologico l'urina verrebbe non riespulsa ma rimandata in circolo (i valori di questo uomo sono quelli di un venticinquenne!). Sia quel che sia, in ogni caso, anche se sembra impossibile, invece, è così. 3. Una cosa evidente non è detta che sia vera. Un uomo salì sull'autobus e si sedette accanto ad un giovane che aveva tutta l'aria di essere un hippy. Il giovane aveva una scarpa sola. Allora l'uomo, in atteggiamento giudicante gli dice: "Evidentemente hai perso una scarpa, ragazzo?". "Nossignore", fu la risposta, "ne ho trovata una". Cosa dice allora Pietro: "Rabbi è bene per noi stare qui; facciamo tre capanne" (Mc 9,5). Perché tre capanne? Nella tradizione ebraica si sapeva tutto del Messia. E alla domanda: "Quando verrà il Messia?", la risposta era chiara: "Durante la festa delle capanne", tra settembre e ottobre. All'inizio era una festa agricola, alla fine della vendemmia, poi dopo fu trasformata in festa religiosa. Per una settimana alla fine della vendemmia, si viveva sotto le capanne e naturalmente si beveva e si faceva festa. Ma cosa ricordavano le capanne, le tende? Ricordavano i quarant'anni di deserto e tenda dopo la liberazione, grazie a Mosè, dagli Egiziani e dalla schiavitù. Fare tre capanne vuol dire: "Caro Gesù, tu devi essere come loro". Non solo: che fa Pietro? Dice: "Una per te, una per Mosè, una per Elia" (Mc 9,5). Quando ci sono tre personaggi, il più importante sta sempre al centro. Ma, per Pietro, non c'è Gesù, c'è Mosè. Pietro dice a Gesù: "Caro Gesù, il Messia che io voglio è questo: 1. Un rabbino dell'A.T., cioè attieniti alla tradizione; 2. un Messia che si manifesta durante la festa delle Capanne (come la tradizione vuole); 3. Un Messia legislatore come Mosè. Infatti poiché la legge era diventata un guazzabuglio e nessuno ci capiva più niente si diceva: "Quando verrà il Messia, lui ce la spiegherà". Pietro rifiuta totalmente Gesù: lui non lo vuole per quello che lui è. Cosa succede quindi? Gesù si manifesta nella sua gloria (cioè per quello che Lui veramente è). Solo che Gesù non è affatto come gli apostoli volevano che lui fosse. Pietro, prima di qui, aveva ricevuto un rimprovero feroce da Gesù: "Lungi da me satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini" (Mc 8,33). Giovanni stesso ha delle beghe con Gesù. Un giorno infatti voleva impedire ad uno che non era dei loro di scacciare i demoni (Mc 9,38-39). E Gesù gli dirà: "Chi non è contro di noi, è per noi". Cioè: tutto ciò che è bene, da dovunque venga, se è bene, viene da Dio. Nessuna gelosia, nessun possesso di Dio. Allora: quando vedono che Gesù non è come loro lo pensavano, lo vedevano, lo avrebbero voluto e se lo immaginavano, hanno paura della sua punizione e del suo castigo. Nell'A.T., infatti, Dio punisce i disobbedienti e i traditori. Vedono, ancora, Gesù con i loro "vecchi" occhi. Tutto ciò che segue spiega questo: "Maestro è bello per noi stare qui" (Mc 9,5): cercano di tenersi buono Gesù! "Non sapeva cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento" (Mc 9,6): ma non è lo spavento di ciò che hanno visto, ma delle conseguenze di ciò che hanno visto (della punizione di Gesù/Dio). "La nube" (Mc 9,7): segno della presenza di Dio. "Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo" (Mc 9,7). Lui dovete ascoltare e non Mosè o Elia, come voi avete sempre fatto e come voi vorreste continuare a fare, attaccati al vecchio, alla tradizione e a ciò che è stato. "E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro" (Mc 9,8). Ci rimangono male: "Ma come, noi credevamo in Mosè, in Elia e invece dobbiamo credere solo in Gesù, eliminando tutto ciò che prima credevamo?". Gli apostoli per accettare Gesù hanno dovuto abbandonare, lasciare, rigettare, tutto ciò che prima credevano. Non fu per niente facile... e possiamo ben capirli! Per questo quando tornano giù Mc dice (9,9-10) che non ci hanno capito niente. Capiranno, ma molto più tardi, solo dopo la resurrezione. Cosa dice a me allora questo vangelo? Pietro non accettava Gesù: lui lo voleva diverso. Solo che amando il Gesù che aveva nella sua testa, non amava il Gesù reale, carne ed ossa, com'era veramente. Amava la sua idea di Gesù, non Gesù. Accetta le persone per quello che sono e non per quello che tu vorresti che loro fossero. Ama la realtà perché è l'unica cosa che veramente esiste. Se ami le persone perché sono come te, perché pensano come te, perché fanno quello che tu vuoi, perché sono identiche a te, non stai amando nient'altro che te stesso (te in loro). Accetta le persone per quello che sono. Una donna aveva un marito che andava al bar e si ubriacava sempre. Lei ogni giorno gli diceva: "Tu non hai mai tempo per me. Ci sono sempre prima gli amici, il bar, gli altri: e io? dove sono io? Perché non fai mai niente per me?". Il problema è che suo marito era così (o forse cambiare era troppo oneroso per lui), solo che lei non lo accettava così. Lei vedeva in suo marito il buon maritino di casa, che torna, che gioca con i figli, che parla con la moglie, tutto dolce e premuroso. Lui, però, non era così. Lei non lo accettava. Un giorno, però, lo accettò: e visto che lui era così e solo così, lei se ne andò di casa. Accetta che gli altri siano diversi da te. C'è un avvocato che ha una figlia: lui la vede già nel suo studio, magari un famoso magistrato, conosciuto e rinomato. Solo che a sua figlia piace l'arpa e vuole vivere suonando l'arpa. Cos'è l'amore? Accettare che gli altri facciano una strada che non è quella che noi vorremmo per loro. Lo accettiamo perché è la loro strada e non la nostra. Amare è dire: "Io farei diverso, ma accetto la tua scelta. Il mio amore non viene meno se tu fai così". Accetta ciò che accade. Un medico doveva tenere una relazione al Congresso Mondiale dei Medici a New York: era eccitatissimo dalla cosa. La settimana prima però, venne investito da un auto con rottura di bacino, perone, tibia e varie costole. Dovette restare fermo, immobile. Imprecò contro la mala sorte e non riusciva a darsi pace per ciò che gli era successo (non accettazione). Se ne diede molta quando seppe che il suo aereo era precipitato in mare. Accetta questo mondo. "Questo mondo fa schifo; la gente ti frega sempre; ciascuno pensa a sé, non c'è più solidarietà". Forse. Ma se eliminiamo questo mondo "di schifo", che altro mondo ci rimane? E se provassimo ad amarlo? E se provassimo noi a farlo diverso? L'amore è accettazione. Posso non condividere, posso essere contrario, posso dirti: "Io non sono d'accordo; io non farei così", ma accetto perché è la tua vita e non la mia. La vera prova dell'amore è quando ti amo anche se tu non corrispondi ai miei parametri: "Perché, dice Gesù, se amate quelli che vi amano (cioè quelli che pensano come voi), ma che merito ne avrete?" (Lc 6,32). "Amate i vostri nemici, quelli che vi odiano" (Lc 6,27-35)... vuol dire: "Ti accetto, rispetto, hai diritto di esserci, anche se sei totalmente opposto a me". Dag Hammarskjold scrive. "A tutto ciò che è stato, grazie e a ciò che sarà, sì". Questa è l'accettazione. Questo è l'amore. Come Maria: "Sì a tutto". L'accettazione dà la pace vera. Prima che il commercio degli schiavi fosse abolito, Abramo Lincoln, assistendo alla messa all'asta di una giovane donne nera, prese parte alle offerte, con grande stupore degli astanti, essendo nota a tutti la sua posizione in merito alla schiavitù. Lincoln fece l'offerta più alta e diventò proprietario della schiava. Appena ricevuti i documenti di proprietà, Lincoln li mise in mano alla donna dicendole: "Tieni, ora sei libera". La donna prese i documenti e domandò. "Signore, posso andare dove voglio e fare ciò voglio?". "Certo!", rispose Lincoln. "Allora, signore, io voglio venire con voi e servirvi per il resto della mia vita". Amare gli altri è accettarli e renderli liberi di fare la loro strada. E se faremo così ameremo e saremo amati. Pensiero della settimana Se ami solo quelli che la pensano come te non stai che amando te. |