Omelia (11-03-2012)
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COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di Padre Gianmarco Paris

Il cammino della quaresima incalza, e nella parrocchia dove mi trovo a svolgere il ministero pastorale un gruppo di adolescenti, di giovani e di adulti si prepara a ricevere il battesimo, dopo un cammino di quattro anni. Grazie a loro mi è più facile ricordare agli altri cristiani che partecipano alla messa domenicale che la quaresima è di fatto un cammino in cui tutti siamo chiamati a riscoprire il significato del battesimo, che ci ha fatti entrare una volta per tutte nel "mistero pasquale" di Gesù.
È per questo che all'inizio della Quaresima la Chiesa ci ha invitato a pregare così: concedi, o Signore, che per mezzo dell'osservanza quaresimale, raggiungiamo una maggiore comprensione del mistero di Cristo, e la nostra vita ne sia una degna testimonianza.
Questa preghiera esprime il senso del cammino quaresimale, a patto che intendiamo il termine "comprensione" non in senso soltanto intellettuale, ma in senso ampio, che tocca tutte le dimensioni della nostra vita. Siamo chiamati infatti a "entrare" nel mistero di Cristo con la mente, per capire perché Lui ha vissuto in quel modo; con il cuore, per sentire l'amore che ci ha manifestato; con il desiderio e la libertà, per decidere di imitare il suo stesso modo di vivere. Piano piano scopriamo che questo "entrare" nel mistero di Gesù non è altro che vivere il nostro battesimo, cioè ritrovarci sempre più in Gesù, sentire che il suo modo di vedere e affrontare la vita è quello che anche noi cerchiamo.
Se la quaresima è un unico grande itinerario di riscoperta del battesimo mediante la riscoperta del mistero di Gesù, non è difficile percepire come le domeniche che la compongono (e la liturgia della Parola di queste domeniche) sono le tappe principali di questo itinerario.
Dopo essere stati con Gesù nel deserto, scoprendo che anche lui si è confrontato con le "bestie" che ci minacciano e con il potere del male che ci porta lontano da Dio; dopo essere stati con Lui sul monte della trasfigurazione, sentendo la voce della nube che lo confermava come il Figlio amato e ci ordinava di ascoltarlo mentre indica il cammino dell'offerta di sé per giungere alla vita piena, oggi il Vangelo di Giovanni ci fa incontrare Gesù nel tempio di Gerusalemme, mentre compie uno dei gesti più sconcertanti della sua vita (è significativo che tutte e quattro i vangeli riportino questo episodio; così nei vangeli avviene soltanto per gli ultimi giorni della vita di Gesù).
Quale aspetto del mistero di Gesù ci aiuta a penetrare e meditare questa pagina di Vangelo?
Una prima spontanea reazione è quella di pensare all'umanità di Gesù, che - come ciascuno di noi - perde la pazienza e si arrabbia quando si confronta con qualcosa che non corrisponde con il suo modo di vedere e con le sue aspettative.
Pur senza negare questo aspetto dell'umanità di Gesù, dobbiamo fare come i discepoli, che dopo la resurrezione si sono ricordati del gesto di quel giorno nel tempio e lo hanno compreso alla luce dei salmi: "lo zelo per la tua casa mi divorerà" (Salmo 69, 10). Anche noi, dobbiamo vedere in questo gesto una luce che illumina tutto il mistero, la vita di Gesù. La sua vita fu realmente "divorata" dallo zelo per il Padre; Egli è vissuto profondamente obbediente al Padre, fino al punto di dare tutto se stesso per realizzare il suo progetto. Nel dialogo tra Gesù e i giudei che gli chiedono conto del gesto che ha compiuto (cioè gli chiedono le credenziali che giustificano il gesto), Gesù risponde identificando il tempio con il suo corpo: distruggetelo e io lo ricostruirò in tre giorni. È normale che i giudei non l'abbiano capito, ma per noi cristiani che ascoltiamo queste parole dopo la Risurrezione, il messaggio è forte e chiaro. Ciò che prima si faceva attraverso il tempio, attraverso i riti sacrificali (per i quali era necessario tutto il sistema di vendita di animali e di cambio dei soldi), cioè la ricerca della comunione con Dio e la richiesta di perdono dei peccati, ora lo si fa attraverso il corpo di Gesù, che nella morte è stato distrutto e nella risurrezione è stato glorificato.
Ciò significa che i sacrifici e i riti sono stati semplificati (l'unico rito dei cristiani è la messa, il sacrificio di Gesù) e sono stati resi accessibili a tutti in ogni momento. Infatti anche noi possiamo lasciarci "divorare dallo zelo" per la casa del Signore, cioè possiamo vivere orientati dalla volontà del Signore, prendendo Lui come centro di ogni nostra scelta, azione, progetto.
La legge di Dio, che la prima lettura ricorda raccontandoci le dieci parole dei comandamenti (e il salmo 18 loda come ciò che rallegra l'uomo), ha questo significato e finalità: orientare i passi dell'uomo nella volontà di Dio. Gesù non ha abolito i comandamenti, ma ne ha mostrato il senso, il centro, ci ha fatto vedere che non si tratta di semplici precetti da osservare scrupolosamente per il timore di incorrere in punizioni, ma di fari accesi da Dio per il suo popolo, che cammina nell'oscurità e desidera percorrere il cammino giusto.
Gesù quel giorno nel tempio deve essere sembrato molto strano, forse un po' folle. San Paolo porta alle estreme conseguenze questa impressione: la croce, cioè il punto di arrivo del cammino di Gesù iniziato a Cana di Galilea e subito dopo nel Tempio di Gerusalemme, è di fatto una pazzia agli occhi di greci e giudei. Ma è la pazzia di Dio, forse l'unico modo per dire fino a che punto arriva il suo amore per gli uomini.