Omelia (25-12-2003)
a cura dei Carmelitani
Gesù: Dio-con-noi

1. Invochiamo lo Spirito Santo

Spirito di vita,
che alitando sulla massa delle acque
della creazione
hai portato vita e bellezza là dov'era il caos!
Spirito di vita,
che guidando Israele come colonna di fuoco
nella notte
hai condotto gli schiavi alla libertà!
Spirito di vita,
che coprendo Maria con la tua ombra
silenziosa ed efficace
hai portato Dio Figlio fra gli uomini!
Spirito di vita,
che comunicando la luce della Verità
del Padre nel Figlio
ci rendi capaci di confessare la fede in Gesù Cristo Signore!
Spirito di vita,
guidaci sulle strade della nostra Betlem,
per scoprire nella gioia
la presenza di Dio Figlio nel figlio di Maria
che vive in mezzo a noi.

2. Il Vangelo

I. Le premesse e la chiave di lettura biblica e liturgica
a) Al termine del cammino dell'avvento, l'attesa di Dio Salvatore è giunta al culmine e si è concentrata, negli ultimi giorni che precedono il Natale, sulla persona del figlio di cui Maria di Nazaret è venuta misteriosamente incinta. Come in uno zoom cinematografico, le letture e le preghiere liturgiche (nell'Eucaristia e nella liturgia delle Ore) hanno gradualmente concentrato il nostro sguardo orante in un crescendo di attenzione al mistero dell' incarnazione di Dio Figlio.

b) Dopo gli annunci consecutivi della nascita di Giovanni e di Gesù e dopo la clamorosa venuta al mondo di Giovanni, con gli "strani" avvenimenti a essa seguiti, Luca narra la venuta al mondo di Gesù, il Messia, e gli avvenimenti meravigliosi vi sono collegati.

c) Siamo al culmine del "vangelo dell'infanzia" nella versione lucana.
I "vangeli dell'infanzia" rispondono a una precisa esigenza, che si riscontra anche nel Primo Testamento (si vedano i racconti dell'Esodo relativi alle circostanze della nascita di Mosè) e un po' in tutta la letteratura antica: scoprire i segni del futuro splendore dei grandi personaggi fin nella loro prima infanzia e, addirittura prima della nascita, in modo da comprenderne meglio il destino e interpretarne tutta l'esistenza sotto una luce particolare.
Riguardo Gesù, abbiamo anche nel vangelo di Matteo una sezione che narra gli avvenimenti dell'infanzia, ma vi sono narrati avvenimenti ben diversi da quelli che leggiamo in Luca. La particolarità dei racconti dell'infanzia in Luca, che coprono i primi due capitoli del vangelo, è data dai tre bellissimi cantici (il "benedictus", il "magnificat" e il "nunc dimittis") ampiamente tratti da brani del Primo Testamento e adottati dalla Chiesa nelle celebrazioni principali della Liturgia delle Ore, dalla valorizzazione dei personaggi umili e pieni di fede semplice in Dio (come avviene un po' in tutto questo vangelo) e dalla prospettiva specifica: Luca sembra vedere l'infanzia di Gesù a partire dalla persona di Maria che è coprotagonista e testimone privilegiata degli avvenimenti riferiti.

d) Dividiamo il brano in due parti: la narrazione della nascita (vv. 1-7) e l'annunzio ai pastori (vv. 8-14).

II. Il testo: Luca 2, 1-14
1 In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2 Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. 3 Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. 4 Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, 5 per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. 6 Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7 Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo.
8 C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. 9 Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, 10 ma l'angelo disse loro: "Non temete, ecco, vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo; 11 oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. 12 Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia". 13 E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva: 14 "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra gli uomini che egli ama".

3. Uno spazio di silenzio
per lasciare che la Parola di Dio ci impregni il cuore e la mente.

* Siamo di fronte all'avvenimento che è il cardine della storia, per noi Cristiani: tant'è vero che molti secoli fa si è pensato di fissare l'anno zero, quello che divide la storia in due grandi parti, proprio in quello che si riteneva fosse l'anno di nascita di Gesù.

* È importante che ci fermiamo a guardare nel buio di questa notte di Giudea: la luce più bella e più grande della storia splende per la prima volta proprio lì dove la notte è più profonda, proprio lì dove non ci aspettiamo di trovarla. Inutile fermarsi alle apparenze, bisogna lasciarsi coinvolgere, per poter comprendere.

4. La Parola che ci è donata

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò... di tutta la terra: Si tratta del celebre Ottaviano, figlio adottivo di Giulio Cesare, che dominò Roma dal 31 a.C. e a cui il Senato attribuì il titolo di "Augusto" nel 17 a.C.. Morì nel 14 d.C. e gli successe il figlio adottivo Tiberio (Lc 3, 1). Il regno di Ottaviano è ricordato come l'epoca d'oro per Roma e i suoi territori, il tempo della "pax romana". Questo richiamo storico serve all'evangelista per inquadrare la nascita di Gesù alla storia universale e anche a farci ricordare che l'epoca che sta iniziando è il tempo della realizzazione della promessa della "pace messianica" che è anche un tempo di abbondanza e di felicità per tutti. A noi, sulla base delle conoscenze storiche moderne, dà anche la possibilità di correggere la datazione dell'anno di nascita di Gesù, che sarebbe avvenuta fra l'anno 10 e il 4 a.C..
"Quei giorni": il termine indica qualcosa di particolare importanza: inizia il tempo della salvezza.
"Tutta la terra": si usa "oikumene" nel significato normale del suo tempo: tutti i sudditi di Roma. Ottaviano volle, infatti, censire gli abitanti di diverse province.
Origene scrive: "In questo censimento del mondo intero Gesù doveva essere incluso... affinché potesse santificare il mondo e trasformare il registro ufficiale del censimento in un libro di vita".
... si facesse un censimento... quando era governatore della Siria Quirinio: La storia non ricorda censimenti in Palestina prima del 6 d.C. e Quirinio divenne governatore della Siria (provincia romana cui apparteneva la Giudea) solo dopo la morte di Erode, che regnava al tempo della nascita di Gesù (cfr Mt 2,1). Questa difficoltà a far corrispondere la storia profana con il racconto di Luca ci fa comprendere: (a) che le notizie in suo possesso non erano molto precise dal punto di vista storico (nonostante lo stesso evangelista dichiari, nel suo prologo, di essersi impegnato a raccogliere e riferire notizie storiche, cfr 1, 3-4), e (b) che a lui, in effetti, interessa soprattutto darci l'inquadratura generale dell'evento: il tempo della "pax romana".
Il censimento serviva all'imperatore solo per prevedere le entrate fornite dalla tassazione dalle popolazioni ebraiche, esonerate dal servizio militare. Per Luca il censimento è l'occasione provvidenziale della nascita di Gesù a Betlemme.
La procedura descritta è ricordata per il censimento voluto da Roma per l'Egitto. La prospettiva provvidenziale di Luca nel raccontare i fatti emerge anche dal fatto che Giuseppe porta con sé Maria: le donne non dovevano farsi registrare, dunque la giovane puerpera avrebbe potuto rimanere a Nazaret.
Ai re ebrei era, invece, proibito da Dio indire censimenti (cfr 1Cron 21, 1-18).
Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, salì... alla città di Davide, chiamata Betlemme: Di solito "città di Davide" è usato per indicare Gerusalemme, ma qui Luca fa forse riferimento a 1Sam 16, 1-13 e Mic 5, 1: Davide, il fondatore della casata reale di Giuda, proveniva dalla piccola città di Betlemme, dove viene individuato dal profeta Samuele e riceve da lui la prima consacrazione reale.
Secondo l'evangelista, Giuseppe è membro del ramo principale della famiglia davidica? Le parole usate e la forte sottolineatura di esse ce lo fanno pensare. Comunque, Giuseppe assolve una funzione essenziale, pur essendo padre di Gesù solo giuridicamente: mediante la sua paternità Gesù viene a essere inserito nella discendenza davidica e, pertanto, è il Messia regale nel quale si realizzano le profezie (cfr 2Sam 7, 8-17).
... insieme con Maria, sua sposa, che era incinta: Facendola viaggiare con Giuseppe, Luca mostra che ella è considerata a pieno titolo legale membro della famiglia davidica.
Come in 1,27, Luca usa una parola che in italiano può indicare anche la "fidanzata" o "promessa sposa". Forse è un modo per indicare che Giuseppe non è il padre naturale del nascituro.
... il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia: Luca da semplicemente la notizia della venuta al mondo del Messia davidico. Usa "primogenito" e non "unigenito", perché gli interessa indicare che egli, come tutti i primogeniti maschi d'Israele, è consacrato al Signore e gode di particolari diritti, specie di quello di essere il capo della discendenza (cfr Es 13,2.12.15).
Ma Gesù è anche "il primogenito fra molti fratelli" (cfr Rm 8, 29).
I segni delle cure di Maria, come di ogni madre ebrea del tempo, sono anche i segni indicati ai pastori dall'angelo (1, 12).
Non c'era posto per loro nell'albergo: "Albergo" dovrebbe essere tradotto anche "sala degli ospiti" o "stanza". Per "albergo" o "locanda", Luca usa un altro termine (es. in 10, 34). Perciò la frase dovrebbe suonare: "non disponevano di spazio nella stanza", che probabilmente un vasto ambiente costruito a ridosso di una grotta, usata come stalla per animali domestici.
In quella regione si trovavano dei pastori: Primi destinatari del vangelo, felice e buona notizia della fedeltà di Dio alle promesse e della sua presenza salvifica in mezzo agli uomini sono alcuni pastori. Essi, a causa delle esigenze del loro mestiere, degli spostamenti e della cura per il gregge, erano considerati persone infedeli agli obblighi imposti dalla Legge, uomini non degni di stima e di fede. La loro testimonianza non era accettata solitamente dai tribunali ebraici. L'annuncio, dunque, viene rivolto a dei "poveri", gli ultimi nella scala socio – religiosa, seguendo un orientamento al quale Gesù sarà molto fedele durante la predicazione.
Un angelo del Signore...: Nelle tradizioni primitive dell'Antico Testamento, gli angeli si distinguono difficilmente da Dio (Gn 16, 7-13); lo scopo della loro presenza è sempre quello di essere mediatori tra Dio e gli uomini, salvaguardando la trascendenza di Dio. Nel Nuovo Testamento, hanno un ruolo importante (per es. Mt 1, 20-24; Lc 2, 9-15; Gv 20, 12-13): sono a servizio della salvezza dell'umanità (Eb 1,14).
Qui agiscono come veri e propri "annunciatori" del vangelo della nascita umana di Dio Figlio: la gloria di Dio in cielo si manifesta, almeno per qualche istante, sulla terra poi scompare nella quotidianità di un'esistenza che appare uguale alle altre.
Ecco vi annunzio una grande gioia: Con il v. 8 la scena si sposta dall'ambito intimo - familiare della nascita di Gesù alla sua rivelazione pubblica, davanti ai primi testimoni: i pastori. Il cuore di questa seconda parte del brano è: "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide, un salvatore, che è il Cristo Signore" (vv. 10-11).
Il messaggero divino dichiara innanzitutto le sue intenzioni: egli annuncia una grande "gioia" che non è donata solo ai pastori, ma a tutto il popolo. Compare per la prima volta qui la parola "vangelo" e ritorna, giustamente connesso a questo termine, il tema della gioia che è l' oggetto diretto della buona novella parola gioia si estende come un filo rosso lungo tutta l' opera di Luca.
Se seguiamo questo filo a ritroso nel racconto lucano, vediamo che a Zaccaria sono promesse "gioia e delizia", "molti si rallegreranno" per la nascita di Giovanni a motivo della "storia" che Dio sta cominciando col suo Popolo (1, 14).
Incontrandosi con Maria, il bambino di Elisabetta sobbalza di gioia nel suo seno (1, 44).
La ragione e il contenuto di questa "grande gioia" è, in questo caso, il messaggio della natività, perché in Gesù, "Dio ha visitato e redento il suo popolo" (1, 68), si è preso cura dell'umanità smarrita "come aveva promesso ai padri e ai profeti" (1, 55), ha dimostrato la sua benevolenza per gli uomini suoi figli.
La gioia è uno degli effetti essenziali dei miracoli di Gesù. I 72 discepoli che tornano dalla missione pieni di gioia e di orgoglio per aver sconfitto i demoni, si sentono dire: "Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi, rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli" (10, 20).
Ciò che è veramente importante è che Dio in persona tratta misericordiosamente colui che si era smarrito. Per questo si fa grande festa in cielo per ogni peccatore che si converte.
Anche la conversione, perciò, è gioia: tutto il capitolo 15 di Luca è un continuo invito di Gesù a rallegrarsi con Lui perché il figlio perduto ritorna al Padre (15, 7. 10. 32).
Infine, vediamo che pure la conclusione del vangelo di Luca vibra di una gioia incontenibile (24, 41. 52) e che c'è anche la gioia, quella narrata in Atti, provata dagli apostoli in occasione di oltraggi e persecuzioni, la stessa gioia che Gesù annuncia nel discorso delle beatitudini: "...ma essi [Pietro e Giovanni] se ne andarono dal Sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del Nome di Gesù" (At 5, 41; cfr Mt 5, 10-11).
Ma in cosa consiste la gioia del credente? Certamente non in un sentimento che "si ha", "si sente" o di può "dimostrare"; è una dimensione di serenità e felicità profonde che si radicano nella certezza della presenza fedele di Dio, è la gioia "nel Signore" di cui parla Paolo nelle sue lettere: "Per il resto, fratelli miei, state lieti nel Signore" (Fil 3, 1); "Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede" (Rm 15, 13).
Essa è gioia nella fede, pur attraverso lotte e timori di ogni genere e attende fiduciosa il suo Signore risorto (Gv 16, 21-23). Come tale essa è frutto dello Spirito santo (cfr Rm 14,17; Gal 5, 22).

5. Preghiamo: Salmo 138 (137)

Lodando il Dio fedele e misericordioso
che ci ha donato suo Figlio

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
A te voglio cantare davanti agli angeli,
mi prostro verso il tuo tempio santo.
Rendo grazie al tuo nome
per la tua fedeltà e la tua misericordia:
hai reso la tua promessa più grande di ogni fama.
Nel giorno in cui t'ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.
Ti loderanno, Signore, tutti i re della terra
quando udranno le parole della tua bocca.
Canteranno le vie del Signore,
perché grande è la gloria del Signore;
eccelso è il Signore e guarda verso l'umile
ma al superbo volge lo sguardo da lontano.
Se cammino in mezzo alla sventura
tu mi ridoni vita;
contro l'ira dei miei nemici stendi la mano
e la tua destra mi salva.
Il Signore completerà per me l'opera sua.
Signore, la tua bontà dura per sempre:
non abbandonare l'opera delle tue mani.

6. Concludiamo

Lodando ancora il Padre, utilizzando le parole della liturgia di Natale: ciò che gli angeli fanno nell'eternità, noi possiamo e dobbiamo farlo nel tempo, esprimendo anche la nostra felicità perché Dio Figlio si è fatto nostro fratello:
È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.
Nel mistero del Verbo incarnato è apparsa agli occhi della nostra mente la luce nuova del tuo fulgore, perché, conoscendo Dio visibilmente, per mezzo suo siamo rapiti all'amore delle realtà invisibili.
E noi, uniti agli Angeli e agli Arcangeli, ai Troni e alle Dominazioni e alla moltitudine dei Cori celesti, cantiamo con voce incessante l'inno della tua gloria: Santo, Santo, Santo, Colui che ci ama dall'eternità e ci conduce alla salvezza donandoci la propria divinità.