Omelia (18-03-2012)
don Giovanni Berti
Una notte luminosa

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E' notte quando Nicodemo, capo dei Giudei, si reca da Gesù.
La collocazione temporale che l'evangelista sottolinea non è affatto casuale, ma aiuta anche ad entrare nello stato d'animo di Nicodemo e nella sua situazione di fede.
Forse nel suo desiderio di conoscere meglio Gesù possiamo riconoscere il nostro desiderio; forse nel suo "buio interiore" possiamo riconoscere anche le nostre oscurità d'animo.
Ci sono tante esperienze della vita che tendono a "spegnere la luce" della nostra fede e a farci apparire la fede e Dio come qualcosa di spento e oscuro.
Leggere questa pagina del vangelo è come seguire Nicodemo e metterci ad ascoltare le sue domande e le risposte di Gesù, che sono scritte anche per noi oggi.
In questi giorni nella mia parrocchia abbiamo avuto il lutto grande della morte di un giovane di 22 anni, Daniele, che con la sua moto è volato addosso ad una macchina che procedeva in senso contrario e stava per svoltare. Un giovane stava andando a casa dalla sua famiglia che lo aspettava per cena, e un padre stava accompagnando i figli alla scuola di musica. Lo schianto ha gettato una improvvisa oscurità su queste due vite e queste due famiglie. Si è spenta la felicità e la vita di un ragazzo giovane, della sua famiglia e degli amici. Ma anche dall'altra parte si è spenta improvvisamente la normalità e serenità della vita, con un fatto che segna tutta la vita.
E' in questo tipo di buio che Gesù, Maestro interiore, ha qualcosa da dire per ridare luce e speranza.
A Nicodemo Gesù ripropone una immagine biblica che il capo dei Giudei aveva ben presente: Mosè innalza su un palo un serpente di rame perché chiunque del popolo è morso dai serpenti nel deserto non muoia ma trovi immediata guarigione. Per un conoscitore della Scrittura come lo era Nicodemo, quella era una immagine di perdono e di misericordia. I serpenti segno di punizione per il popolo infedele durante l'Esodo, sono sconfitti dal serpente innalzato da Mosè.
Gesù si lega a questa immagine per dare un senso alla sua storia, e soprattutto un senso a quello che sta per vivere, cioè la sua morte sulla croce e la sua resurrezione.
Gesù innalzato sulla croce ed elevato sulla morte, è guarigione della vita, è segno concreto di un amore che non è mai oscurato dalla morte, è invito a credere in Dio e nell'amore che Dio ha messo nell'uomo.
Credere non è tanto immagazzinare e accettare una serie di conoscenze e regole, ma prima di tutto è credere nell'amore di Dio, credere nella misericordia che c'è dentro la storia di Gesù. Fede è credere che non c'è notte così oscura da non poter trovare alla fine la luce della pace e dell'amore. Fede è credere che possiamo amare, per quanto oscura possa essere a tratti la nostra vita e le nostre incoerenze.

"Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio...
non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo,
ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui...
Chi crede in lui non è condannato..."

Queste sono parole che non sono solo da leggere e ragionare, ma prima di tutto sono da pregare, da far entrare proprio la dove ci sentiamo oscurati e soli.
Queste sono parole che vorrei scendessero nei cuori della famiglie di Daniele, nei cuori dei suoi amici e nel cuore del padre che accompagnava con la sua macchina i figli a scuola di musica.
Queste parole di Gesù volevano in quel tempo illuminare Nicodemo, e la notte di Nicodemo è diventata pian piano luminosa...
Questa luce è anche per noi, e per tutti coloro che ancora oggi cercano luce nelle proprie notti.


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