Omelia (06-01-2004)
padre Gian Franco Scarpitta
Una questione di cuore

E' realtà indiscussa che l'uomo di tutti i tempi sia alla ricerca di un orientamento, e specialmente nella cultura del post-moderno, come con insistenza affermano i testi di Bruno Forte, proceda a tentoni nella ricerca di un qualsivoglia espediente atto a colare le lacune del vuoto e della mancata riscoperta del senso della vita.
A queste istanze si risponde in molteplici forme e attraverso svariati ricorsi quali le ideologie, l'accanimento sulla tecnologia e sulle scoperte scientifiche... il settarismo; ma per noi che abbiamo accolto il dono della fede nel Dio fatto uomo, la risposta alle esigenze suddette non può che risiedere in una sola persona, o meglio in un solo evento: Gesù Cristo, il Dio che si è spogliato di ogni sua qualità ed eccellenza per raggiungere l'uomo perfino nell'infanzia più miseranda e precaria.
Tuttavia, se da una parte noi siamo intellettualmente certi che il nostro orientamento effettivo è Cristo, dall'altra forse non ci domanderemo mai abbastanza se Egli lo sia in senso pieno, in tutti gli ambiti e le sfaccettature del vissuto: siamo realmente convinti che Cristo sia davvero il carattere di centralità del nostro essere e del nostro agire?

Invitandoci ad un'accurata riflessione, ci aiuta a trovare una risposta la liturgia odierna. Essa innanzitutto richiama la nostra attenzione su un dato di fatto non trascurabile: mentre le nostre ansie ci inducono cercare Cristo partendo solo dai nostri mezzi e avvalendoci dell'insufficienza delle nostre forze, va' considerato invece che la procedura primaria per poterci accorgere di Lui risiede nella consapevolezza che LUI PER PRIMO ci interpella e viene a visitarci con la sua ineffabile presenza. Già nelle domeniche precedenti avevamo affermato che in nessun modo potrà mai darsi l'ascolto da parte nostra della Parola di Dio fin quando di Lui non abbiamo ascoltato la voce, vale a dire percepito la sua presenza reale ed effettiva nel nostro contesto vitale; e adesso lo riaffermiamo con forza osservando la scena della grotta di Betlemme: essa attira uomini fino a quel tempo presuntuosi e preclusi a motivo della loro sapienza e della loro erudizione, ossia i Magi, la cui identità è ancora da appurare ma che gli studiosi sono soliti decifrare come astronomi nonché esperti di materia celeste; in tutti i casi si tratta di uomini invischiati dalla sapienza e dall'erudizione, difficilmente sensibili all'apertura di cuore che comunque adesso vengono attratti dalla presenza di Gesù Bambino Verbo di Dio non già mentre questi predica o agisce, ma piuttosto mentre coltivando il silenzio si trastulla fra le braccia della mamma.

(Su questo assunto suggerirei la riflessione del P. Avrillon sul mio file "Esercizi Spirituali sulla Divina Infanzia" www.qumran2.net)

E' la semplice presenza del Fanciullo quindi quella che opera nella loro sensibilità e della quale si accorgono... attraverso una Cometa.
Probabilmente questa sarà stata anche un fenomeno astronomico reale oggi scientificamente fondato, tuttavia noi ci ostiniamo ad affermare che non è affatto casuale: nella Cometa risiede infatti la Luce, cioè sempre la presenza del divino che intende orientare l'uomo, come già si afferma del resto alla Prima Lettura tratta dal Profeta Isaia, che dal canto suo definisce Dio stesso "Luce che viene" a rinnovare la vita di Gerusalemme; ebbene, alla vista di questa luce-presenza perfino degli scienziati enormemente avvinti dalle certezze del loro sapere vengono condotti al Fanciullo.
Essi provano gioia nel notare la Stella ma soprattutto esultano nell'adorare il Figlio di Dio mentre depongono (proprio loro!) tre doni emblematici: 1)oro, il simbolo della regalità che afferma appunto il carattere regale di questo Bambino; 2) incenso, che simboleggia la divinità e riconosce quindi nel Fanciullo il Re dell'universo; 3) mirra, il materiale con il quale si imbalsamavano i cadaveri e che richiama l'attenzione sulla futura morte dello stesso Re per la Resurrezione.
Da tutto questo risulta evidente anche il termine stesso Epifania (epi-faino): si tratta infatti della rivelazione o manifestazione di Dio su di noi. Non per niente nella Chiesa delle origini veniva celebrata lo stesso giorno del Natale: Dio che si Incarna, si manifesta automaticamente.

Abbiamo detto più volte che il carattere di esteriorità delle nostre feste può aiutarci nella disposizione spirituale verso le medesime e pertanto anche festeggiare l'Epifania nelle nostre tavole non è cosa del tutto da buttare; ma senza nulla togliere alle tradizioni popolari essa diventa usanza del tutto illecita quando nelle comuni convinzioni l'Epifania viene interpretata solo alla stregua di una vecchietta che porta i doni ai bambini... La Befana... e ancora più disdicevole quando essa venga menzionata solamente come la festa dei bambini. Si tratta di una modalità di escludere la certezza del Natale che perdura nei nostri cuori e relegarlo al solo giorno del 25 Dicembre (quando esso appunto si estende per tutto il tempo liturgico fino al giorno presente) ma soprattutto costituisce l'ostinata mondanizzazione del mistero di Cristo fatto Bambino che intende rivelarsi all'umanità per costituire l'orientamento di essa.
In questa Solennità piuttosto, noi riscopriamo la necessità di rinnovare la nostra convinzione quotidiana che Dio è presente nella nostra vita, e che la Sua Compagnia già in se stessa è prerogativa atta a colmare i nostri vuoti e le nostre lacune infondendo certezza e speranza nel presente e nel futuro... Quindi a valutare maggiormente l'efficacia della Parola; rimane tuttavia il fatto che questo costituisce pur sempre una questione di cuore, vale a dire: finché ci si preclude e ci si nasconde dietro alle nostre certezze l'Epifania non apporterà mai nulla di nuovo in noi. Quindi, sulla scia dei Magi occorre rompere i legami eccessivi della razionalità e degli ambiti umani e lasciare spazio alle esigenze del cuore, eseguendo un atto di affidamento libero e spontaneo al Mistero una volta che Questo ci si è reso presente nell'ottica della fede e della speranza... E anche noi andremo a Betlemme.

LA PAROLA SI FA' VITA
-Spunti per la riflessione-

--Quali avvenimenti sono stati per me epifanie del Signore?

--Considerando i doni recati dai Magi, quale di questi tre interpreto personalmente più importante?

--Nella dimensione del mio quotidiano sono facile al razionalismo esasperato o riesco ad lasciare il dovuto spazio all'apertura del cuore?

--Il tempo di Natale si va chiudendo: tiriamo le somme