Omelia (25-03-2012) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Dio delll'amore, Dio della croce Il profeta Geremia preannuncia la novità dell'alleanza definitiva di Dio con il popolo d'Israele, che sarà liberante e innovativa per la vita dei singoli e dell'intero popolo. Essa riguarderà, accanto alla liberazione dall'oppressione dell'esilio babilonese, la nuova vita fondata non più sulla tassatività della legge scritta, ma sui radicali imperativi che scaturiscono dal cuore e dall'intimo, dalla consapevolezza cioè di aver instaurato una familiarità intima con Dio. La liberazione e la nuova alleanza raggiungeranno tutto il popolo, lo beneficeranno e lo renderanno edotto dell'efficacia dell'amore di Dio che può apportare ogni sorta di pace, di giustizia e di bene a partire dal rinnovamento profondo del singolo soggetto umano. Così Dio fa anche in questi Greci, uomini del tutto differenti dal pensiero e dal costume Giudaico, perché provenienti da una forma mentis pagana e refrattaria alla trascendenza e alla possibilità del sacro. Probabilmente essi dovevano essere dei neofiti approdati al cristianesimo o uomini in ricerca, fatto sta che adesso vogliono vedere Gesù. La loro richiesta ci ricorda l'atteggiamento creativo di Zaccheo che salì sul sicomoro perché, nel mezzo della folla che si accalcava per la via, "voleva vedere quale fosse Gesù: anche lui era differente da Giudei e Cristiani perché era "capo dei pubblicani e ricco", cioè peccatore e refrattario. Nell'uno e nell'altro caso, la richiesta viene soddisfatta dallo stesso Signore che si mostra e si propone. Nel caso dei Greci, Gesù offre loro se stesso annunciando non il Dio della sapienza o del raziocinio che essi si sarebbero aspettati, non il sottile ragionatore o il dotto sapiente, ma il Figlio dell'Uomo che sarà glorificato per mezzo della morte e della risurrezione. Annuncia loro insomma il Dio crocifisso, lontano dalla concezione pagana e filosofica ma esplicito nella sua concretezza poiché è il Dio che appunto nel supplizio della croce mostrerà il suo potere salvifico a vantaggio dell'uomo. Come dirà poi Paolo: "E mentre i Giudei chiedono miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani, ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio (1 Cor 1:22-24). Gesù insomma presenta in se stesso un Dio del tutto diverso da quello che i pagani e i miscredenti o altre religioni potrebbero aspettarsi, perché si tratta di un Dio che salva non nel nascondimento; non in quello che comunemente viene da noi definito sapienza e persuasione, ma al contrario in ciò che per l'uomo comune suona strano e assurdo, come appunto il fatto di un Dio che si lascia uccidere e crocifiggere. La crocifissione si paragona in questo caso all'oscurità della terra nella quale viene collocato un seme perché muoia per recare frutto: è una tappa che deve necessariamente trasformarsi in gloria e segna la necessità di una morte che sarà per la vita. Il Padre stesso avalla questo assunto con la teofania della glorificazione del proprio Figlio: "L'ho glorificato e lo glorificherò ancora!" e questo annuncio è allusivo alla salvezza di tutti gli uomini, poiché in questo programma sono inclusi tutti coloro che si immedesimano nel mistero del Dio vivente nel Risorto. Si preannuncia insomma il passaggio necessario dalla morte alla vita nel quale si evidenzia che la prima tappa è necessaria per la seconda. Come pure è necessario che il Cristo affronti la sua "ora", cioè il momento propizio della sua auto consegna per la realizzazione del piano di salvezza da parte del Padre. Come scrive Alphonse Karr, "Io credo nel Dio che ha creato gli uomini, non nel Dio che gli uomini si sono creati" e appunto per questo il Dio che si rivela nella croce (e nella resurrezione) è molto più grande del Dio sopraffino dei Teisti e di tutte le divinità e i miti speculativi e razionalisti: un Dio troppo palese e garante che soddisfi immediatamente la nostra volontà di possederlo con tutti i mezzi non è un vero Dio, ma forse solamente un idolo. Il Dio della rivelazione è invece il Misterioso che si dispone per l'uomo e che lo serve fino in fondo e che nella sua onnipotenza è capace di amare fino alla morte di croce per raccogliere tutti nella gioia della risurrezione. Tale amore si palesa solamente in Gesù, Figlio di Dio fatto uomo che libera, salva e chiama a nuova vita passando egli stesso dalla morte alla vita. La croce e la resurrezione si equivalgono quindi per il comune denominatore che esse mostrano nell'essere proprie di un Dio che può tutto per l'uomo, ma la cui onnipotenza è sinonimo di amore. L'amore non è tale se non racchiude in un certo qual modo il sacrificio e l'oblazione di se stessi e questo rende ancora attendibile il Dio della croce e della risurrezione nel quale l'amore è del tutto sacrificale e oblativo. E' amore capace di soccombere alla morte perché la morte soccomba all'Amore. |