Omelia (25-03-2012) |
don Luca Orlando Russo |
Se muore, produce molto frutto Ormai siamo alle ultime battute, la Passione si avvicina e il vangelo di questa domenica ci vuole preparare ad andare al cuore della fede in Gesù, il Crocifisso glorificato. Il brano inizia con i Greci che vogliono vedere Gesù e, per questo, si rivolgono a due discepoli i cui nomi sono di origine greca (Filippo e Andrea). Non vogliono guardare ma "vedere" cioè sperimentare, entrare in relazione. Gesù risponde indirettamente dicendo come e dove lo possono vedere richiamando il concetto dell'ora, concetto ben noto ai lettori del vangelo di Giovanni. È giunta, infatti, l'ora della sua glorificazione e la gloria del figlio è spiegata attraverso il paragone del chicco di frumento che nel suo morire, nella oscura e fredda terra, porta frutto. La gloria del Figlio non starà nell'aver successo, ma nel suo morire e noi possiamo "vedere" il Figlio nella sua gloria quando muore. Gesù per spiegarci in cosa consiste il frutto afferma categoricamente che se il chicco non muore rimane solo. Il frutto è uscire dalla solitudine e fare esperienza di comunione, di fraternità. Gesù sa bene che per generare comunione intorno a lui, per rimanere fedele alla missione affidatagli dal Padre, non ha altra possibilità che quella di fare sua la logica del chicco di frumento. Anche l'evangelista Giovanni accenna all'episodio del Getsemani e ci parla del turbamento di Gesù davanti al destino del chicco di frumento e nella seconda lettura, l'autore della lettera agli Ebrei ci descrive con quanta fatica e quanto è stato impegnativo e drammatico per Gesù accogliere la prospettiva della morte. Gesù suda sangue per il fortissimo stress cui è sottoposto, prova angoscia e non affronta la prova come un eroe freddo e senza emozioni, come a noi piace raffigurarlo, forse perché collocandolo ad una distanza irraggiungibile, siamo giustificati nelle nostre scelte. Lui, invece, vuole manifestarsi come uno di noi; in tutto simile a noi: con le nostre stesse paure, le nostre stesse angosce e la nostra stessa fragilità. È bello notare che Gesù non nega di voler evitare questa morte, ma la confidenza con il Padre (l'Abbà) diventa forza e, soprattutto, certezza che la sua glorificazione passa attraverso la morte. |