Omelia (25-12-2003)
mons. Antonio Riboldi
É NATALE! É tempo di amore!

Quando ci si trova di fronte agli eventi di Dio, ci coglie un tale stupore che impedisce anche alla parola di esprimere qualcosa.
A volte non sappiamo dare un nome alla nostra povertà interiore, tanto è confusa. Ci sentiamo "nudi" come i nostri progenitori dopo il peccato originale. Siamo stati concepiti e creati da un Padre, che certamente ha voluto donarci tutto quello che è, una felicità senza limiti, simili a Lui. Poi tutto si è oscurato con il rifiuto di Dio, per essere il nulla che siamo senza di Lui.
Ma un Padre, come è Dio, non si rassegna a lasciarci orfani. Fuori di casa sua davvero tutto il male, tutto il dolore è possibile. La vita perde il suo stesso significato. E noi camminiamo "esuli figli di Eva", in un deserto che fa davvero male all'anima. Ci riempiamo di "cose", di egoismo e siamo infelici e rendiamo infelici. Vorremmo trovare il respiro, che è uscito dalla bocca di Dio nella creazione, e troviamo l'afa opprimente di questo mondo.
E noi non possiamo fare a meno di quel respiro, perché è l'amore, la pace.
Pare a volte, nel silenzio della nostra coscienza, che poche volte ci concediamo, di risentire la voce accorata del Padre: "Uomo dove sei?" "Mi sono nascosto perché ero nudo".
E Dio nei secoli ha come tracciato una via nell'umanità per poter Lui stesso venire al nostro fianco, farsi vicino, come uno di noi, non solo per condividere la nostra esistenza una volta per sempre, ma per riportarla alla dignità perduta. Per ridare quell'alito che ci fa ancora capaci di essere amati ed amare. E si fa uomo nel modo più semplice possibile, quasi volesse abbassarsi fino a noi, che siamo poveri, ma veramente poveri di cuore.
E' tale lo stupore, per chi ha l'umiltà dei pastori, nel contemplare l'evento di un Dio che si fa uomo, ossia il Natale di Gesù Cristo, che sempre, se si ha fede, il cuore torna a respirare l'aria della famiglia di Dio. Come se improvvisamente, proprio per la presenza tra di noi del Figlio di Dio, si fossero riaperte non solo le porte del cielo, ma quel cielo è, se ci facciamo prendere la mano dalla fede, la grande gioia che sostiene questo difficile cammino della vita. La terra non è più un esilio, ma un cammino verso la nostra Casa Celeste dove ci attende la gloria, cantata dagli Angeli.
Sembra di risentire la gioia del profeta Isaia che previde questo giorno:
"Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Poiché tu hai spezzato il giogo che opprimeva Madian, la sbarra che gravava sulle sue spalle e il bastone del suo aguzzino. Poiché un Bambino è nato per noi e ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente. Padre per sempre, Principe della pace: grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine" (Is. 5,2-7).
E il Principe della pace sceglie per venire tra di noi una grotta ed una mangiatoia, nella oscurità della notte: come se quella notte segnasse il confine tra le tenebre dell'uomo orfano del Padre per il peccato e la splendida aurora che si può godere solo quando l'amore torna a splendere e Dio si fa vicino con le braccia aperte.
Se è vero che la grandezza di uno che nasce non si misura dalla sontuosità della culla o della casa in cui nasce, ma viene da "chi" nasce, possiamo davvero dire che quella grotta era ed è il grandioso trono di Dio tra noi.
Un Dio che si fa piccolo per iniziare con noi, piccoli, la strada del ritorno, condividendo tutto, per amore: un amore che si fa dono fino a dare la vita, perché noi tornassimo a vivere.
Avevano ragione gli Angeli a fare esplodere la gloria del cielo sulla terra, quando scesero a fare compagnia a Gesù cantando: "Gloria a Dio nel più alto dei cielo e pace in terra agli uomini che Dio ama".
Per chi crede, a Natale quei cieli si aprono e torna la pace dei figli che Dio ama.
Voglio offrire la testimonianza che mi è stata donata.
Caro Bambino Gesù,
anch'io sono qui per scriverti una letterina!!! Quale emozione dopo tanti anni! lo sono cambiata, ma Tu no. Sei sempre così tenero come un bambino da coccole! però so bene quanto sei Immenso nella tua Culla.
Tu regni nel mio agire! La mia vita è tua! Il periodo più bello dell'anno è questo perché nasci Tu. E ogni volta a Natale c'è in me un ripasso dell'anno trascorso e riscopro sempre che tra i valori della vita tu sei sempre al primo posto. Però è triste notare come nell'attuale società Tu vieni collocato dopo babbo natale, dopo l'abete illuminato, dopo ancora le luci delle vetrine colorate...sempre dopo!
Credimi, Gesù Bambino, per me sei tu il Santo Natale e ogni anno faccio parte anch'io dei pastori del Presepe, con i loro doni Ti portano ciò che hanno di più caro. I Re Magi, duemila anni fa, vennero con oro, incenso e mirra sai, anch'io porto a te tre doni, ciò che ho di più caro: la FEDE, la SPERANZA, il DOLORE.
La FEDE in Te, sai, c'è sempre.
La SPERANZA, sai, mi aiuta a vivere.
Ma il regalo più grande, mio, tutto mio, è il DOLORE, perché è ricco di tante cose successe, ma con povertà di salute.
Gesù Bambino, di questa sono povera: la salute è poca, ma affidandola a Te saprai cosa farne.
La notte della tua nascita, guarda bene tra le statuine del Presepe e vedrai me e i ricoverati di questa Villa che comunque sia, dirò, diremo il nostro grazie. Un caro bacetto Gesù Bambino...le coccole più care sono per te, ciao. M. G.
Testimonianze come queste - e sono tantissime per fortuna - fanno giustizia della tristezza del mondo e sollevano il cuore; ci aiutano a capire il grande dono del Padre nel Natale del Figlio.
Saremo capaci di cogliere nel silenzio della notte qualche nota del canto degli Angeli: una nota che trapassi lo spessore del nostro grigiore di animo sempre in attesa di una felicità che con Gesù è a portata di mano?
Lo auguro a ciascuno di voi, e di cuore, con voi credendo, con voi sperando, con voi amando.
"Andiamo fino a Betlemme, fratelli, come i pastori. L'importante è muoversi. E se invece di un Dio glorioso ci imbattiamo nella fragilità di un bambino, non ci venga il dubbio di avere sbagliato percorso. Il volto spaurito degli oppressi, la solitudine degli infelici, l'amarezza di tutti gli uomini della terra, sono il luogo dove Gesù continua a vivere in clandestinità. A noi il compito di cercarLo. Mettiamoci in cammino senza paura" (Tonino Bello)