Omelia (01-04-2012)
Gaetano Salvati
Sempre oltre e altro

La liturgia della Domenica delle Palme illumina il nostro cammino quaresimale attraverso la proclamazione di due vangeli, entrambi di san Marco. Il primo, proclamato all'inizio della processione delle palme, ha narrato l'accoglienza che il popolo di Gerusalemme ha riservato al Salvatore. Nell'uomo seduto su di un puledro (Mc 11,7), la folla riconosce il Re messia e acclama: "Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Benedetto il regno che viene" (v. 9).
La lunga lettura del Passio racconta che le grida esultanti dei pellegrini si sono tramute in strilli di odio: "Crocifiggilo" (15,13). Dov'è la gloria che spetta al Re? Nella fugace realtà del mondo? No, il Regno di Dio non è di questo mondo; non si lascia imbrigliare nelle maglie di una presuntuosa certezza di possederlo: è sempre oltre, altro. San Marco, infatti, invita ciascuno di noi a seguire il Signore non solo verso l'accoglienza trionfale del tempo, ma, soprattutto, verso il Golgota, fino alla croce. In questo luogo, Lui urla al Cielo: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato" (v.33). Il grido del Maestro è l'atto di offerta al Padre e alla Sua volontà. Abbandonandosi a Dio, Egli compie il sacrificio supremo di sé e dona la salvezza all'umanità. Ora, s'intravede il motivo per cui tanti lo hanno abbandonato: forse, non si aspettavano un re unito al dolore, all'apparente fallimento; quasi certamente, credevano che il messia avrebbe manifestato il suo regno solo nella gloria. Invece non è così. Il Signore crocifisso, il vero Re, parlando dal trono della sofferenza, rivela tutto l'amore che nutre per noi: Egli non vive solo per se stesso, si dona, si sacrifica per salvarci. Libero da sé, dagli altri, guarda verso Dio e verso gli uomini. Quest'amore sofferto, donato, chiarisce il cammino dell'uomo e dà inizio al Suo Regno. Infatti, per ascoltare il Re Crocifisso è necessario rimanere ai piedi della Croce, e a volte, salirci. Stare alla presenza di Cristo, però, non significa abbandonarsi al dolore e all'angoscia; ma, farsi dono per l'Altro e gli altri; riconquistare il "si" a Dio nelle situazioni quotidiane; infine, abbandonare il nostro io per accogliere un Tu che non limita la nostra vita, ma, la esalta. Nel sacrificio di sè, il discepolo, amato e pronto ad amare, scopre che nel nome di Gesù, ogni invocazione è accolta, ogni sofferenza è unita alla Sua, ogni croce è raccolta dalla Croce dell'Innocente. In Lui abbiamo la forza di non possederci, ma di lasciarci abitare dal Crocifisso, che per noi ha vinto la morte. Amen