Omelia (01-04-2012)
padre Ermes Ronchi
La Croce, supremo atto d'amore

«Uomini vanno a Dio nella loro tribolazione, piangono per aiuto, chiedo­no pane. Così fan tutti, tutti. I cristiani invece stanno vi­cino a Dio nella sua soffe­renza» (Bonhoffer), in que­sta settimana santa, quando scorrono i giorni del nostro destino, e in ogni settimana del tempo. Infatti se noi cre­diamo che Cristo è in ogni uomo, che tutti insieme for­miamo l'unico corpo di Cri­sto, allora riusciamo a senti­re che Cristo è in agonia fi­no alla fine dei tempi, è an­cora crocifisso oggi in infini­ti fratelli, su tutta la terra. Contemporanea a me è la croce. Non spettatore, allora, ma partecipe della eterna passione di Dio e dell'uomo, voglio abitare la croce, le in­finite croci del mondo.
«Salva te stesso, allora cre­deremo». Qualsiasi uomo, qualsiasi re, potendolo, scenderebbe dalla croce. Gesù, no. Solo un Dio non scende dal legno, solo il no­stro Dio. Il nostro è il Dio dif­ferente: è il Dio che entra nella tragedia umana, entra nella morte perché là va ogni suo figlio. Sale sulla croce per essere con me e come me, perché io possa essere con lui e come lui. Essere in cro­ce è ciò che Dio, nel suo a­more, deve all'uomo che è in croce. Perché l'amore cono­sce molti doveri, ma il primo di questi è di essere con l'a­mato.
Qualsiasi altro gesto ci a­vrebbe confermato in una falsa idea di Dio. Solo la cro­ce toglie ogni dubbio, è lo svelamento supremo di Dio. La croce è l'abisso dove Dio diviene l'amante. Dove un a­more eterno penetra nel tempo come una goccia di fuoco, e divampa.
L'ha capito per primo un e­straneo, un soldato esperto di morte. È un pagano ad e­sprimere il primo atto di fe­de cristiano: costui era figlio di Dio. Che cosa ha visto in quella morte? Non un mira­colo, non la risurrezione. Ha visto il capovolgimento del mondo, dove la vittoria era sempre del più forte, del più armato, del più spietato. Ha visto il supremo potere di Dio, che è un disarmato a­more; che è quello di dare la vita anche a chi ti dà la mor­te; che è servire non asservi­re; che è vincere la violenza prendendola su di sé. Ha vi­sto che questo mondo por­ta un altro mondo nel grem­bo.
E noi qui disorientati, dap­prima, ma poi stupiti, per­ché, come le donne, come il centurione, come i santi, sentiamo che nella Croce c'è attrazione, c'è seduzione e bellezza. La suprema bellez­za della storia è quella acca­duta fuori Gerusalemme, sulla collina, dove il Figlio di Dio si lascia inchiodare, po­vero e nudo, per morire d'a­more. La nostra fede poggia sulla cosa più bella del mon­do: un atto d'amore perfet­to.
La croce è l'immagine più pura, più alta, più bella che Dio ha dato di se stesso. Da allora, «per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce» (K. Rah­ner).