Omelia (01-04-2012) |
don Roberto Rossi |
La Gioia e l'Amore Due elementi in questa domenica delle Palme: Sull'esempio di quanto è avvenuto a Gerusalemme nella gioia di accogliere Gesù, il Signore, il messaggio del Papa che invita alla gioia, e la meditazione del mistero dell'amore di Gesù sulla Croce. Dal messaggio del S. Padre: "La gioia è intimamente legata all'amore: sono due frutti inseparabili dello Spirito Santo (cfr Gal 5,23). L'amore produce gioia, e la gioia è una forma d'amore. Madre Teresa di Calcutta, facendo eco alle parole di Gesù: «si è più beati nel dare che nel ricevere!» (At 20,35), Dio ama chi dona con gioia. E chi dona con gioia dona di più». E Paolo VI scriveva: «In Dio stesso tutto è gioia poiché tutto è dono». Pensando ai vari ambiti della vostra vita, vorrei dirvi che amare significa costanza, fedeltà, tener fede agli impegni. E questo, in primo luogo, nelle amicizie: i nostri amici si aspettano che siamo sinceri, leali, fedeli, perché il vero amore è perseverante anche e soprattutto nelle difficoltà. E lo stesso vale per il lavoro, gli studi e i servizi che svolgete. La fedeltà e la perseveranza nel bene conducono alla gioia, anche se non sempre questa è immediata. Per entrare nella gioia dell'amore, siamo chiamati anche ad essere generosi, a non accontentarci di dare il minimo, ma ad impegnarci a fondo nella vita, con un'attenzione particolare per i più bisognosi. Il mondo ha necessità di uomini e donne competenti e generosi, che si mettano al servizio del bene comune. Coltivate i vostri talenti e metteteli fin d'ora al servizio del prossimo. Cercate il modo di contribuire a rendere la società più giusta e umana, là dove vi trovate. Che tutta la vostra vita sia guidata dallo spirito di servizio, e non dalla ricerca del potere, del successo materiale e del denaro. A proposito di generosità, non posso non menzionare una gioia speciale: quella che si prova rispondendo alla vocazione di donare tutta la propria vita al Signore. Non abbiate paura della chiamata di Cristo alla vita religiosa, monastica, missionaria o al sacerdozio. Siate certi che Egli colma di gioia coloro che, dedicandogli la vita in questa prospettiva, rispondono al suo invito a lasciare tutto per rimanere con Lui e dedicarsi con cuore indiviso al servizio degli altri. Allo stesso modo, grande è la gioia che Egli riserva all'uomo e alla donna che si donano totalmente l'uno all'altro nel matrimonio per costituire una famiglia e diventare segno dell'amore di Cristo per la sua Chiesa. Vorrei esortarvi ad essere missionari della gioia. Non si può essere felici se gli altri non lo sono: la gioia deve essere condivisa. Andate a raccontare agli altri la vostra gioia di aver trovato quel tesoro prezioso che è Gesù stesso. Non possiamo tenere per noi la gioia della fede: perché essa possa restare in noi, dobbiamo trasmetterla. San Giovanni afferma: «Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi... Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena» (1Gv 1,3-4). A volte viene dipinta un'immagine del Cristianesimo come di una proposta di vita che opprime la nostra libertà, che va contro il nostro desiderio di felicità e di gioia. Ma questo non risponde a verità! I cristiani sono uomini e donne veramente felici perché sanno di non essere mai soli, ma di essere sorretti sempre dalle mani di Dio! Spetta soprattutto a voi discepoli di Cristo, mostrare al mondo che la fede porta una felicità e una gioia vera, piena e duratura. Testimoniate voi per primi il volto gioioso e felice della fede. Il Vangelo è la «buona novella» che Dio ci ama e che ognuno di noi è importante per Lui. Mostrate al mondo che è proprio così! Siate dunque missionari entusiasti della nuova evangelizzazione! Portate a coloro che soffrono, a coloro che sono in ricerca, la gioia che Gesù vuole donare. Portatela nelle vostre famiglie, nelle vostre scuole e università, nei vostri luoghi di lavoro e nei vostri gruppi di amici, là dove vivete. Vedrete che essa è contagiosa. E riceverete il centuplo: la gioia della salvezza per voi stessi, la gioia di vedere la Misericordia di Dio all'opera nei cuori. Il giorno del vostro incontro definitivo con il Signore, Egli potrà dirvi: «Servo buono e fedele, prendi parte alla gioia del tuo padrone!» (Mt 25,21)." Il racconto della passione, non ha bisogno di commento. Va solo contemplato, pregato, vissuto. Tutto resta incomprensibile, se non si coglie in esso la violenta passione di Dio che cerca l'uomo, in un amore disposto ad amare sino alla fine, costi quel che costi, fino a dare la vita. Non si può cogliere il mistero della croce, se non si vede lì, nel non senso di una morte infame, il mistero dell'amore di Dio. L'amore infatti porta fuori di sè, dilata l'animo e si fa carico di tutto: Dio, sulla croce di Cristo, raggiunge il punto più lontano da sé, abbraccia l'universo e si fa carico di tutto il mondo. Sulla Croce si manifesta pienamente chi è Dio: il Dio diverso, il Dio amore in tutta la sua passione d'amore, di quell'amore che lo colloca infinitamente al di sopra di ogni nostra immaginazione. La croce è la rivelazione suprema di Dio che è amore, un amore che salva, mentre siamo peccatori. Dato il male del mondo, la croce si pone quindi come il luogo inevitabile d'incontro tra Dio che cerca l'uomo e l'uomo che cerca Dio; è l'incrociarsi di due passioni: dell'uomo che nella sua disperata ricerca si trova inchiodato sulla croce, prigioniero del male, di Dio che nella sua volontà di portare la salvezza si trova ugualmente inchiodato sulla croce, prigioniero dell'amore. Dio, infatti, vuole ricreare l'uomo, ferito dal peccato, con l'amore. Se il crocifisso svelasse soltanto il peccato, ci condannerebbe alla disperazione. Il Crocifisso, invece, mentre svela il peccato annuncia l'amore. Infatti, è nel momento della sua morte che avviene la massima rivelazione del centurione pagano: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!". E' l'apice di tutto il Vangelo di Marco, riassume in sè e risolve tutta la contrarietà della croce: Il nostro Dio è l'uomo crocifisso, Gesù. "Ecco il nostro Dio", annuncia il Vangelo. Non conosciamo, non riconosciamo altro Dio che questi crocifisso. Questo è scandalo per ogni persona religiosa e follia per ogni persona di buon senso, dice Paolo (1Cor 1,23). Marco accentua volutamente questo scandalo e questa follia, facendo riconoscere Gesù nella sua realtà solo sulla croce, non prima. Solo lì possiamo riconoscere che Gesù è il nostro unico Signore. |