Omelia (01-04-2012) |
don Maurizio Prandi |
Natura di schiavo Cominciamo con la celebrazione di oggi la Settimana Santa, la Semana Mayor come dicono qua a Cuba. La cominciamo con ancora negli occhi la moltitudine di cubani festanti che hanno accolto il Santo Padre nei giorni scorsi: la loro gioia, la loro allegria, la loro voglia di stare con lui e pregare con lui. La cominciamo con ancora nelle orecchie e nell'anima le sue parole, che ci hanno invitato soprattutto alla riconciliazione, al perdono, all'accoglienza mutua, a mantenere viva l'allegria del cuore (così tipica dell'animo del cubano) nonostante le tante difficoltà e i tanti problemi. So che quella di Gesù in Gerusalemme è un'entrata diversa da quella di Benedetto XVI a Santiago o a La Habana, però mi piace tenere comunque un legame, perché la papamobile non è l'asinello con il quale Gesù decide di entrare in città, ma la chiesa che lui è venuto a confermare nella fede, quella sì è una chiesa che cavalca un asino, cavalca la povertà, l'umiltà, la minorana (stamattina sono entrati in chiesa a Manacas un gruppo di adolescenti che per un mese all'anno vivono in una scuola di campo raccogliendo pomodori e seminando patate; mi hanno riempito di domande sul Papa, sulla Chiesa cattolica, nessuno sapeva il Padre nostro, quasi nessuno era entrato prima in una chiesa. in questo senso dico che la Chiesa qui è minoritaria, perché pochissimi hanno la possibilità di accedere ad una informazione di base su ciò che si riferisce al mondo religioso). La Chiesa a Cuba non monta certamente sul cavallo, che da sempre è simbolo del potere, della forza; la Chiesa cubana può fare ancora l'esperienza di S. Paolo che dal cavallo dovette cadere per mettersi in cammino e farsi portare per mano. Mi risuonano dentro le parole di Gesù ai discepoli: Se qualcuno vi chiederà risponderete che il Signore ne ha bisogno. Ha bisogno di un asino! E' un bell'annuncio quello del vangelo di Marco che racconta l'ingresso di Gesù, perché è una memoria perenne contro il desiderio di avere dei privilegi o di poter cambiare qualcosa con l'uso del potere, infatti chi accoglie Gesù dice: Osanna, benedetto colui che viene nel nome del Signore, benedetto il regno che viene, il regno del nostro padre Davide! Ancora ferme su posizioni di trionfo umano, terreno, le persone hanno la possibilità di ascoltare, con gli occhi e con il cuore, la risposta di Gesù, che, senza dire parole, offre a loro e anche a noi la preziosa immagine di un Dio che cavalca un asino. Le intenzioni di Gesù sono differenti evidentemente, la realizzazione del Regno di Dio avviene in modo totalmente nuovo. Dossetti, commentando questo passaggio del vangelo scrive: Questo brano introduce i misteri supremi della salvezza in una atmosfera di mitezza e umiltà: colui che viene dice mitezza, abbandono. C'è sì un senso generale di esultanza, ma ricondotta in strutture fragili e umanamente modeste. Il nuovo Adamo si appropria la creatura che gli compete: un asinello per poche ore. Anche la prima lettura offre begli spunti: che ci parla della vocazione del profeta e delle sue conseguenze. Bella l'espressione una lingua da discepolo: deve essere questa la prima attenzione del discepolo: usare la lingua solamente per dire quello che gli è stato comandato. Sì perché il discepolo non deve (e non può) dire nulla di proprio. La chiamata è per rivolgersi agli sfiduciati, per dire loro parole che tocchino le zone più profonde del cuore e le guariscano. Non è semplice credo, ma il profeta può contare sempre sulla compagnia del Signore, perché è Lui stesso che ogni mattina lo sostiene, lo aiuta: ogni mattina fa attento il mio orecchio... Docilità, fedeltà, disponibilità quindi sono le caratteristiche del profeta, ma anche la consegna di sé! Anche qui mi piace condividere una considerazione di Don G. Dossetti, la sento importante per quel cammino nella minoranza del quale accennavo prima: Alla scuola del Servo i discepoli imparano come la cosa più importante è ascoltare ogni mattino la Parola del loro Signore e di restarvi fedeli in quel messaggio di Croce e di morte che essa annuncia. Essi perciò devono saper accogliere le umiliazioni cui i loro persecutori li assoggettano e non cessare di donare una parola di consolazione che conforti chi è sfiduciato e smarrito. Per quello che riguarda la seconda lettura, quello che sempre mi stupisce e mi entusiasma è la forza con cui S. Paolo ci parla della "natura" di Dio. Lo ripeto sempre ma lo trovo per me di una importanza fondamentale: Gesù, pur essendo di natura divina, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma assunse la natura di schiavo... Le sento ancora di più queste parole perché risuonano nelle mie orecchie ancora quelle che Benedetto XVI ha pronunciato nella Plaza José Martí mercoledì scorso: La Chiesa che è in Cuba non sta chiedendo nessun privilegio, vuole solo essere fedele al compito che Gesù le ha affidato, perché dove Cristo è presente lì l'uomo cresce in umanità e trova la sua consistenza come persona. Che bella una Chiesa che da Dio apprende il servizio, la disponibilità, il dono di sé! |