Omelia (08-04-2012) |
mons. Roberto Brunelli |
La speranza davanti a un bollettino di guerra Dieci uomini in Italia detengono tanta ricchezza quanta ne hanno tre milioni d'altri. Migliaia di piccole imprese chiudono. Un giovane su tre è senza lavoro. Ci sono imprenditori e disoccupati che non sapendo come affrontare la situazione si tolgono la vita. Sempre più famiglie non arrivano con i conti a fine mese... Sui quotidiani di questi giorni pare di leggere un bollettino di guerra, e come tutte le guerre anche questa non è piovuta dal cielo ma ha i suoi responsabili, malati di incapacità o viziati da spaventosi egoismi. Se poi ampliamo lo sguardo dal nostro Paese al mondo intero, dove tengono campo guerre, fame e violenze d'ogni sorta, si è fortemente tentati di cedere alla disperazione. "Il mondo - scrive il Concilio Vaticano II - si presenta oggi potente a un tempo e debole, capace di operare il meglio e il peggio, mentre gli si apre dinanzi la strada della libertà o della schiavitù, del progresso o del regresso, della fraternità o dell'odio. Inoltre l'uomo prende coscienza che dipende da lui orientare bene le forze da lui stesso suscitate e che possono schiacciarlo o servirgli. Per questo si pone degli interrogativi. In verità gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell'uomo. È proprio all'interno dell'uomo che molti elementi si combattono a vicenda. Da una parte infatti, come creatura, esperimenta in mille modi i suoi limiti; d'altra parte sente di essere senza confini nelle sue aspirazioni e chiamato ad una vita superiore. Sollecitato da molte attrattive, è costretto sempre a sceglierne qualcuna e a rinunziare alle altre. Inoltre, debole e peccatore, non di rado fa quello che non vorrebbe e non fa quello che vorrebbe. Per cui soffre in se stesso una divisione, dalla quale provengono anche tante e così gravi discordie nella società. Molti, è vero, la cui vita è impregnata di materialismo pratico, sono lungi dall'avere una chiara percezione di questo dramma; oppure, oppressi dalla miseria, non hanno modo di rifletterci. Altri, in gran numero, credono di trovare la loro tranquillità nelle diverse spiegazioni del mondo che sono loro proposte. Alcuni poi dai soli sforzi umani attendono una vera e piena liberazione dell'umanità, e sono persuasi che il futuro regno dell'uomo sulla terra appagherà tutti i desideri del suo cuore. Né manca chi, disperando di dare uno scopo alla vita, loda l'audacia di quanti, stimando l'esistenza umana vuota in se stessa di significato, si sforzano di darne una spiegazione completa mediante la loro sola ispirazione. Con tutto ciò, di fronte all'evoluzione attuale del mondo, diventano sempre più numerosi quelli che si pongono o sentono con nuova acutezza gli interrogativi più fondamentali: cos'è l'uomo? Qual è il significato del dolore, del male, della morte, che continuano a sussistere malgrado ogni progresso? Cosa valgono quelle conquiste pagate a così caro prezzo? Che apporta l'uomo alla società, e cosa può attendersi da essa? Cosa ci sarà dopo questa vita? Ecco: la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione; né è dato in terra un altro Nome agli uomini, mediante il quale possono essere salvati. Essa crede anche di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana. Inoltre la Chiesa afferma che al di là di tutto ciò che muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli". E' un messaggio di speranza, un invito a guadare avanti. In un mondo su cui la morte imprime così vistoso il suo multiforme sigillo, il Cristo che oggi celebriamo risorto riafferma anche oggi che la morte non è l'ultima parola. In questa luce, a tutti i lettori l'augurio di buona Pasqua. |