Omelia (05-04-2012)
Marco Pedron
Signori e servi

Quando noi pensiamo all'Ultima Cena ce la immaginiamo un po' come il bellissimo quadro di Leonardo. Ma è un'immagine un po' romantica perché i vangeli ce la descrivono in maniera molto diversa.

In Lc (22,14-27) dopo che Gesù ha detto: "Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue e la mano di chi mi tradisce è su questa tavola", cosa fanno gli apostoli? Si mettono a discutere su chi di loro potesse essere il più grande. Bello, no! Gesù dice: "Sto per morire e sarà uno di voi a tradirmi, ma io vi amo lo stesso" e loro sono così poco interessati a Lui e alla sua angoscia da parlare di chi fra di loro è il migliore. Mostrano proprio una grande attenzione a Gesù, una grande sensibilità, un grande coinvolgimento!
In Mc (14,17-21) e in Mt (26,20-29) Gesù dice: "Uno di voi mi tradirà". E Giuda, lui che sa di averlo tradito e venduto per denaro, come se niente fosse, con la bella faccetta, gli chiede: "Maestro, sono forse io?". Bella faccia tosta!
In Gv (13,1-20) Gesù lava i piedi agli apostoli ma Pietro si rifiuta e si scontra apertamente con Gesù: "Non mi laverai mai i piedi!". Pazienza i sommi sacerdoti, i farisei, gli scribi che gli erano apertamente ostili! Pazienza la gente che crede a quello che si dice, e che va dove tira il vento!
Ma proprio loro? I più vicini, gli amici? Quelli che mangiavano con lui, quelli che stavano con lui! A ben vedere anche con i più vicini Gesù ha fallito, ma fallito davvero. Fallito così tanto che durante la passione, nessuno dei suoi amici starà con lui. Tutti scapperanno e lo lasceranno solo, abbandonato. Chi dei suoi amici ci sarà sotto la croce? E chi, come Pietro, era in zona, maledirà l'essere stato suo discepolo e giurerà più volte di non conoscerlo e di non aver mai avuto nulla a che fare con lui (Gv 18,15-27).
Ma con chi ha a che fare Gesù? Ma possiamo chiamarli amici? Ma come fa a confidare su questi? Eppure Gesù non si scoraggia. Anche se qualche dubbio lo ha avuto pure lui, li ama fino in fondo: "Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Gv 13,1). Come se dicesse: "Li ho amati ma non mi hanno dato segni positivi: in ogni caso li amerò fino in fondo. Io credo in loro".
Nonostante le delusioni ripetute, nonostante lo rifiutino, nonostante che lo tradiscano, lo rimproverino, lui li ama sino alla fine e del tutto, li ama cioè al di là della loro risposta. L'amore vero ama al di là di ciò che fa l'altro: "Io ti amo, tu fa' come vuoi!". Ma chi gliel'ha fatto fare? C'è un'unica parola: l'amore.
Amare è: "Io credo in te".

Gesù li ama: "Io credo in te. Io so che tu puoi cambiare ed essere diverso. Io so che tu puoi essere un uomo migliore e non mi stancherò di dirti che lo puoi diventare. Io so che tu puoi guarire dai tuoi mali, io so quanta bellezza c'è dentro di te; io vedo cosa puoi essere. Io voglio che tu sia ciò che puoi essere anche se tu non credi di poter esserlo".
Robert Rosenthal molti anni fa fece un esperimento. Prese a caso dei nominativi di ragazzi e disse ai nuovi insegnanti che questi sarebbero "sbocciati" intellettualmente nei mesi successivi. Ovviamente i ragazzi non sapevano niente di tutto questo e neppure gli insegnanti sapevano niente dell'esperimento. In test successivi i ragazzi davvero "sbocciarono" ed ebbero risultati effettivamente migliori degli altri. Ma cos'era successo allora, visto che i ragazzi erano ignari di tutto? Che gli insegnanti, guardandoli sotto la nuova lente ("ragazzo che sta per sbocciare") si rapportavano a loro credendo in loro e mandando messaggi positivi e di fiducia a questi ragazzi, i quali rispondevano ai messaggi di fiducia degli insegnanti con prestazioni migliori.
E' incredibile? No, è ciò che succede sempre: se tu credi in me, io crederò in me.

Vi faccio un esempio. Ci sono due genitori e i loro figli. Il primo figlio dice al genitore: "Mamma, posso venire anch'io alla messa del giovedì santo?".
"Ma sì caro mio, vieni. Ricordati però che dura più del solito, quindi non meno di un'ora e mezzo, forse due, che c'è la lavanda dei piedi, che ci sono tanti canti e che dobbiamo mangiare in fretta perché alle 9 don Marco comincia e non si può arrivare in ritardo e che dopo avrai tanto sonno e non ci saranno i tuoi amichetti. Vieni?". "No, no, ci ho ripensato mamma".
Il secondo figlio dice al genitore: "Mamma, posso venire anch'io alla messa del giovedì santo?". "Ma sì caro mio, certo. Pensa che bello: intanto il giorno dopo non si va a scuola e così domani mattina dormi; c'è la lavanda dei piedi: noi mettiamo il bigliettino e forse magari anche noi saremo pescati e siederemo a tavola e tutti canteranno il nostro nome; canteremo insieme a tanta gente e invece della solita comunione mangeremo proprio un po' di pane, pane; forse incontrerai qualche tuo amichetto e se non ci sarà nessuno potrai raccontarglielo tu. Vieni?". "Ma certo mamma".
Dov'è la differenza? E' la stessa cosa, ma cos'hanno visto i tuoi occhi? Dove si sono posati? La prima mamma ha detto: "Non credo che tu sia capace, in grado, di stare lì". E il bambino ha risposto di conseguenza: crede che non ce la farà. La seconda mamma crede che invece ce la farà, che si divertirà, che sarà bello: il bambino infatti è rimasto lì.
David Rosenhan nel 1973 fa questo esperimento: fa ricoverare degli individui perfettamente sani in dodici diversi ospedali psichiatrici con la motivazione (falsa) di sentire delle voci inesistenti. Quindi vengono ricoverati come matti. Ma, uno: non lo erano, e due: tutte le persone agirono perfettamente da persone normali (com'erano).
Ebbene: nessuno degli operatori, né tanto meno i medici si accorse della loro normalità. Gli unici che sospettarono che fossero sani furono gli altri pazienti matti!
Com'è possibile? Per gli operatori e per i medici erano matti: il resto non lo videro. Credevano in quello e per loro era così. Quello che tu vuoi che sia, è.
Se tu non credi in tuo figlio, lui non crederà in sé. Amare mio figlio è credere dentro di me e dirmi: "Diverrà grande, si realizzerà, lascerà questa casa e me, non avrà più bisogno di me perché sarà autonomo, sarà felice più di me".
L'amore vuole il meglio dell'altro, il massimo dell'altro. L'amore è credere, essere certi, che lui ce la farà, l'amore è vedere e sostenere le sue energie perché lui si realizzi".
Ma cosa succede se io ho paura che lui se ne vada di casa perché senza di lui mi sento vuoto? Cosa succede se lui è la mia ragione di vita perché io ho perso la mia? Cosa succede se mi sento utile solo perché sono di aiuto a mio figlio? Cosa succede se io non sono felice e vedo mio figlio felice con sua moglie? Cosa succede se io non sono realizzato e vedo mio figlio che vive bene anche senza di me? Riuscirò a dirgli: "Vai!... sii felice, ce la fai, non hai bisogno di me!..."?

Facciamo un altro esempio: "Descrivi tua moglie". Il primo marito dice: "Mia moglie? Quella pensa sempre ai fornelli e alle faccende di casa; i figli vengono sempre prima di me; se una sera sono in ritardo mi chiama per controllarmi; una volta ci facevamo più coccole".
Il secondo marito: "Quando torno a casa la cena è sempre pronta; sono molto fortunato ad avere una donna così perché lei si prende cura dei miei figli e proprio ci riesce; so che mi vuol bene perché si preoccupa molto se sono in ritardo; capisco che ha tanti problemi perché una volta ci facevamo più coccole".
Tu vedi secondo i tuoi occhi, ma mettiti nei suoi panni? Mettersi nei panni dell'altro è credere alle sue intenzioni buone, positive, è vedere il bene che c'è in lui. Amore è dirle: "Io credo in te". Credo che tu sei buona, credo che se tu fai così hai i tuoi motivi. Troppo spesso le persone pensano, credono, vedono, il proprio partner come un nemico, uno che ce l'ha con loro, uno con cattive intenzioni, uno che non pensa a loro. Non credono in lui, in ciò che può essere, nella sua buona intenzione: vedono solo se stessi e ciò che a loro manca e ciò che il loro partner dovrebbe dare a loro.
L'amore è diverso dal bisogno di essere amati. L'amore è dare. Il bisogno di essere amati è ricevere. E non bisogna confondere le due cose!
E se volete diventare migliori iniziate a credere veramente negli altri. E poiché tutto ciò che si fa agli altri lo si fa a sé, per diventare migliori amate gli altri. Credete negli altri e inizierete a credere in voi. Vogliate gli altri felici e inizierete ad esserlo anche voi. Vogliate gli altri realizzati e vi realizzerete anche voi. Tutto ciò che fate agli altri sarà fatto a voi. Mt 7,2: "Con la misura con la quale misurate sarete misurati". Come diceva Seneca: "Se vuoi essere amato comincia ad amare". Credi nell'altro.
La madre di Michelle Noel, famosa insegnante di Pnl, era sfiduciata. Studiava osteopatia, aveva 65 e diceva: "Come farò a ricordarmi tutti gli ossicini, i legamenti, i nervi, l'anatomia". Sua figlia, Michelle, le disse: "Ce la farai e io ti insegnerò anche come". Si è diplomata a 72 anni e poi ha iniziato a studiare astrologia. E' arrivata a 90 anni ricordandosi tutto, con una memoria eccezionale.
Amare è credere nell'altro: in ciò che è, e in ciò che può essere. E se tu credi in lui questo passa.

Gesù quando guardava quei poveracci di discepoli avrebbe ben potuto dire: "A posto! Siamo proprio messi bene qui! Guarda che allievi che ho! Ma dove vuoi che andiamo con questi qui!". E invece no! Lui credette in loro e ci volle in effetti una grande fiducia! Ma ebbe ragione.
Quando uno viene e mi dice: "Io non ce la faccio", io gli dico: "Tu ce la farai e io lo so che ce la farai. Adesso dobbiamo solo trovare insieme il modo per arrivarci". Se ci credete gli fate il regalo più grande della vita, perché gli state dicendo: "Io vedo il tuo valore, io vedo la tua forza; tu sei buono, tu sei positivo, tu puoi riuscire nella tua vita".
Quando stasera andate a casa dite a vostra moglie/marito: "Io credo in te. E poiché io ti amo, sarò a tuo servizio perché tu sia felice e pienamente te stesso".
E poi dite ai vostri figli: "Io credo in te. Poiché, caro figlio, ti amo, voglio che tu possa fare la tua strada, la tua casa e la tua vita, perché io credo in te".
L'amore è questo: "Credo in te, aldilà dei tuoi sbagli, aldilà di ciò che fai, aldilà di ciò che si vede. Credo nella luce, nella vita, nella bellezza, che c'è in te, anche se adesso non si vede.
Ogni tanto prendete chi amate, guardatelo fisso negli occhi e ditegli: "Io credo in te". E poi dite a voi stessi: "Io credo in me. E smetterò di buttarmi giù, di dirmi che non ce la faccio, che non sono come gli altri, ecc. E poiché credo in me diventerò la cosa più bella che posso! E lo sarò!"
Sul muro di una cantina della città di Colonia, dove alcuni ebrei si erano nascosti durante la guerra nella speranza di scampare alla catastrofe, è stata trovata questa scritta: "Credo nel sole, anche quando non splende; credo nell'amore, anche quando non lo sento; credo in Dio, anche quando tace". Credo perché in Lui mi ama.

Ma poi cosa fa Gesù? Fa qualcosa di inaspettato e coglie di sorpresa gli apostoli. Gesù lava i piedi ai suoi "presunti" amici.
Il compito di lavare i piedi era riservato agli esseri inferiori nei confronti di quelli superiori. Era la moglie che lavava i piedi al marito, il figlio al padre e i discepoli al proprio maestro. Inoltre ci si lavava i piedi prima di mettersi a tavola (Lc 7,44) e non durante la cena.
I discepoli vogliono far Gesù re (Gv 6,35): Gesù mostra, invece cos'è la vera regalità. Gesù fa un lavoro da servi perché i servi si sentano signori. Nella comunità di Gesù non ci sono gerarchie, ranghi o superiori: tutti sono signori per farsi servi degli altri. Gesù non si abbassa ma innalza gli altri.
Cosa facciamo invece noi? Quando qualcuno non ci va lo abbassiamo: lo giudichiamo, mettiamo in luce il negativo, troviamo sempre qualcosa che non va, ecc. In realtà lo stiamo abbassando al nostro livello. E quanto male parliamo degli altri dice nient'altro a che livello spirituale siamo noi e non dove sono gli altri.
Amare è innalzo te: io credo in te. E non posso alzarti se non al livello dove io sono arrivato.

I pericoli della lavanda dei piedi sono vari. Sono i pericoli dell'amore.
1. Sono troppo orgoglioso per farmi amare. Poiché mi vergogno di ricevere, di aver bisogno (di aiuto, amore, ascolto, carezze, ecc.), io divento invulnerabile all'amore.
Ti atteggi a superiore, a più degli altri: non vuoi essere come tutti, tu non hai bisogno d'amore, dici tu. Ma se fai così, bisognoso d'amore rimani senza amore.
2. Non voglio servire gli altri. Pietro al gesto di Gesù reagisce: "Non mi laverai mai i piedi!" (Gv 13,8). Gli altri forse no ma lui ha capito: se adesso lo fa Gesù dopo dovrà farlo anche lui. Gesù lo dirà chiaramente dopo: "Io vi ho lavato i piedi, fatelo anche voi!" (Gv 13,14). Amare è servire, cioè essere a servizio: sono a servizio di te. Pietro dovrà accettare che Gesù non è come lui desidera ma come egli è. Ma sarà dura da accettare. Il servizio di Pietro (amare=servire) sarà quello di lasciar cadere tutte le sue aspettative e attese su Gesù, per poterlo amare, accettare, accogliere, per quello che lui è e non per come lui vorrebbe. L'amore è servire: "Sono qui per il tuo bene". Ciò che mi aspetto da te riguarda me, non te.
3. Non sono degno dell'amore. Pietro dice: "Non mi laverai mai i piedi" (Gv 13,8); Gesù: "Se non ti laverò non avrai parte con me" (Gv 13,8). Pietro: "Non solo i piedi, ma anche il capo" (Gv 13,9).
Cosa sta tentando di fare Pietro? Sta cercando di trasformare la lavanda in un gesto rituale di purificazione: all'inizio della cena ci si lavava i piedi. Ma il gesto di Gesù non è un gesto di purificazione. La purificazione dice: "Mi lavo, così sono puro", cioè: "Se sono puro, merito l'amore di Dio". Ma Gesù dice: "Poiché mi accogli, sei puro, degno". L'amore è gratuito. Non è che se siamo degni Dio viene; ma è il venire di Dio che ci rende degni.

Il vangelo dice che dopo la lavanda dei piedi Gesù riprese le vesti e si sedette (Gv 13,12).
Sono due particolari meravigliosi.
1. Gesù si sedette: come i signori che mangiavano seduti, sdraiati, e dovevano essere serviti dai servi (visto che erano sdraiati). Gesù e i discepoli sono signori. Essere signori vuol dire essere uomini liberi.
2. Gesù riprese le vesti (Gv 13,12): e l'asciugatoio (Gv 13,5)? Perché non se l'è tolto quello? E' una dimenticanza dell'evangelista? Evidentemente no! L'asciugatoio, il segno del servizio, rimane sempre e per sempre. E' il paramento del cristiano. E' uno stile di vita: "Sono qui per te, sono qui per servire la tua vita, sono qui per il tuo bene".

Siate signori: sono come tutti e nessuno mi è sopra. Sono libero: il mio bene, nessuno mi comanda.
Siate servi: sono come tutti e nessuno mi è sotto. Sono al tuo servizio: il tuo bene.
Vi invito a fare un piccolo gesto adesso: ognuno è signore della propria vita. Dite: "Io sono un uomo libero e vivrò da uomo libero", e poi vi alzate in piedi (ditelo a voce alta), e ascoltatevi. Inizio io e poi voi...
Ognuno è servo. Pensate alle persone che più amate. Dite: "Io sono qui per te. Voglio il tuo bene". E poi vi sedete.
E sappiate che ogni giorno siamo chiamati ad alzarci e a sederci: signori e servi.

Pensiero della settimana

«La realtà non è quello che ci accade,
ma ciò che facciamo con quello che ci accade».
(A. Huxley)