Omelia (05-04-2012)
don Alberto Brignoli
Quello che io faccio, uomo, ora non lo capisci…

Non è facile capire ciò che passa per la testa delle persone, ma qualche volta - sia pur con un certo margine di errore - ci si riesce. Quello che proprio non si riesce a capire è ciò che frulla nella mente di Dio, ovvero quella che egli ci rivela e che noi conosciamo come "la sua volontà".
Più volte nella storia della salvezza Dio ha avuto non poche difficoltà a farsi comprendere dagli uomini. E se questo è dovuto per la stragrande maggioranza dei casi alla loro "dura cervice", sono frequenti pure i casi in cui la sua volontà si è manifestata in maniera non proprio così limpida.
Dal sacrificio di Isacco, all'autorizzazione data a satana a procedere contro il giusto Giobbe, fino a giungere al mistero incomprensibile del Figlio di Dio lasciato a morire in croce, gli eventi in cui l'immaginazione umana ha dovuto faticare per cercare di comprendere il mistero di Dio sono stati davvero tanti. E Dio ne è consapevole, al punto che spesso questi eventi terminano con un suo intervento diretto che rivela la sua volontà.
Ma non è detto che questo avvenga in maniera immediata: ci vuole, anche per questo, il suo tempo. E l'uomo deve affrontare un cammino verso la comprensione del mistero che richiede grandi sforzi, a costo anche di rischiare di perdere la fede, la fiducia in lui. Quante volte, infatti, diciamo: "Ma perché, Dio? Perché succede questo? Perché permetti che capitino certe cose? Perché non ti fai comprendere apertamente? Perché non mi fai capire cosa vuoi da me?". Sono molti i gesti e le scelte di Dio che fatichiamo a capire, o che comunque riusciamo a capire solo dopo parecchio tempo.
Quella sera, durante la Cena, "quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda Iscariota di tradirlo" (anche qui, non poteva evitare a satana di mettersi di mezzo?), Gesù compie un gesto molto strano, consapevole che tutto quanto aveva ricevuto era dono di Dio e a lui doveva restituirlo. Così ci racconta l'evangelista Giovanni, testimone oculare di quanto stava avvenendo. Ci aspetteremmo quindi un momento importante e definitivo della sua rivelazione ai discepoli come Figlio di Dio: le cose più importanti arrivano sempre "dulcis in fundo".
Sarà, ma il modo scelto da Gesù per manifestarlo non è proprio dei più comprensibili. Tant'è che - così si presume dalla domanda posta loro da Gesù - nessuno dei suoi discepoli lo comprende. E nessuno fiata, mentre lui lo sta compiendo. L'unico che ha il coraggio di dire ciò che pensa è Simon Pietro, e a lui il Maestro si dirige inizialmente con un atteggiamento di compassione: "Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, lo capirai dopo". Poi però, siccome il suo capogruppo non solo non comprende, ma si oppone in maniera quasi violenta (e chi non l'avrebbe fatto, usando un minimo di buon senso?), allora Gesù è costretto a passare alle minacce: o come dico io, o fuori dal mio Regno! Pietro, da buon passionale, si spaventa e cede (addirittura eccede) alla volontà del Maestro.
Ma che cosa ha fatto Gesù di così incomprensibile da lasciare tutti ammutoliti o da suscitare la reazione violenta del principe degli apostoli? Ha fatto ciò che un Maestro non avrebbe mai dovuto fare con i suoi discepoli; men che meno, un Maestro che si è rivelato loro come il Messia, il Figlio di Dio: mettersi a lavare i piedi ai suoi discepoli come il più umile, il più basso, l'ultimo dei servi nei confronti del proprio padrone!
Questo è forse degno di un Dio? Niente affatto! La volontà di Dio, spiacente dirlo, è proprio incomprensibile, ai limiti della follia. La logica del Dio di Gesù Cristo è la logica della croce: e la croce, per il pio ebreo, è follia e scandalo. Ma proprio per un incomprensibile disegno della volontà di Dio - così dura da accettare anche per il suo stesso Figlio, questa notte, nel Getsemani - ciò che è motivo di scandalo, di follia, di incomprensione, di offesa all'immagine del Dio potente e immortale, quasi a rasentare la bestemmia (motivo per cui Gesù viene condannato); ciò che è motivo di scandalo diviene invece causa di salvezza.
Un catino e un grembiule in mano a Dio, da oggetto di disprezzo degno di uno schiavo, in Gesù Cristo diventano segno dell'amore di Dio che si fa servizio obbediente all'umanità: obbediente fino alla morte.
Una coppa di vino e un pezzo di pane, umili segni della quotidianità offerti dal pio ebreo a Dio in segno di gratitudine per i frutti della terra, nelle mani del Figlio di Dio vengono restituiti all'umanità come sacramento universale di salvezza, la cui memoria è tramandata lungo i secoli, "finché egli venga".
E tutto questo incomprensibile scambio di grazia avvenne in una sola notte, "nella notte in cui fu tradito"; in quella notte in cui Gesù avrebbe desiderato vivere un momento di fraternità e di gioia, come faceva ogni rabbino con i suoi discepoli, ed invece, sempre per lo stesso incomprensibile disegno della volontà di Dio, si vede abbandonato da tutti, anche da coloro che gli avevano giurato fedeltà assoluta.
È notte. È l'ora delle tenebre, e come tale anche questa notte deve fare il suo corso.
Ma l'incomprensibile volontà di Dio, che ora non possiamo capire, ma come Pietro capiremo solo più tardi, rimane guardinga, quasi in agguato, dietro le misere vicende umane.
E il mattino del primo giorno dopo il sabato uscirà finalmente allo scoperto, questa volta senza più misteri.