Omelia (06-04-2012)
Marco Pedron
Lui non è mai morto

Gv 18,1-27: L'ARRESTO DI GESU'
Cosa succede? Il potere religioso teneva ingabbiato il popolo in nome di Dio. Gesù tenta di mettere fine a questo sistema e il sistema mette fine a Gesù.
I capi religiosi quindi non hanno più dubbi e decidono: Gesù dev'essere catturato e eliminato. Il problema più grande non era che Gesù guariva, non era che Gesù facesse miracoli di sabato, non era, in fin dei conti, neppure che Gesù si facesse figlio di Dio. Il problema più grande era che Gesù rendeva le persone libere.
Ma cosa vuol dire rendere libere le persone? Vuol dire sottrarle al potere dell'autorità. Allora non obbedisci più e non sei più sottomesso all'autorità del sacerdote, dello scriba o del fariseo ma solamente se quello che dice parla al tuo cuore, parla di umanità, parla di autonomia, parla di Vita vera. Un uomo libero è sottomesso solo a Dio e al suo Destino.
Libertà è dire: "Io non sono tuo: tu non hai nessun potere su di me". Libertà è dire: "Tu non sei mio", "Io non ho nessun potere su di te". La cosa più pericolosa per l'autorità è la libertà: un uomo libero non è più in tuo controllo.
Un figlio libero ti può disobbedire, se ne può andare e può fare diversamente o al contrario di te. Un uomo libero ti può contrariare, ti può dire: "Io non lo faccio... io mi dissocio... io non ci credo". Un uomo libero non si lascia più giocare dai sensi di colpa e non si controlla più.
L'amore è rendere liberi, perché l'amore che non rende liberi rende schiavi.
Le persone più odiate in tutti i tempi, come Gesù, saranno quelle che vi porteranno la libertà. Sono le più pericolose, quelle che devono essere fermate a tutti i costi. Costi quel che costi. Fare del bene sarà considerato male per molti.
Il filosofo Diogene stava cenando con un piatto di lenticchie. Lo vide il filosofo Aristippo che viveva nell'agiatezza adulando il re. Aristippo gli disse: "Se tu imparassi ad essere ossequioso con il re non dovresti vivere di questa robaccia come le lenticchie". Gli rispose Diogene: "Se tu avessi imparato a vivere di lenticchie non dovresti adulare il re".

C'è un problema da risolvere in fretta: Gesù!
Gesù rende libere le persone dalle malattie, dai demoni, dai capi religiosi, dalla religione tradizionale e soprattutto apre gli occhi alla gente. Ciò è insopportabile: "Fermiamolo!".
Cosa fanno? Mandano un distaccamento della coorte (Gv 18,3.12) che era composta da seicento uomini e in più le guardie del tempio fornite dai sommi sacerdoti, che erano circa duecento (Gv 18,3). Anche se non c'erano tutti, occorreva tutta questa gente per arrestare un uomo solo? Il numero esorbitante (ottocento uomini) dice quanto fosse considerato pericoloso Gesù.
Il male ha un solo modo per risolvere le questioni: eliminiamolo (distruggiamo)!
Tutto funzionava bene in classe se non per il fatto che Paolo facesse "il disastro". Il problema fu risolto alla radice: Paolo fu mandato via da quella scuola.
Nel gruppo di amici di Carlo quando qualcuno creava "casini" veniva mandato via. Tutto poi tornava a funzionare bene. Dopo sei mesi in quel gruppo c'era rimasto solo Carlo.

Gesù che fa quando arrivano? Arriva questo esercito di persone. Vengono per arrestarlo ma in realtà è Gesù che si offre (Gv 18,8). Gesù dice: "Prendete me e lasciate questi" (Gv 18,8). Perché?
Gesù baratta la sua cattura con la libertà dei discepoli. Sa che sono venuti per arrestare lui e i suoi discepoli, e cerca di salvarli e di proteggerli. Lui si offre per tutti.
Dal punto di vista del potere è: "Lo abbiamo arrestato".
Dal punto di vista di Gesù è: "Offro in libertà la mia vita per mostrare chi è veramente il Padre".

Gv 18,12-27: GESU' VIENE PORTATO DAVANTI AL SOMMO SACERDOTE
Il sommo sacerdote era Caifa (Gv 18,13) che superando ogni record era rimasto in carica diciotto anni. Il suo vero nome però era Giuseppe. Caifa era il soprannome, che vuol dire: "Oppressore!". Un nome, un programma! Per rafforzare il suo potere aveva poi sposato la figlia di Anna.
Il trucco di Caifa per stare al potere era semplice: bastava comprare tutti. Perfino Pilato, il governatore, era nel libro paga di Caifa. Col denaro comprava Pilato; con trenta denari comprò Giuda (Mt 26,14-16); con il denaro comprarono le guardie che sorvegliavano il sepolcro di Gesù (Mt 28,11-16).
Anna, invece, era l'eminenza grigia che stava dietro a tutto questo. Lui era stato sommo sacerdote dal 6 al 15 d.C., ma poi riuscì a far eleggere sommo sacerdote cinque suoi figli. Anna e Caifa sono una casta, una lobby, hanno dei precisi interessi da difendere.
Caifa interroga Gesù, ma come può esserci comunicazione? Non lo interrogano per sapere ma per trovare motivi per cui condannarlo. Chi ha già deciso cosa sei non ti può ascoltare.
Un bambino urla di pianto. La madre di un altro entra in stanza e vede suo figlio con il fucile in mano mentre l'altro bambino urla di pianto e si tocca la testa. La madre prende suo figlio e lo schiaffeggia: "Non si fanno queste cose! Perché gli hai fatto male?". E gli tira un paio di sculacciate decise. Il bambino gli dice: "Ma non gli ho fatto niente (cosa vera!), è scivolato da solo!". "Beh, dice la mamma, se non è per questa volta sono per un'altra volta che te le meritavi (le sculacciate)". E se ne va via.
Una vecchia zitella che abita in riva al fiume chiama la polizia per avvertirla che, davanti a casa sua, alcuni ragazzi fanno il bagno nudi. L'ispettore manda sul posto uno dei suoi uomini, che ordina ai ragazzacci di andare a nuotare più in là, dove non ci sono case. Il giorno seguente la donna telefona di nuovo: i ragazzi si vedono ancora. Il poliziotto torna e li fa allontanare ancora di più. Dopo un po' l'ispettore è nuovamente chiamato dall'indignata signora, che si lamenta: "Dalla finestra della mia soffitta li posso vedere ancora col cannocchiale!". (E se col cannocchiale non li vedesse più, possiamo chiederci, cosa farà la signora? Andrà a fare passeggiate lungo il fiume?).
Gli orientali dicono: "Inutile insegnare a cantare ad un maiale; tu perdi tempo e lui si arrabbia".

Gv 18,28-19,11: GESU' DAVANTI A PILATO
Pilato per tre volte cerca di liberare Gesù.
1. Pilato ha davanti Gesù: lo guarda, lo ascolta, capisce subito che quello lì un pericolo di certo non è. Per cui Pilato decide di liberarlo (Gv 18,38): "Io non trovo in lui nessuna colpa".
I capi però se l'aspettavano: d'altronde con la scarsa simpatia che Pilato aveva con le pratiche giudaiche era ovvio che non li avrebbe accontentati. Hanno pronta la prima mossa: liberiamo Barabba (Gv 18,40).
Pilato li accontenta e dice tra sé: "Questo uomo non è colpevole; libero Barabba, faccio flagellare Gesù e tutto si risolve". E così fa.
Dobbiamo tener presente che durante la flagellazione, che era una vera scorticazione, spesso il condannato moriva. I soldati poi scaricavano tutta la loro frustrazione sul condannato.
Gesù flagellato è una maschera di sangue, umiliato, deriso, scarnificato: direi che è sufficiente.

2. E Pilato tenta di liberarlo una seconda volta: "Sappiate che non trovo in lui nessuna colpa" (Gv 19,5).
Allora i capi giocano la seconda carta: "Si è fatto Figlio di Dio" (Gv 19,7). Pilato, che era un uomo sensibile alle credulonerie, quando sente parlare di "Figlio di Dio" ha paura: "E se lo fosse davvero?". Per questo rientra e gli chiede: "Ma tu, di dove sei?" (Gv 19,8). Pilato ha paura della punizione divina (confermata dal sogno di sua moglie Claudia Procula Mt 27,19).
Basterebbe che Gesù dicesse: "Sì, io sono il Figlio di Dio" e Pilato lo rilascerebbe subito... per sicurezza. Ma Gesù non dice nulla, fa silenzio e questo fa indispettire Pilato.
Gesù viene condannato da Pilato come uomo (come re e non come Figlio di Dio; Gv 19,15). Nell'ultimo giorno saremo giudicati non sulle preghiere o sui riti religiosi ma sull'uomo: "Hai amato davvero? Hai avuto compassione? Hai lottato per l'umanità? Sei stato umano?".

3. E Pilato cerca ancora di liberarlo (Gv 19,12).
Allora i capi utilizzano la carta vincente, decisiva: la carriera di Pilato.
Pilato era "amico di Cesare". "Amico di Cesare" era un riconoscimento, un titolo onorifico che l'imperatore concedeva a pochi intimi. Pilato attraverso le sue conoscenze lo aveva ottenuto e sperava così, un giorno, di ritornare a Roma.
Cosa fanno i capi religiosi? Gli dicono: "Se liberi questo, non sei Amico di Cesare. Chiunque si fa re si mette contro Cesare" (Gv 19,12).
Pilato adesso è incastrato: sacrificare la carriera (=liberare Gesù) o sacrificare un innocente (=crocifissione)? Non ci sono dubbi: il suo interesse personale è ben più importante.

Gv. 19,12-42: GESU' VIENE CROCEFISSO
Fino alla fine non c'è pietà per quest'uomo. Gesù chiede un ultimo gesto di misericordia: "Ho sete" (Gv 19,28). Ma il loro cuore si è così indurito, così corazzato, la distanza che c'è fra loro e il loro cuore, l'umanità, la compassione, la tenerezza è abissale. Nessuna pietà per Gesù.
E cosa gli offrono? Aceto. Il Sal 69,22 dice: "Mi hanno messo veleno nel cibo e quando avevo sete mi hanno dato aceto". L'aceto è il simbolo dell'odio: non hanno pietà, si sono induriti del tutto.
Gesù paga per tutti. Gesù si beve l'odio che altri gli porgono. I sommi sacerdoti proiettano su Gesù il loro terrore di perdere la posizione. Pilato proietta su Gesù il suo terrore di perdere la carriera. Gli apostoli proiettano su Gesù le loro attese e lo abbandonano quando si accorgono che Lui non è così. La gente comune proietta su Gesù la loro impotenza di scacciare i Romani e ne fa un re.
Gesù muore perché quelli che stanno attorno gli proiettano addosso ciò che loro temono di vedere. Gesù beve tutto l'odio che non è suo.
"Non mi chiami mai. Un amico si fa sentire!". Non ho più davanti un amico (l'amicizia vive di libertà) ma mio padre, mia madre e gli chiedo di essere come loro. E poiché il mio amico non è mio padre, gli dirò che non si cura e che non si interessa di me, che non mi vuole bene.
Un bambino di 6 anni adorava sua madre. Tutte le sere si addormentava tra le sue braccia, mentre lei gli cantava una ninna-nanna. Un giorno ritornò dalla scuola prima del solito e trovò sua madre tra le braccia di un uomo che non era suo padre. Da allora tutto cambiò e non si sedette più sulle ginocchia della mamma. Oggi è un bell'uomo e incontra molte donne, ma le tratta tutte malissimo. Ogni donna per lui è una "donnaccia, poco di buono"; le usa e poi le lascia. Non ce l'ha con le donne ma con sua madre. E' ancora arrabbiato per ciò che è successo trent'anni fa e le donne "pagano" il suo odio non espresso.
Se chiedete agli ebrei vi diranno che "i cattivi" sono gli arabi. Se chiedete agli arabi vi diranno che "i cattivi" sono gli ebrei. Ognuno vede nell'altro ciò che non vuole vedere di sé.
Pensate al bullismo: si prende uno di mira e lo si prende in giro, lo si pesta e lo si calpesta. Tutto ciò che non va, che è cattivo, che è da combattere ce l'ha tutto lui (gruppo o persona che sia).
E' la proiezione del male che c'è in tutti noi su di uno solo.
Quando dico a qualcuno: "Sei come tuo padre; non sei quello che pensavo; non sei come il mio ex...", sto nient'altro che chiedendo ad uno di essere non ciò che è, ma un altro.
La proiezione uccide perché io chiedo, obbligo, impongo all'altro di essere ciò che non è. Se mi ascolta, muore la persona (la personalità). Se non mi ascolta, lo uccido (perché non è come me).
Un tale che ha mal di denti incontra un altro che sta urlando a squarciagola e gli chiede: "Che cos'hai?", e l'uomo: "Mi ha morso una vipera". "Ah, niente di grave allora, credevo che ti facesse male un dente!".
Una volta, un cucciolo di leopardo si perdette nella steppa e un elefante, per caso, lo calpestò. Poco dopo il cucciolo fu trovato morto e la notizia fu portata al padre di lui. "Il tuo piccolo è morto", dissero al padre leopardo, "lo abbiamo trovato nell'erba, giù nella valle". Il leopardo ruggì di dolore e di collera: "Chi l'ha ucciso? Ditemi chi l'ha ucciso, perché io mi possa vendicare". "E' stato l'elefante!". "L'elefante?". "Sì, l'elefante!". "No, non è stato l'elefante. Sono state le capre. Sono state certamente le capre". E il leopardo-padre, infiammato di sacrosanta collera, corse sul colle dove pascolavano le capre e sbranò tutto il gregge.
Gesù è proprio l'agnello di Dio, ucciso, perché altri hanno spostato e diretto verso di lui il loro odio.

Poi Gesù muore: in realtà Gesù non muore. Infatti il vangelo (tutti) non dice che Gesù morì, ma che "rese, consegnò lo Spirito" (Gv 19,30). Ed è dalla morte di Gesù che spirare vuol dire "morire": infatti non si trova quest'espressione da nessuna parte prima di allora.
Gesù non muore (nel senso profondo): gli uomini non sono riusciti ad ucciderlo. Gesù consegna lo spirito: il suo Spirito passa a tutti noi. La sua morte diventa un dono di vita per tutti noi. Lui vive in noi. Il suo Spirito vive in tutti quelli che lo accolgono, in tutti noi.
Gesù non è morto una volta sola, duemila anni fa. Gesù muore ogni volta che io non faccio vivere in me il suo Spirito. Lui vive in me: ma io poi decido se farlo nascere o se lasciarlo nel sepolcro del mio cuore.
Non solo i sommi sacerdoti o Pilato hanno ucciso Gesù (la cosa non ci infastidisce più di tanto perché tanto noi non c'eravamo), ma anch'io. Se Lui non vive in me, Lui muore in me.
Il venerdì Santo si conclude così: Gesù ti dà il Suo Spirito. E adesso che si fa?
Lui vive in te e tu vivi in Lui.
Lui non c'è più. Fisicamente no. Lui c'è: come presenza viva in te.
Ci sei tu e il Suo Spirito in te.
Se lo farai vivere sarà Pasqua.
Scegli.

L'inferno era pieno e mancava solo un posto. Solo uno. Il diavolo cercava per quell'ultimo posto uno di speciale, di particolare. C'erano a disposizione molti candidati: chi aveva ucciso, chi aveva fatto strage, chi aveva fatto nefandezze inenarrabili. Ma il diavolo voleva uno speciale. Dopo aver interrogato molti, incontra un uomo: "Tu hai rubato?". "Mai!". "Hai ucciso?". "Mai!". "Hai fatto qualche peccato particolare?". "No". "C'è stata tanta nefandezza al tuo tempo, possibile che tu non abbia fatto o visto niente?". "Sì, ho visto tutto, ma io non ho fatto niente!". "Cioè: tu hai visto tutto quello che accadeva... e non hai fatto niente?". "Proprio così!". "Entra, il posto è tuo!".
Un sant'uomo passeggiava per la città quando si imbatté in una bambina dagli abiti laceri che chiedeva l'elemosina. Si rivolse a Dio e gli disse: "Dio, come puoi permettere questo? Ti prego, fai qualcosa". Alla sera il telegiornale mostrò altre scene di morte, occhi moribondi e tanta sofferenza di bambini: "Signore, fai qualcosa". Durante la notte il Signore gli rispose: "Ho fatto te!".

Lui vive in noi... se vogliamo farlo risorgere.
Lui muore in noi... se vogliamo lasciarlo nel sepolcro.


Pensiero della settimana
E' questo che si richiede all'uomo, che giovi agli altri uomini;
se è possibile, a molti, se no a pochi;
se neanche questo può avvenire, giovi a chi gli è più vicino;
se non è possibile neanche questo, giovi a se stesso.
Perché, quando si rende utile agli altri,
svolge un servizio pubblico.
(Seneca).