Omelia (05-04-2012) |
don Maurizio Prandi |
Nell'umanità, la bellezza del divino Abbiamo ascoltato i vangeli dell'Ultima Cena nelle comunità e in quello di Luca ci ha colpito una cosa davvero bella, perché lì si parla dei desideri di Gesù: in quel momento il suo desiderio più grande era quello di "mangiare la Pasqua con i suoi discepoli"; un desiderio che possiamo riassumere in un verbo: stare, rimanere. Gesù vuole stare con i suoi discepoli, tutti, quelli di ieri e quelli di oggi (Com.tà di S. Egidio). Ho desiderato ardentemente mangiare questa Pasqua con voi... credo che, ciascuno di noi, nei momenti difficili della vita, desideri al suo fianco le persone che sente importanti per lui, che ama, per le quali ha lottato e vuole lottare fino all'ultimo. Davvero questo desiderio di Gesù si è avverato, e non solo per quella notte; in ogni Eucarestia che celebriamo Gesù sta con noi, in ogni gesto di amore e di servizio Gesù sta con noi. Lo ripetiamo oggi, una volta di più: nel brano di vangelo che abbiamo ascoltato Gesù ci dice che non c'è Messa se non c'è amore per i fratelli, se non c'è servizio gratuito e disinteressato, se non c'è dono. Non solo: non c'è Dio se non c'è amore, servizio, dono! Le parole della prima lettura credo rafforzino questa idea e ci invitano a fare del servizio non un qualcosa di occasionale, ma il senso della vita: questo giorno sarà per voi un memoriale, lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete come un rito perenne. Mi pare bellissimo l'accostamento che la liturgia fa tra la prima lettura e il brano di vangelo perché questo è quello che la Chiesa è stata chiamata a fare: perpetuare l'amore. Mi vengono in mente le parole del card. Martini sulla Chiesa: avevo dei sogni sulla Chiesa. Sognavo una Chiesa che fa il suo cammino in povertà e umiltà, sognavo una Chiesa che non dipendesse dai poteri di questo mondo. Sognavo che si estirpasse la radice della sfiducia. Sognavo una Chiesa che desse spazio alla gente che pensa in modo ampio. Sognavo una Chiesa che desse animo e incoraggiasse soprattutto quelli che si sentono piccoli e peccatori. Sognavo una Chiesa giovane. Chiesa giovane perché il servizio mantiene freschi, chiesa che comunque ha fiducia perché lava i piedi anche a chi tradisce o si approfitta di lei, chiesa di Gesù perché si fa serva povera e umile come il suo Maestro. Sempre, nelle nostre comunità di missione, il Giovedì Santo contempliamo i gesti che portano Gesù a lavare i piedi ai discepoli, gesti che una volta di più ce lo rendono presente in tutta la sua umanità; qualcuno ha osato (e mi è piaciuto tantissimo!) fare un parallelo tra il vangelo della seconda domenica di quaresima (la Trasfigurazione) e quello di oggi, quando, sparita la nube che circondava Gesù e i discepoli e sparita quindi quella atmosfera di sfolgorante gloria è rimasto Gesù solo, con i suoi discepoli, è rimasto un uomo incamminato verso la croce. In quel deporre le vesti da parte del Figlio di Dio abbiamo letto la memoria dell'Incarnazione (spogliò se stesso, assumendo la natura di servo), il deporre la luce divina per assumere la povertà dell'uomo. La sfida per noi è riconoscere, in quella povertà, la bellezza e la essenza della divinità. C'è poi un riprendere le vesti... e se è vera l'intuizione appena accennata, Gesù si riveste della luce divina per confermarci, da Dio, nel nostro compito di discepoli: fare quello che Lui ha fatto. |