Omelia (08-04-2012)
padre Gian Franco Scarpitta
La nostra vocazione alla vita

A distanza di tanti secoli da quando si è storicamente realizzato, si celebra tutt'oggi un evento straordinario che ha caratterizzato la trasformazione del mondo. Non si tratta della riabilitazione di un cadavere, cosa che in effetti non costituisce una novità in certi casi neppure in tempi odierni; neppure il fatto riguarda la scoperta di un sepolcro vuoto o la sparizione di una salma, ma l'avvenimento della risurrezione del Dio che era stato crocifisso. O meglio, la risurrezione di Colui che "pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce." (Fl 2, 1-6), del Dio fatto uomo che aveva accettato di affrontare senza riserve la morte ed esservi anche asservito.
Se Cristo non fosse risorto, oggi avremmo di lui un ricordo senz'altro grandemente commemorativo: gli useremmo grandi atti di esaltazione e di memoria celebrativa, ma essi non sarebbero differenti da quelli attribuiti ad altri uomini illustri come Platone o Dante Alighieri. Se Cristo non fosse risorto, probabilmente non avremmo attestazioni o documenti sulla vita e sui detti del Gesù storico, poiché è appunto dalla risurrezione che ha avuto inizio la narrazione, l'annuncio e l'interesse generale. Ma soprattutto, se Cristo non fosse risorto, "vana sarebbe la nostra predicazione, vana la vostra fede"(1Cor 15, 14).
Inutile e infruttuoso sarebbe stato il martirio di tanti discepoli esposti al fuoco e alle fiere nel suo nome, vano sarebbe stato il sacrificato impegno di virtù e di eroismo da parte di uomini illustri in santità e coerenza di vita cristiana e oggi vana e ridicola sarebbe la scelta vocazionale di tanti giovani al sacerdozio e alla vita consacrata.
Inane e assurdo sarebbe il ricorso ad ideologie e impostazioni di vita ispirate al cristianesimo e non avrebbero valore dottrine e culture di sapienza cristiana che di fatto costituiscono oggi il patrimonio del sapere universale. Se dovessimo scoprire che Cristo non è mai risorto, saremmo tutti quanti avvinti da una coltre densissima di vuoto e di smarrimento esistenziale che coinvolgerebbe tutti, credenti e non credenti. Il mondo, già troppo inquieto e rovinoso, precipiterebbe nel vuoto dell'abbandono e della disperazione. La risurrezione di un Dio che era stato crocifisso, infatti, anche se non sempre consapevolmente e per via diretta, mostra la sua prerogativa di positività storica anche su quanti affermano di misconoscere il Figlio di Dio.
Tutto questo appunto perché la persona in questione non è un soggetto fra i tanti, ma Dio stesso che si è incarnato, che ha percorso la nostra storia assumendo tutte le dimensioni dell'umano e vivendo da uomo fino in fondo, anche nell'affrontare il dolore e la morte. La mancata resurrezione sarebbe la nostra delusione. Dimostrerebbe che il Dio di Gesù Cristo sarebbe nient'altro che una chimera destinata a scomparire come tante altre e ci rivelerebbe un Dio in realtà davvero impotente e forse anche troppo pretestuoso.
Che Cristo sia risorto invece è un dato certo e storicamente attendibile.
E' vero che la tomba vuota non costituisce di per sé una prova della risurrezione (Maria di Magdala credette ad un occultamento di cadavere), ma nei particolari del sudario ben piegato, delle bende sparse sul pavimento, della pietra possente rovesciata nonostante la consistente presenza delle guardie essa fornisce tutti gli elementi per affermare che questa non è stata un mito o una fantasticheria, ma un fatto reale e storicamente attendibile. Anche la testimonianza degli apostoli, specialmente di Paolo che predica il Cristo associando all'annuncio la sua personale esperienza sulla via di Damasco, è qualificante per asserire questa verità. Così pure rassicurante è la costanza dei martiri, la divulgazione rapida e persistente di un annuncio che sotto altri aspetti non avrebbe avuto così grande rilievo. Che Cristo sia risorto è però un fatto rilevabile soprattutto come dato di fede che scaturisce (per l'appunto) dalla predicazione, dall'accettazione e dall'accoglienza e che chiama in causa soprattutto la libertà soggettiva. Sotto questa sola ottica, che è la più appropriata, possiamo scoprire nel Risorto il vero Dio onnipotente, la cui reale affermazione consiste nel trionfare sul dolore e sulla morte dopo aver fatto concreta esperienza dell'uno e dall'altra e di estendere questa sua vittoria a tutti noi. La morte avrà certamente alitato il suo velo oscuro di inquietudine e di angoscia anche su di lui. Gesù l'aveva anzi affrontata con sgomento, terrore e trepidazione ben consapevole della crudeltà e della truculenza con cui egli sarebbe dovuto morire. Anche per lui la morte era stata l'imprevisto e il motivo di sgomento. Tuttavia non ha esitato ad esporsi e a consegnarsi ad essa, a vincere ogni esitazione e a sottoporvisi per poi uscire da essa inerte, trionfante e glorioso.
Come testimonia successivamente Pietro, "non era possibile che essa lo tenesse in suoi potere", per cui è stato sciolto dai suoi angosciosi vincoli(At 2, 22 - 24). La risurrezione di Gesù è quindi il passaggio dalla morte alla vita del Dio vita eterna, la vittoria definitiva del Dio vivente che dona lo Spirito Santo e per ciò stesso si fa latore di vita eterna per tutti coloro che credono in lui e la sua vittoria sul sepolcro segna la sconfitta di quella che viene da sempre definita la comune nemica dell'uomo e che lo è con certezza quando venga associata al peccato.
Che Cristo sia risorto è un dato di incontrovertibile profondità perché non è finalizzato a restare un mero atto del passato che interessi solamente lo stesso Signore Gesù Cristo. Non è il solo avvenimento trascorso una volta per sempre di cui facciamo memoria ricorrente per esaltare un eroe. Esso è piuttosto un evento che imprime nella vita degli uomini, perché il Dio fautore della vita si fa latore di vita eterna per tutti gli uomini. Esso coinvolge e interessa tutti i singoli soggetti e l'umanità intera, sprona, guida e incoraggia le nostre azioni, sorregge e motiva i nostri desideri perché giungano a buon fine, sollecita i nostri buoni propositi. Nella risurrezione troviamo forza e coraggio nel Dio che è passato dalla morte alla vita e siamo insertiti nella vita piena mentre affrontiamo problemi, angosce e le contine avversità hanno il seme della vittoira.
Con la resurrezione anche noi siamo infatti destinati a vivere per sempre e la morte non ha più potere su di noi .. E soprattutto in essa scopriamo la nostra vocazione alla vita.