A porte chiuse
Contemplando ancora, in questa domenica che chiude l'ottava di Pasqua, la manifestazione del Signore Risorto, riconosciamo di avere tutti un debito di gratitudine nei confronti di Tommaso, il Gemello. È la parte incredula di ciascuno di noi, la parte che fa fatica a comprendere il senso di un Dio Crocifisso per amore, la parte che ha bisogno di fondare la fede su qualcosa di solido... Ci è istintivamente vicino, Tommaso, nel suo dubitare e nel suo ricredersi con un'immediatezza che commuove, appena il suo Signore, con quella tenerezza che vince ogni resistenza, gli si fa incontro e si lascia riconoscere.
Attraverso le sue contraddizioni, Tommaso ci conduce verso l'intuizione più vera del mistero di Gesù: il Risorto, vivo e presente nella storia, è lo stesso Signore Crocifisso. La risurrezione non supera la morte ma la assume. Gesù risorge perché muore così, accogliendo fino in fondo la logica dell'amore che arriva a perdersi perché sia possibile la vita. È la potenza di questo Amore che vince la morte, che non può essere limitato neppure dalla morte. Morendo così Gesù rende praticabile anche per noi la possibilità di vivere smettendo di difenderci, di illuderci che l'affermazione di noi stessi contro tutto e tutti ci liberi dalla paura di morire, di non esserci, di non contare... Gesù percorre un'altra strada, quella della Croce: si dona, si consegna, si lascia eliminare per non rinnegare la scelta di perdersi per amore, per non rispondere al male con il male, alla violenza con la violenza... È questa la salvezza: la possibilità di una vita liberata e quindi liberante, come quella di Gesù. Una possibilità non scontata, non facile, non automatica... occorre l'adesione della nostra libertà ad una prospettiva di vita così, un si che va detto ogni giorno e che ogni giorno chiede di incarnarsi nelle nostre scelte e nelle nostre relazioni.
È questa la forza della risurrezione. A Tommaso il merito di aiutarci in questa visione unitaria del Mistero di Gesù, Crocifisso e Risorto.
Questa fede che fa dire a Tommaso: "Mio Signore e mio Dio" è ciò che consente ai discepoli di ogni tempo di riconoscere la presenza del Signore in mezzo a loro. "Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!" (Gv 20, 26).
Gesù Crocifisso e Risorto si ferma in mezzo a noi. Ancora oggi non ha smesso di incontrare l'uomo e di farsi vicino là dove la vita sperimenta il dolore, la sofferenza o la paura. "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Gv 20,21). Il Risorto ci dona la sua pace e ci invia perché possa essere un dono per tutti.
L'abbiamo visto e gustato nella capacità di alcuni giovani di farsi vicini al dolore di chi aveva appena perso un proprio caro. Sono quelle situazioni in cui prevale il timore di non sapere cosa dire, di muoversi maldestramente o ancor più di utilizzare quelle frasi fatte, preconfezionate, ma molto lontane dal vissuto. Dopo le prove del coro in preparazione alle celebrazioni della Pasqua, i giovani propongono di andare a far visita alla famiglia di un loro amico, morto lo scorso anno e ora toccata da un altro lutto.
Nel clima di una semplicità e dignità disarmanti, ci si saluta dandosi la mano e ci si siede a cerchio, all'esterno, sotto una copertura di paglia. Un giovane invita a fare il segno della croce e ci si affida nella preghiera e nel canto al Padre. Le parole sono semplici e dicono della presenza di Gesù. Non c'è imbarazzo, c'è solo il desiderio di condividere la vita e la fede. Dei giovani ci hanno fatto incontrare Gesù "Risorto e vivo in mezzo a noi".
Ed è la stessa fede che rende possibile ai discepoli riconoscersi fratelli, capaci di sostenersi anche nelle difficoltà della vita quotidiana. Come i cristiani della prima ora che danno testimonianza della Risurrezione attraverso la scelta coraggiosa di condividere i loro beni: "Nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune" (At 4,32). Per cui: "Nessuno tra loro era bisognoso" (At 4,34).
Una scelta di solidarietà che da sempre interpella i credenti. Anche oggi, nel nostro mondo ricco ma provato dalla crisi economica e sollecitato dalla sfida della globalizzazione, che rende estremamente vicini anche "gli estremi confini della terra" e che rende tangibili tante nuove povertà...
Ma anche nel mondo meno ricco, come questo angolo di Africa. La comunità cristiana è davvero luogo di condivisione dei beni. Per tutta la quaresima, questi fratelli che sembrano avere così poco, hanno raccolto generosamente offerte per sostenere, lungo tutto il prossimo anno, le persone in difficoltà che abitano in quartiere. Ad ogni messa, l'offertorio allarga il cuore e fa riflettere: è una processione interminabile di gente che si avvicina al cestino delle offerte e mette il poco che ha, "l'obolo della vedova" di cui dispone. In ogni comunità di base, radicata in una parte del quartiere, i cristiani, ogni settimana, raccolgono qualcosa per sostenersi reciprocamente qualora si presentasse qualche emergenza o qualche difficoltà imprevista per qualcuno di loro. E si dimostrano capaci di ulteriori generosità. Come abbiamo visto fare nel caso di Fanta, giovane donna, madre di 6 bambini, poverissima e a cui è morto da poco il marito. I cristiani suoi vicini di casa non hanno esitato a renderle visita per pregare con lei ma anche per offrirle aiuto: con semplicità, hanno avviato una colletta spontanea (e supplementare) per donare qualcosa a Fanta e ai suoi figli.
Il commento è stato realizzato da Anna Maria Merla ed Emanuela Maistrello, missionarie fidei donum, della Diocesi di Milano, in Cameroun.
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