Omelia (28-12-2003)
mons. Antonio Riboldi
Famiglia, muro di sostegno della società

La Chiesa, con la sapienza che la distingue nell'accompagnare i passi della nostra vita, dopo il Natale di Gesù a Betlemme, giustamente celebra la festa della Sacra Famiglia: Gesù, Giuseppe e Maria. In quella che la sociologia chiama con leggerezza "età rurale", ossia quando la famiglia era il più grande valore, il luogo sicuro della dimora di Dio tra noi, e la sorgente di copiose vite, in quasi tutte le case, come benedizione da invocare ed aiuto da imitare, campeggiava il quadro della Sacra Famiglia. Ed era davvero bello essere famiglia.
Viene tanta nostalgia ogni volta la si ripensa, perché lì si è stati educati alla fede, alla bontà, alla accoglienza, al rispetto, a tutti quei valori insomma che sono non solo l'ornamento di ognuno di noi davanti a Dio ed agli Angeli, ma tacciavano il sentiero del futuro di ciascuno di noi. I genitori erano la nostra sicura guida. Avevano non solo tanto amore, ma il loro amore non si limitava ad una tenerezza sentimentale, facile se si ascolta il cuore, ma era quella autorità che assicurava unità e testimonianza.
Chiedevo ad una ragazza, molto bella e che può certamente crearsi un domani facile da "velina", ossia vivendo solo la vita superficialmente, come è in troppi, quale era la voce che seguiva nelle sue scelte: "Sono i consigli di mio papà; consigli che riflettono bene la sua meravigliosa condotta: una via da seguire perché so che davanti a me c'è chi mi guida, evitando che prenda tutte quelle scorciatoie da cui siamo circondati e che hanno il triste difetto di non avere guide sicure, semmai mercenari che svendono la tua voglia di onestà e felicità, con esperienze che presto o tardi sono ferite all'anima. Voglio vivere la mia vita bene e la mia famiglia è la mia guida".
Ma quanti oggi possono dire la stessa cosa?
Si ha come l'impressione che troppe famiglie siano fragili, al punto da rompersi per un nulla: incapaci i genitori di entrare in quella ascetica della carità, che è dono, sacrificio, ed amore e fedeltà, il tutto sostenuto dalla Grazia che viene data nel Sacramento del Matrimonio.
Se c'è un punto in cui la politica, e quindi la società, sta mostrando la sua incapacità di elevarsi e aiutare l'uomo nel difficile compito di interpretare bene la vita, è proprio il cedimento di fronte alla indissolubilità del matrimonio. Quando l'ONU celebrò, qualche anno fa', l'anno della famiglia ignorò completamente che questa nasceva dal matrimonio e si rifiutò di affermarlo, nonostante gli inviti della Chiesa e di altre religioni.
Si arrivò così a chiamare "famiglie" una unione senza sicurezza di fedeltà: Oramai alcuni scelgono di chiamarsi "coppie di fatto", pronte a sciogliersi se questo conviene. Sbriciolando l'indissolubilità del matrimonio, chi ne fa le spese sono i figli. E non c'è bisogno che descriva l'oceano di sofferenze che questo comporta. Senza contare che i figli non sanno più chi chiamare papà o mamma e quindi perdono la "bussola" del come comportarsi. Non c'è più il papà-guida, la mamma-tenerezza.
Davvero si sta sbriciolando il "sostegno" della società, che è la solidità della famiglia nata dal matrimonio. Dove finiremo?
Il Vangelo, tanto avaro di dettagli sulla vita di famiglia a Nazareth, oggi ci propone uno spiraglio di bellezza divina in casa. Possiamo immaginare quanto rispetto ed affetto vi era tra Giuseppe e Maria. Così come è facile immaginare quale grande responsabilità ci fosse in loro, chiamati a servire quel Bambino che era chiaro, venendo dal Cielo (un poco come tutti noi anche se diversamente), aveva una missione da compiere, tutta da svelare. "Chissà cosa vorrò il Signore da te", spesso si domandava mia mamma, e non solo lo chiedeva per me, ma per tutti i suoi figli. Confesso che è stata la mia guida, con papà, a cogliere i segni della mia vocazione, senza mai interferire sui disegni di Dio. E quando mi vide prima sacerdote e poi vescovo, le sembrava di toccare il cielo con un dito...anche se con tanta sofferenza e preoccupazione, mi aveva seguito prima nel Belice come parroco, poi qui come vescovo. Temeva, ma aveva fiducia e mai si mise di traverso sul mio cammino. Così come ricordo le lacrime di papà, un uomo tutto d'un pezzo, difficile al pianto, il giorno della mia ordinazione sacerdotale a Novara. Non ebbe il coraggio, per il gran pianto di felicità, di legarmi le mani dopo l'unzione. Così si usava una volta.
A dodici anni, racconta l'evangelista Luca, salirono al tempio di Gerusalemme, secondo l'usanza, con Gesù. Il dialogo con Dio, la fede, lo scrutare quotidiano nella Bibbia la volontà del Padre su Gesù, era la loro normale vita. Gesù in quella occasione subito mostra la sua via. Si ferma nel tempio. "Dopo tre giorni, lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo".
Ed egli rispose: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io debbo occuparmi delle cose del Padre?" Ma essi non compresero le sue parole.
"Partì dunque con loro e tornò a Nazareth e stava loro sottomesso.
Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia, davanti a Dio e agli uomini" (Lc. 2,41-52).
Uno spaccato di vita familiare che davvero dovrebbe essere il modello di comportamento per le mamme e i papà.
Ma nelle nostre famiglie vi è ancora il senso del sacro? Vi è ancora quel rispetto al piano di Dio, che è in ogni uomo, e quindi una attenzione da parte dei genitori perché questo "piano", attraverso la fede, la preghiera, una pedagogia fondata sulla Parola di Dio prenda corpo?
O si è vittime dei "pieni del mondo", che subito propongono ai figli, fin dalla loro tenera età, beni ben diversi e che beni non sono?
"Mi avete dato tutto, della vita, - scriveva un giovane ai genitori prima di togliersi la vita impiccandosi - ora non so che senso ha vivere". Piegò bene la sua biancheria e affidò la sua fine ad un cappio.
Davvero bisogna che tutte le famiglie tornino a rimettere in piedi quel muro di sostegno, per la loro felicità, per un avvenire dei figli, che è quello tracciato da Dio, per essere benedetti sempre e godere la gioia della casa.
Ascoltiamo il Siracide che oggi così descrive la vita in famiglia: "Il Signore vuole che il padre sia onorato dai figli, ha stabilito il diritto della madre sulla prole. Chi onora il padre espìa i peccati: chi onora la madre è come chi accumula tesori. Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli e sarà esaudito nel giorno della sua preghiera. Chi onora il padre vivrà a lungo: chi obbedisce al Signore dà consolazione alla madre.
Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua vita. Anche se perdesse il senno, compatiscilo, e non disprezzarlo, mentre sei nel pieno vigore.
Poiché la pietà verso il padre non sarà dimenticata, ti sarà computata a sconto dei peccati" (Sir. 3,3-7).
Non mi resta che augurare e pregare perché le famiglie, che mi leggono, difendano la gioia della casa...quella che ho vissuto io.