Omelia (28-12-2003)
Comunità Missionaria Villaregia (giovani)
Essere figli

Oggi il Vangelo ci presenta un Gesù già dodicenne e come i figli adolescenti comincia con il mettere in crisi la famiglia: approfitta di un po' di confusione al rientro a Nazareth e se ne rimane a Gerusalemme. Solo dopo un giorno di viaggio Maria e Giuseppe si accorgono che non c'è e si mettono a cercarlo, prima tra i parenti, poi tra i conoscenti e alla fine decidono di ritornare a Gerusalemme. Se è facile mettersi nei panni di Maria e Giuseppe, nella loro angoscia di genitori che smariscono un figlio (e che figlio!), un figlio che sapevano dover compiere una missione speciale, un figlio consegnatogli da Dio stesso, è un po' più difficile mettersi al posto di Gesù: perché questo strano comportamento?
Maria e Giuseppe cercano il loro figlio e per questo non lo trovano. Infatti quando lo ritrovano tra i dottori, nel tempio, Maria dice a Gesù: "Perché ci hai fatto questo?" Tuo Padre ed io angosciati ti cercavamo". Maria e Giuseppe tentano di ristabilire le relazioni: io sono tua madre, qui c'è tuo padre, tu sei nostro figlio. La risposta di Gesù è quanto mai sconcertante: "Perché mi cercavate? Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?" Anche Gesù ristabilisce la relazione giusta. Di chi sono figlio? Chi è mio Padre? E' sì figlio di Maria e Giuseppe, ma non solo, Egli sa di essere IL FIGLIO. Gesù dodicenne, non è l'adolescente in cristi con tutta una identità da scoprire, da definire, con l'interrogativo profondo: "Chi sono io?"; con tutta la ricerca di modelli a cui più o meno identificarsi. No. Gesù modello di ogni adolescente, dice chiara la sua identità: io sono IL Figlio, affermando così con forza che Dio è suo padre. Egli prende coscienza di essere figlio, facendo esperienza della paternità di Dio. Ogni uomo prende coscienza della propria identità mediante il rapporto che lo lega agli altri e al mondo. Questa coscienza di sè nasce nella relazione che egli ha stabilito con Dio Padre.
Un bambino dice a un uomo: papà! prima di dirsi suo figlio. Lo dice a quell'uomo dal quale dipende e che ama.
Dunque Gesù sa che Dio è suo Padre. Potremmo dire che il Padre è come "il luogo di Gesù", la casa dove abita. S. Cirillo di Alessandria dice: "Il Padre è, per così dire, il luogo naturale del Figlio."
Gesù nel Vangelo dice: "Devo stare nella casa del Padre mio." E per questo il luogo dove viene ritrovato è il Tempio, simbolo della casa del Padre (Gv 2,16). Egli, risponde alla chiamata del Padre e vuole stare almeno qualche giorno nella casa del Padre, occuparsi delle cose del Padre suo.
Ma la vera casa del Padre, di cui il tempio è simbolo, egli non la lascia mai. Ritorna a Nazareth crescendo in grazia e sapienza, crescendo, potremmo dire, nel seno del padre, che non lascia mai perché come dirà lungo tutta la sua vita: "Io sono nel Padre" (Gv 14,20 "rimango nel suo amore" (Gv 15,10). Possiamo dire che Gesù cresce e si sviluppa là dove egli stesso vive: nella relazione con il Padre. In questo inizio di Vangelo: Padre è la prima parola messa in bocca a Gesù, e sarà anche l'ultima Parola che S. Luca gli farà dire: "Padre nelle tue mani consegno il mio spirito". Tutta la vita di Gesù si svolge nell'orizzonte di questa Presenza, mostra questa relazione filiale: il Figlio esiste solo per mezzo del Padre.
E l'unica parola che il Padre dirà nei Vangeli è per affermare il Figlio: "Mio Figlio sei tu, oggi ti ho generato." Dio E', perché è Padre e Figlio in relazione d'amore e continua ad esserlo sulla terra, dove questo rapporto non sarà mai interrotto.
Il Vangelo termina dicendo: "Maria e Giuseppe non compresero." Forse anche noi continuiamo a non comprendere, ci basta capire questo: che anche il nostro respiro naturale è il Padre e che nessun uomo è orfano, tutti abbiamo un Padre: "Tutti voi siete figli di Dio per la fede." (Gal 3,26). Tutta la vita di Gesù sarà farci scoprire questa relazione con Dio Padre, rivelarci il suo Amore fino all'estremo e Gesù lo dirà poi con parole semplici ai suoi discepoli: "Quando pregate dite: "Padre nostro". Nell'incontro con Gesù-Figlio di Dio possiamo imparare, come è avvenuto per i discepoli a chiamare Dio: "Abbà". Un nome tenerissimo che sale dal cuore del Figlio, che esprime ogni sentimento del nostro cuore: angoscia e fiducia, ricerca e appartenenza, richiesta e gratitudine. E' il nome che Gesù vuole regalarci in questa festa della Sacra Famiglia.