Omelia (15-04-2012) |
Marco Pedron |
Ferite vitali I vangeli di queste domeniche si pongono una grande domanda: "Si può incontrare il Risorto?". E se sì, come? Dove? In che modo? A quali condizioni? Per capire questo vangelo dobbiamo considerare alcune cose. 1. Il vangelo racconta di due apparizioni: nella prima non c'è Tommaso, nella seconda sì. Tommaso è il legame di unione tra le due, ma ogni apparizione ha un significato diverso. Nella prima viene creata la nuova comunità cristiana con la stessa forza e lo stesso potere di Gesù. Nella seconda viene comunicata che la vera fede in futuro sarà quella di credere anche senza apparizioni. 2. In entrambe le apparizioni vi è una costante opposizione. Da una parte si cerca di dimostrare la realtà tangibile del risorto, che egli veramente si può toccare e vedere. Anzi che solo così si può credere. Dall'altra si dice: "Beati quelli che pur non avendo visto crederanno" (20,29). 3. Quando Gv scrive verso il 100 d.C., la chiesa ha già una struttura ben definita e configurata, e in questi racconti emerge la vitalità e la struttura che Gv vede davanti a sé. La prima apparizione dice: "L'eucarestia dovrebbe essere questo". 1. Si dice: "E' il giorno dopo il sabato" 20,19. Perché dice così e non dice più semplicemente: "E' domenica!"? Gv non lo dice perché ciò che succede la domenica è nient'altro che quello di cui si parla qui. Gv mostra come ciò che si vive la domenica è nient'altro che l'esperienza del Risorto. 2. Poi si dice: "Erano chiuse le porte dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei" (20,19). Ma non è strano? Infatti è lo stesso giorno in cui discepoli sono andati al sepolcro (20,1-10) e hanno visto la tomba vuota; è lo stesso giorno in cui la Maddalena lo ha già visto chiaramente (20,11-18). Allora: non è un giorno fisico (sarebbero successe davvero tante cose in quella giornata) ma è il giorno del Risorto, è ciò che succede di domenica (domenica da dominus=signore), nel giorno del Signore. Non a caso quell'espressione: "Pace a voi" (20,19.21.26) era l'espressione tipica con cui il celebrante iniziava l'eucarestia, la messa. Qui si vuol dire cosa succede in ogni eucarestia. L'eucarestia è forza e perdono. Qui si descrive sì la paura iniziale dei primi momenti dopo la morte di Gesù i discepoli temettero che quanto era successo a Gesù potesse accadere anche a loro ma soprattutto la potenza di Dio (dell'eucarestia) nella nostra vita. "Chiuse le porte" 20,19 (kleio=sprangare con una sbarra): non ci succede mai di aver chiuso tutto? Non ci succede mai di dire: "Mai più!". Mai più ci proverò... mai più amerò... mai più mi lascerò andare... Una donna, durante l'infanzia, non è mai stata ascoltata dai suoi genitori. Quando voleva parlare, loro le dicevano sempre: "Dopo; non c'è tempo; ci sono cose più importanti, ecc.". Lei si è totalmente chiusa. Poi incontra un uomo, s'innamora, ma risuccede la stessa cosa: lui non l'ascolta. C'è solo lui. E così dice: "C'ho provato una volta e sono stata malissimo; ci ho riprovato ed è andata peggio, adesso mai più!". Un uomo viene a parlare e si apre. Era la prima volta nella sua vita e ovviamente è stato come aprire il vaso di Pandora: è uscito di tutto. Così ha detto: "Mai più! Mai più mi guarderò dentro". E poi c'è il timore dei Giudei (20,19). I Giudei rappresentano il futuro: è quello che potrebbe succedere. Non ci succede mai di essere spaventati, forse terrorizzati dal futuro? "Oddio e se mi sposo e poi non funziona? E se poi non ci amiamo più? E se poi la cosa non va? E se poi non riesco a gestire la cosa? E se poi... E se capiterà... e se succederà...". A ben guardare può capitare di tutto, ma visto che non è successo, a che serve preoccuparsi? E' successo? No! E allora vivi sereno! Perché a volte ci preoccupiamo per ciò che non esiste. Sembra una chiusura totale. La cosa sembra impossibile. Eppure Lui viene. E quando Lui viene è la gioia (20,20): "I discepoli gioirono al vedere il Signore". Ma la gioia da che cosa è causata? Perché sono nella gioia? Due cose. La prima: la Forza per superare ogni debolezza, incapacità o impossibilità. Si viene in chiesa con la propria paura o la propria chiusura. Ma qui si incontra il Risorto: Lui è Forza. E cosa succede? Ve lo racconto con l'esperimento del metronomo. L'esperimento: hanno messo due metronomi uno vicino all'altro uno a 192 e uno a 180 battiti. Sopra una tavola ordinaria non battevano la stessa velocità. Hanno messo, poi, un'asse di legno sopra due barattoli di birra (e quindi in situazione di leggera oscillazione) e i due metronomi sopra. Quello che batteva a 180 si è sintonizzato sulla vibrazione più forte. La vibrazione più forte trascina le altre e porta con sé anche quelle più deboli. Hanno fatto lo stesso esperimento anche con 5 metronomi di diverse vibrazioni (192-188-184-180-176) e si sono tutti sintonizzati sulla vibrazione più forte! La vibrazione più forte trascina le altre. Che vuol dire: se la tua paura supera la tua fiducia, la paura trascina con sé la fiducia. Se tu hai fiducia nell'altro e l'altro no, la tua vibrazione trascina la sua. Se il terapeuta o la guida ha una vibrazione forte (potremo dire personalità), trascina il paziente altrimenti ne è trascinato. Per noi: tu hai la tua paura o la tua chiusura che vibra forte e non riesci ad uscirne. Ma Lui ha una vibrazione infinitamente più forte, perché Lui è la Forza, la Vita, la Luce, l'energia. La sua vibrazione trascina la tua. Per questo molte persone in certe chiese e in certe liturgie trovano voglia di vivere e di ripartire; voglia di aprirsi e di cambiare; voglia di essere migliori o di cambiare. Nell'eucarestia le persone trovano l'energia (vibrazione) per affrontare ciò che sembra impossibile. E' per questa forza (la presenza del Risorto dentro di loro) che gli apostoli andarono in tutto il mondo. E' con questa forza che gli apostoli non ebbero paura di nulla e nulla li fermò. La seconda cosa: il perdono. Lascia andare. Gesù aveva perdonato tutti in tutta la sua vita: peccatori, prostitute, gentaglia e gente di malaffare. Il potere passa adesso da Gesù ad ogni uomo (20,23): "Hai il potere di perdonarti ogni cosa, come feci io (Gesù)". Tutti questi personaggi non sono solo fuori ma anche dentro di noi. E che si fa? Bisogna perdonarsi. Lasciarsi perdonare, perdonarsi e perdonare: sono le tre tappe del perdono e vanno in quest'ordine. Prima si impara a suonare la chitarra (lasciarsi perdonare); poi ci si esercita con la chitarra (perdonarsi); poi si insegna a suonare la chitarra (perdonare gli altri). Non si può fare ciò che non si sa; non si può fare con gli altri ciò che non si può fare con sé. Un padre non si è mai accorto di aver fatto soffrire i suoi figli che adesso, come conseguenza, sono con i loro compagni (mariti e mogli) dei mendicanti d'amore. Che si fa? Lasciati perdonare e perdonati! Una madre diceva sempre a sua figlia: "Gli uomini pensano sempre a quello... tuo padre è così... tuo padre è colà" e a forza di inculcargli un'immagine negativa, sua figlia adesso non riesce a trovarsi nessun uomo. Che si fa quando ti accorgi di aver fatto questo? Chiedi scusa e poi ti perdoni. Una donna era così gelosa di suo marito il quale davvero l'amava così possessiva, che ha fatto sì che un giorno lui, estenuato, se n'è andato. Oggi dice: "Ma come ho fatto ad essere così?". Ciò che è stato è stato, il passato non si può cambiare. Ma si può sempre imparare! Lasciati perdonare e perdonati. Una ragazza è rimasta incinta da un uomo che non amava. Che si fa? Ci si perdona. Un uomo ha investito un vecchietto perché era sbadato. Che si fa? Ci si perdona. Afiemi, perdonare (20,23) vuol dire lasciar andare, liberare. Hai vissuto qualcosa (es: hai fatto un errore), provi un'emozione (es: dolore e vergogna), ma ti rimane dentro, perché non te la perdoni, perché non accetti ciò che hai vissuto. Perdonare è: riconosco ciò che è stato (ho fatto un errore); libero l'emozione (esprimo con tutta l'intensità) in modo che se ne vada (la lascio andare: perdono). Ogni volta che vengo a messa vengo per permettere questo processo: la prostituta sono io; il peccatore sono io; il malavitoso sono io; il fariseo sono io. E vengo qui davanti a Gesù per ricevere il suo perdono. Per questo l'eucarestia ci fa vivere, ci fa felici e ci fa liberi. Perché è portare amore (perdono) dove non c'è. Cosa succede quando io non mi perdono? Mi continuo a dire: "Non dovevi farlo!; guarda cos'hai fatto!; vergognati!; imbecille!; ma ti rendi conto!...". Inoltre non solo ho sbagliato, ma io stesso mi sento sbagliato. Non distinguo cioè tra azione e persona, tra ciò che ho fatto e ciò che sono. Ho sbagliato, ma non sono sbagliato. Il perdono è portare amore in sé. Il perdono è accettazione: "Adesso basta! Le cose sono andate così. Se hai sbagliato, hai sbagliato; impara, ma basta". Invece noi continuiamo a dirci giorno e notte: "Non dovevi farlo; guarda cos'hai fatto; ecc.". Bernard Grad, un biologo canadese, ha fatto questo esperimento: metteva dell'acqua dentro ad un becher (una caraffa trasparente) e dei guaritori pregavano su quell'acqua. I semi innaffiati con quell'acqua crescevano più rapidamente di quelli innaffiati con acqua semplice. Poi ha dato da tener in mano un becher d'acqua a pazienti gravemente depressi. I semi innaffiati con quell'acqua non nacquero mai. Cosa vuol dire? Che rapportarsi con amore (perdono) a noi stessi, produce vita. Nella seconda apparizione, invece il centro è Tommaso. Tommaso, Didimo in greco, vuol dire "gemello": è un nome comune, non di persona. Chi si nasconde dietro questo nome? Non sappiamo. Tommaso non c'era durante la prima apparizione (20,24) e non crede a ciò che è successo (20,25). Otto giorni dopo, quindi di nuovo di domenica (e noi sappiamo che non è a caso), il Signore riappare. Cos'è l'eucarestia? L'incontro con le proprie ferite. Tommaso deve "toccare" le ferite di Gesù (mani, piedi e costato). E dopo averle toccate potrà dire: "Mio Signore e mio Dio" (20,28), che è la più alta proclamazione di Gesù nel vangelo di Giovanni. Questo vuol dire due cose. 1. L'esperienza del Risorto è personale. Gli altri avevano già visto le ferite e il Signore. Ma non è sufficiente per Tommaso. In realtà non è sufficiente per nessun uomo. Dio è un'esperienza: per questo bisogna "toccarlo", vederlo, incontrarlo. Altrimenti sai delle cosucce, delle idee, dei pensieri, ma non hai neppure idea di cosa sia lui. Sapere tutto sul vino è bello, ma bere un buon bicchiere di vino è un'altra cosa. Aver letto tanto sull'amore è conoscenza, ma essere amati, innamorati, è un'altra cosa. Conoscere i libri di pedagogia è buono, ma essere madri o padri è un'altra cosa. Con la parola "calore" nessuno si è mai scaldato e con la parola "vino" nessuno si è mai ubriacato! Il menù non è il cibo: l'eucarestia è cibo (pane e vino), non un menù (descrizione del cibo). E' l'esperienza che produce la vera conoscenza, perché è la conoscenza del cuore. Esperienza (ex-perior) vuol dire proprio provare, sentire, toccare, sperimentare. Esperienza (ex-per-ire=andare in latino) è la strada per andare verso quella cosa. Non ce ne sono altre. Le nostre liturgie non ci devono parlare di Dio, ce lo devono far sentire, toccare, sperimentare. E noi dobbiamo aver coraggio di lasciarci coinvolgere, "toccare", perché se non ci si coinvolge non succede niente. Allora: i canti, la partecipazione, i gesti, le letture, tutto è un segno efficace se mette in contatto con Dio. Perché se ciò che si fa è liturgico (secondo le norme cioè della liturgia) ma non ci fa sentire, toccare Dio, non ce lo porta nel nostro cuore e nella nostra vita, è assolutamente inutile. Nel 1917 mentre scoppiava la rivoluzione russa, la Chiesa Ortodossa Russa era riunita in concilio e vi era un'appassionata discussione sul colore della cotta da indossare durante le funzioni liturgiche. Alcuni insistevano con veemenza che doveva essere bianca, altri purpurea. Nerone strimpellava finché Roma era in fiamme. Se la liturgia è evasione dalla realtà e dalla vita, non è incontro con il Dio della Vita (20,31). Per questo le liturgie ci devono emozionare, far ridere e far piangere, far incontrare i nostri fantasmi e i nostri mostri, le nostre risorse e le nostre potenzialità, la nostra anima e l'Infinito che ci abita dentro. 2. Le tue ferite ti portano a Dio e Dio ti porta alle tue ferite. L'eucarestia è mettere il dito sulle proprie ferite. Leonard Laskow è un ostetrico, ginecologo e chirurgo di successo e la sua notorietà in ascesa. Nel 1971, un giorno, sente un dolore al braccio. Fa la diagnosi e lui, chirurgo, capisce subito: cancro osseo. Sa quindi perfettamente il protocollo: l'amputazione. Il mondo gli crolla addosso: non avrebbe mai più potuto essere chirurgo. Un dolore enorme. Una notte fa un sogno e una voce gli dice: "Il tuo lavoro è quello di guarire attraverso l'amore". Si risveglia sgomento e non vuole accettare tutto questo (malattia e voce). Ma poi l'accetta, cambia vita e diventa guaritore. E guarisce! E' stato facile per Leonard accettare questa ferita (cambiare vita)? No. Ma è stato vitale. E' stato l'incontro che ha cambiato e salvato la sua vita. Ognuno ha le sue ferite. Il rifiuto. Il rifiuto è: "Non ti voglio". Una ragazza è nata sana, ma i suoi genitori si aspettavano un bambino. Tutta la vita è sempre stata di serie B rispetto ai suoi fratelli maschi. E' per questo che è un "maschiaccio", poco femminile. Un ragazzo adottato (che quindi ha già vissuto un primo tremendo rifiuto) è stato rinnegato dalla famiglia adottiva che lo ha rispedito al mittente. Oggi lui è inavvicinabile: se nessuno si avvicina, nessuno lo abbandona (pensa lui). Eucarestia è: riconosco e accetto il dolore di essere stato rifiutato. In ogni caso Lui non mi rifiuta mai. Guarigione è: anche se sono stato rifiutato, io non sono un rifiuto. E per quelli che mi hanno detto di "no", altri mi possono dire di sì. L'abbandono. L'abbandono è: "Ti lascio lì". Un uomo da piccolo aveva i genitori assorbiti dal loro lavoro in ristorante. Non c'erano mai per lui. Oggi il suo terrore è quello di rimanere da solo (come allora) e così si attacca a sua moglie (ne è gelosissimo). Una donna è sempre triste. All'età di tre anni, siccome si pensava che avesse la tisi, è stata portata per un anno in un sanatorio a curarsi. Un anno lontano dai suoi genitori è tremendo per un bambino. Quella tristezza non le è più andata via. Eucarestia è: riconosco e accetto di essere stato abbandonato. In ogni caso Lui c'è sempre e non mi lascia. Guarigione è: anche se ieri sono stato abbandonato, oggi posso stare con gli altri senza il terrore della solitudine. L'umiliazione. L'umiliazione è: "Non mi piaci; vergognati; fai schifo; mi disgusti". Una donna accetta le percosse del marito. Quand'era piccola suo padre urlava e la derideva. Lei non poteva far altro che accettare tutta questa umiliazione. Oggi fa lo stesso. Un uomo è stato umiliato davanti a tutti dal suo capo dopo un errore fatto: "Ma non capisci proprio un...!". Eucarestia è: riconosco e accetto di essere stato umiliato. In ogni caso Lui è fiero e orgoglioso di me. Guarigione è: ieri sono stato umiliato ma oggi difendo e lotto per la mia dignità. Il tradimento. Il tradimento è: "Ti amo se...". E' un amore a condizione. Un uomo da piccolo era stimato solo e soltanto se aiutava la mamma, se la consolava quando lei piangeva e se stava con lei così che non si sentisse sola. Quando faceva questo lei gli diceva: "Sei l'uomo della mia vita". Ma quando non lo faceva allora lo rinnegava: "Non vuoi proprio bene a tua madre, tu!". E' un tradimento: "Ti amo solo se stai con me". Una bambina era l'orgoglio del papà. Ma crescendo la ragazza si trovò il primo fidanzatino: il padre non le parlò più e non fecero mai più nulla insieme. E' un tradimento: "Ti amo solo se non ti trovi nessuno". Eucarestia è: riconosco e accetto di essere stato tradito. In ogni caso Lui mi ama senza condizioni. Guarigione è: ieri sono stato tradito ma oggi non lo sarò. Mi vorrò bene in ogni caso, che riesca o no, che sia bravo o no, che sia "qualcuno" o no. E sarò fedele a me, a ciò che sono e che ho dentro. Perché la più grande fedeltà è a noi stessi. L'ingiustizia. L'ingiustizia è: "Non basta!; di più!". L'ingiustizia è quando a scuola ci mettiamo tutto l'impegno e ci viene detto: "Potevi prendere di più! Tuo cugino ha preso un voto più alto! Perché hai preso solo questo?". L'ingiustizia è quando non vengono riconosciuti i nostri sforzi e il nostro lavoro: "Potevi far meglio! Sei sempre via! Non ci sei mai! Potresti fare di più!". Un uomo ha vinto un concorso all'università, ma "per conoscenze" è stata assunta, al suo posto, la moglie di un docente universitario. Eucarestia è: riconosco e accetto di aver subito ingiustizia. In ogni caso Lui vede e sa. Guarigione è: ieri sono stato trattato ingiustamente, ma oggi io sarò buono con me e mi riconoscerò tutto ciò che faccio, i miei passi, i miei desideri, i miei bisogni e i miei sogni. E se non raggiungerò il massimo, andrà bene lo stesso. Chi non ha ferite? Come si può pensare di vivere senza essere feriti? Allora: non cerco di proteggermi da tutte le ferite (vorrebbe dire non vivere!), perché so che quando sono ferito c'è Lui che viene a curarmi. La Comunione della domenica è un balsamo, una crema, un unguento, un medicamento per le mie ferite. Anche le mie mani sono ferite, anche i miei piedi e anche il mio cuore. Ma nelle mie ferite Lui viene. E Lui porta accoglienza, protezione, accettazione, fiducia, amore. Allora venire a messa non è più un dovere, un atto da fare, ma un bisogno per riconciliarmi con me, con gli altri e con la Vita. Per questo venire a messa è un bisogno del cuore e dell'anima. C'erano due cisterne a distanza di qualche decina di metri. Si guardavano e, qualche volta, facevano un po' di conversazione. Erano molto diverse. La prima cisterna era perfetta, a tenuta stagna. Non una goccia della preziosa acqua era mai stata persa per causa sua. La seconda invece presentava fenditure, come delle ferite, dalla quali sfuggivano rivoletti d'acqua. La prima, fiera e superba della sua perfezione, si stagliava nettamente. Solo qualche raro insetto le si avvicinava. L'altra, invece, era coperta di arbusti fioriti, convolvoli e more, che si dissetavano con l'acqua che usciva dalle sue screpolature. Piccoli animaletti venivano a bere e gli uccelli facevano il nido sui bordi. Non era per niente perfetta, anzi piena di ferite, ma si sentiva tanto felice e viva! La teologia dice che la Chiesa è nata dal costato di Cristo (acqua e sangue, Battesimo ed Eucarestia). Cioè: da una ferita è nato un grande dono. Ogni ferita (rimarginata) porta in sé un grande dono. Pensiero della settimana Non è perché le cose sono difficili che non osiamo farle, ma è perché non osiamo farle che sono difficili. |